Quasi tutti abbiamo sentito dire che gli allevamenti di bovini sono un serio problema ambientale, e quasi tutti cerchiamo di prendere la cosa seriamente finché non si parla di consumare meno carne e meno latticini. La soluzione potrebbero essere vacche geneticamente modificate, in grado di produrre più latte.
Una soluzione semplice a un problema complesso, in genere, è una soluzione sbagliata, ma stavolta sembra un’idea del tutto sensata. Se la vacca produce 20 volte più latte, te ne basterà una dove oggi te ne servono venti. Di conseguenza, meno occupazione di suolo, meno deforestazione, meno produzione di gas metano dagli intestini di questi animali, meno emissioni dovute alla gestione degli escrementi, meno consumo di acqua.
In ultima analisi, meno CO2 emessa per il tuo adorato cappuccino.
Sarebbe una manna anche per gli allevatori, perché dovrebbero mantenere meno vacche per produrre la stessa quantità di latte.
L’idea è venuta a un team di ricercatori dell'Università dell'Illinois Urbana-Champaign, le cui vacche appunto producono fino a 20 volte più latte; e sono anche più resistenti a malattie e parassiti. Vale la pena sottolineare che il risultato è stato ottenuto soprattutto tramite incroci selezionati, senza andare a manipolare il codice genetico con tecniche CRISPR o simili.
Il prossimo passaggio è impiantare un centinaio di embrioni in due località della Tanzania. “I vitelli risultanti saranno inseminati attraverso generazioni successive per creare bovini sintetici puri con cinque ottavi di genetica Holstein o Jersey e tre ottavi di genetica Gyr (sono diverse razze di bovini, NdR). A differenza dei Girolando, i sintetici puri Jersey-Gyr non hanno ancora un nome ufficiale”, si legge in un articolo pubblicato dall'Università dell'Illinois
"L'idea è di mantenere la resistenza alle malattie e ai parassiti insieme alla produzione di latte, in modo da non separare questi tratti durante l'allevamento", ha dichiarato il responsabile del progetto Matt Wheeler, professore presso il Dipartimento di Scienze Animali del College of Agricultural, Consumer and Environmental Sciences (ACES) dell'Illinois.
"Questa sarà la sfida nei Paesi in via di sviluppo; finché non si arriva alla generazione sintetica pura, ci sarà sempre la tentazione di allevare il toro più avanti, perdendo l'effetto".
Guardando allo scenario generale, l’idea è di creare animali che possano resistere meglio ai cambiamenti climatici, e a medio termine intervenire anche negli allevamenti europei e statunitensi, dove tecniche moderne permettono già di ottenere rese molto alta - ma c’è senz’altro margine di miglioramento.
"Questi bovini funzionerebbero molto bene in Messico, Texas, New Mexico e California. Forse è ora di iniziare a pensarci", ha detto Wheeler. "La gente di solito non pensa così lontano, ma la mia previsione è che la gente si guarderà indietro e si renderà conto che avere la genetica tropicale prima sarebbe stata una buona cosa".