Shin Megami Tensei V | Recensione
Shin Megami Tensei V ci ha fatto attendere anni, ma è finalmente giunto: è tempo di ascendere, la divinità vi attende!
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a cura di Pietro Spina
Shin Megami Tensei V arriva su Nintendo Switch con grandi aspettative da parte della sua solida fan base, che nel corso degli anni ha esplorato ogni interpretazione del franchise attraverso le più disparate piattaforme, imparando a evocare demoni e a giocare con la creazione del mondo su home console, portatili e dispositivi mobile. Una fan base fedele quella della serie Shin Megami Tensei, capace di tenere botta nonostante l’estrema dilatazione tra le release degli episodi principali e il crescente successo della serie Persona, lo spin-off nato da una costola dei primi episodi e oggi inarrestabile gigante macinasoldi per ATLUS.
Elitismi a parte, l’affermazione globale di un prodotto decisamente più mainstream quale è Persona 5 ha introdotto al brand originale una quantità di nuovi giocatori estremamente superiore a quanto abbia mai fatto qualsiasi titolo main, fornendo ad ATLUS un assist prezioso per provare a rimettere sotto i riflettori una serie da sempre criticamente molto apprezzata ma quasi mai capace di segnare il passo nelle classifiche di vendita mondiali. Dopo la recente e gradita riedizione di Shin Megami Tensei III: Nocturne, accompagnata dall’annuncio della release contemporanea mondiale per il quinto capitolo, tutto è pronto per mettere in scena un ritorno in grande stile.
Chi conosce la serie non ha bisogno di riassunti, avendo loro vissuto in prima persona tutte le sfaccettature di un mondo che è nato come reinterpretazione di una novel di “fantascienza occulta” per poi prendere una forma definita quale JRPG, concedendosi il lusso di sperimentare il genere action, tattico, dungeon crawler, monster collector e chi più ne ha ne metta.
Per tutti gli altri basti sapere che Shin Megami Tensei V è il quinto capitolo numerato (se consideriamo tutto il franchise non ne usciamo più) di una serie di giochi di ruolo giapponesi costruita su un mondo sull’orlo della distruzione - e della sua rinascita - in cui divinità e demoni si contendono il potere di riscrivere l’esistenza provando a influenzare le azioni del nostro avatar, colui che possiede il potenziale per essere fautore di qualsivoglia nuovo destino attraverso il controllo di creature soprannaturali.
Cruda e a tratti opprimente, la narrazione si è sempre distanziata dalla fabula più tradizionale di titoli come Final Fantasy o Dragon Quest, affrontando in prima persona i dilemmi esistenziali dell’uomo guidato dal peso della responsabilità di chi sceglie un cammino di sacrifici (e sacrificabili) per compiere una scelta a nome dell’umanità intera.
La creazione di un nuovo mondo
Al netto di quanto scritto in precedenza, Shin Megami Tensei V si approccia al pubblico con un volto nuovo, più accessibile, centralizzando la propria comunicazione sull’affascinante figura del Nahobino - uno sfolgorante picco di estetica ad opera del leggendario Masayuki Doi - e affidandosi a sprazzi di quotidianità in qualche modo rassicuranti come l’ambiente scolastico o la leggerezza caratteriale di alcuni dei personaggi secondari. L’obiettivo è non alienare il potenziale nuovo bacino di utenza offerto dai 90 milioni di possessori di Nintendo Switch. Quantomeno inizialmente.
La Tokyo in rovina in cui veniamo catapultati, declassata ad Aldilà in conseguenza dell’esito della devastante battaglia tra angeli e demoni, in questa occasione profuma più di monito che di condanna: mentre il protagonista abbandona le spoglie mortali, fondendosi con il misterioso Aogami per ascendere a Nahobino, percepiamo istantaneamente l’importanza di questa creatura in grado di decidere il futuro del mondo in quanto detentrice della conoscenza. Tra la power fantasy e la condanna, questo nuovo status di prescelto guiderà ogni momento dell’avventura nel bene o nel male, influenzando legami e conflitti.
Se a livello narrativo l’incipit non diverge drammaticamente dagli stilemi della serie, rievocando quanto visto con il Demi-fiend del terzo capitolo, a saltare all’occhio dal lato ludico è la svolta open map dell’esperienza, che abbandona quasi in toto la classica progressione a dungeon affidandosi invece all’uso sapiente di ogni anfratto del Da’at, l’aldilà in cui si svolgono la maggior parte degli eventi di gioco. Il giocatore è guidato tra tutorial, cutscene e missioni secondarie seguendo una linea di progressione piuttosto naturale ed esaustiva, che va ad estendere la nostra percezione della grandezza del mondo di gioco oltre le sue effettive dimensioni.
Un po’ come avviene negli open world moderni, il completamento della mappa va esercitato in prima persona, passando per i waypoint delle missioni principali per concedersi di esplorare con curiosità vie secondarie e cunicoli quando ci si sente abbastanza sicuri per farlo. Questo perché Shin Megami Tensei V mantiene fede alla fama dei suoi predecessori e richiede di valutare con attenzione ogni mossa, pena la fine prematura dell’avventura.
Fortunatamente non sono presenti incontri casuali ed ogni nemico è chiaramente visibile sullo schermo, permettendo l’esplorazione ai coraggiosi che vorranno mettere alla prova la propria abilità nello schivare potenziali battaglie anche in spazi stretti. Il rischio? I mostri aggrano e puntano il protagonista con decisione se questo è di livello inferiore a lui o se caratterizzati da una naturale e cieca aggressività, consentendo di guardarsi attorno senza timori alla ricerca di segreti e collezionabili solo dopo aver fatto piazza pulita delle creature presenti nell’area.
Ben presto si è in un certo senso costretti a prendere l’iniziativa a causa degli Ascessi, veri e propri avamposti demoniaci presidiati da potenti nemici, le cui mefitiche emanazioni sono in grado di occludere la visuale dettagliata dell’area in cui risiedono. Distruggerli elimina questo velo, permettendo di vedere liberamente punti di interesse e percorsi, e sblocca possibili potenziamenti per il Nahobino. Evitare i combattimenti, dunque, non è un’opzione percorribile in Shin Megami Tensei V.
Chi sbaglia paga, con la vita
Qui entra in gioco la punta di diamante della produzione, il sistema Press Turn Battle ormai diventato iconico per la serie dopo la sua introduzione in Shin Megami Tensei III: Nocturne e che in questa occasione si ripresenta senza modifiche di sorta. Costruito sull’archetipo del JRPG in cui il party del giocatore e quello nemico si alternano a turni per eseguire tutte le azioni possibili in quantità e ordine determinato dalla propria formazione, questo sistema si tinge di adrenalina nel momento in cui approfittare di una debolezza nemica o mettere a segno un colpo critico ci consegna un’azione extra oltre quelle previste, così come andare a vuoto con gli attacchi o incappare in una resistenza totale ne riduce il numero.
La cosa vale anche per i nostri nemici e carica di tensione ogni sfida, in particolare quando abbiamo davanti ad un potente nemico di cui non conosciamo abilità e affinità - e se fosse il nemico naturale per la strategia usata efficacemente fino a pochi minuti prima? Di fronte alle difficoltà entrano in gioco le abilità Magatsuhi, veri e propri game changer utilizzabili al riempimento della barra dedicata: chi vorrebbe una serie di turni critici garantiti? Queste ed altre skill permettono di ribaltare le situazioni più toste o dare il colpo di grazia prima che lo scontro si complichi o vada per le lunghe.
Ne consegue un’esperienza impegnativa ma a tratti esilarante nelle sue potenzialità, che richiede analisi e conoscenza del mondo che ci circonda, delle affinità elementali dei nemici e delle loro abilità: il Nahobino al nostro comando è una creatura potente e in grado di apprendere diverse tecniche, ma da solo non potrebbe mai avere la meglio contro le innumerevoli schiere di nemici che lo attendono. Per questo è possibile aumentare il potenziale bellico reclutando gli stessi mostri che vagano per le mappe, così da inserirli nel nostro party. Ciò avviene a seguito di conversazioni che uniscono intuito verso l’imprevedibile carattere dell’interlocutore (spesso erratico o disconnesso, come è giusto che sia) alla capacità di gestire le trattative in cui vengono richiesti soldi od oggetti.
E questo è solo l’inizio: progredendo è offerta al giocatore la possibilità di fondere i demoni reclutati per crearne di nuovi e più potenti, partendo dalla più banale delle creature per ottenere passo passo il controllo di divinità mitologiche. In pratica è Pokémon, ma fatto bene: presto le potenzialità offerte dal sistema di fusione si dimostreranno cruciali per dare vita ad entità in grado di ribaltare le aspettative, superando le proprie debolezze e acquisendo capacità impensabili. Un meccanismo assuefacente, ma subordinato all’investimento di grandi dosi di pazienza (per il reclutamento) e denaro, quest’ultimo indispensabile per ri-evocare dal compedio dei demoni le creature per cui non c’è più spazio in squadra ma che si scopre essere alla base di una nuova e potente fusione.
La qualità del sistema di combattimento e di creazione del party si esprime al suo meglio grazie alla già citata sapienza con cui il team ha pianificato la progressione degli eventi e la distribuzione delle missioni secondarie. Dopo un inizio in cui il timore di sbagliare la fa da padrone, l’accesso ad alcune skill di traversal fondamentali come il viaggio rapido tra punti di salvataggio e il ritorno immediato all’ultimo save utilizzato offrono quel “paracadute mentale” che consente di provare a rischiare, ad allungare il passo anche quando non si dovrebbe. correndo e guizzando in zone pericolose tra torreggianti mostri ben oltre le nostre possibilità.
La ricerca e l’eliminazione degli Ascessi, pur non essendo obbligatoria, diventa parte di un gameplay loop fatto di prudenza, rischio e consolidamento: quando le missioni primarie lo concedono, è cruciale esplorare per sbloccare più save point possibili e individuare i passaggi verso gli ascessi, così da acquisire una sorta di controllo sulle aree che inizialmente vedono il protagonista muoversi con timore. Una toccata e fuga che non si conclude come sperato può comunque portare a scoprire nuove zone e raccogliere preziosi da rivendere, anche grazie ai piccoli demoni guida: questi companion ci indirizzeranno su punti di interesse segreti, i quali potrebbero nascondere oggetti o (con minore frequenza) pericolosi scontri.
Avere la meglio sui mostri alla guardia degli Ascessi premia con lo sblocco di una serie di Miracoli, abilità passive fondamentali per costruire un Nahobino in grado di dare il suo meglio in battaglia e capace nel costruire un esercito potente: che si tratti di recuperare un po’ di punti magia dopo uno scontro, far crescere più velocemente la barra del Magatsuhi, avere sconti nel compendio dei mostri o rendere più semplice il reclutamento, ogni Miracolo è a suo modo cruciale per lo sviluppo del protagonista e dovrebbe essere prerogativa di ogni giocatore ottenere la Gloria necessaria a sbloccarne il più possibile.
Cos’è la Gloria? Trattasi di una valuta molto rara che - almeno inizialmente - acquisibile solo trovando le relative treasure box (a forma di “mela digitale”, diciamo) e scovando i simpatici Minman: questi piccoli demoni rossi dalla testa gemmata sono sparsi per i Da’at e in una certa misura funzionano come i semi Korogu di The Legend of Zelda: Breath of the Wild, facendovi correre, girare e saltare in giro per la mappa alla loro ricerca, pur non richiedendo prove di abilità specifiche per essere svelati. Oltre alla Gloria ottenuta, trovarli ci consente di ottenere le ricompense di Gustave, il custode del Covo del Cadavere - il negozio del gioco a cui si può accedere da ogni save point. Ennesima conferma di come l’esplorazione del mondo e lo sviluppo del giocatore siano intrecciati sinergicamente.
Cambio di rotta
Se finora ogni aspetto del titolo mostrava i tratti dell’eccellenza, analizzando con maggiore attenzione quanto questa rinnovata libertà di esplorazione partecipi effettivamente al world building qualche incertezza la si può percepire - soprattutto se si è giocati molti JRPG o altri titoli della serie stessa. Il passaggio ad una navigazione open map ha portato ad un numero ristretto di dungeon classici, confinandoci per la maggior parte del tempo in un Da’at che è efficacissimo nel trasmettere desolazione post-apocalittica, con tanto di numerosi rimandi all’umanità che fu da parte dei demoni anche minori, ma non offre molto altro in termini di architetture dal esplorare.
In determinate situazioni la musica cambia, presentando vasti dungeon sostenuti da interessanti gimmick, ma in generale si sente il peso della scelta di un design più aperto e in particolare in un Da’at si ha la sensazione che si sia corsi un po’ ai ripari per chiudere il prodotto nel modo più concreto possibile, a costo di tagliare qualcosa. A seconda del giocatore la cosa pesare in modo differente: nel mio caso si è sentita questa incertezza ma non vi è stato un reale impatto sul godimento generale.
La serie Shin Megami Tensei è celebre per il suo mood dimesso, i toni apocalittici e le tematiche etiche che non sempre trovano spazio altrove. Questo quinto capitolo a sua volta non manca di metterci in gioco in prima persona in quella che è la ricostruzione di un mondo perduto, ma lo fa con i tratti di una storia leggermente più guidata e convenzionale nel panorama JRPG: Tokyo è invasa dai demoni e gli umani sono presi nel mezzo della battaglia tra le le malvage creature e l'angelico ordine di Bethel, intento a proteggere la città, andando a coinvolgere inevitabilmente le vite del protagonista e dei suoi compagni di scuola, sballottati tra crisi di vita quotidiana e lo spettro della fine del mondo. In seguito entrano in gioco i temi classici, tra la messa in discussione del manicheismo e nichilistiche epifanie, ma la sensazione è fino a quel punto si sia stati tirati un po’ per il collo da una crisi minore all’altra.
Anche il tradizionale momento di “diramazione” degli eventi per arrivare ai differenti finali coglie di sorpresa per messinscena, quasi non si avesse avuto tempo a sufficienza per mettersi nei panni dei rappresentanti dei vari allineamenti e coglierne reali motivi e intenti. Ne risulta da parte del giocatore una presa di posizione un po’ debole, quasi umorale. Forse un passo indietro rispetto al passato, ma un efficace modo per incentivare il NG+ sui vari cicli, alla ricerca del finale completo.
L’incertezza narrativa è però sostenuta dall’ennesimo, strepitoso, esercizio stilistico messo in campo da ATLUS, che sfrutta Unreal Engine 4 e non cede a compromessi di design per offrire - ostinatamente - la propria visione nel modo più fedele possibile.
A conseguenza di ciò è facile incorrere in cali di framerate o notare quanto poco basti allontanarsi da certi elementi animati per vederli iniziare a frazionare il proprio aggiornamento a schermo, ma per quanto queste scorciatoie sgraziate possano sembrare inappropriate, la totale assenza di ricadute lato gameplay (anche nell’esplorazione, i cui controlli rispondono sempre a dovere) aiuta ad abituarsi presto e in un certo senso a farsene una ragione, soprattutto se si tratta di sacrifici utili a restituire l'efficace resa visiva di modelli, superfici ed effettistica propria della produzione. Prevedibile qualche incertezza sullo streaming di dati delle texture, ma sappiamo come si tratti di un problema dell’engine stesso, enfatizzato dai limiti di banda e di memoria di Nintendo Switch.
Al netto di tutto questo, c’è da strabuzzare gli occhi (in positivo), soprattutto verso il finale, che esplode tra geometrie eteree e boss design ispiratissimi.
Altra nota estremamente positiva è legata all’accompagnamento musicale, nuovamente affidato a Ryota Kozuka di ritorno dal quarto capitolo, che sostiene il gioco con qualità in ogni area, passando morbidamente dai menù all’azione - apparentemente una sciocchezza, cruciale invece in un titolo che prevede così tanto micromanagement.
I temi non sono sempre travolgenti, in linea con l'atmosfera dimessa e opprimente, ma in molte situazioni fanno percepire il vibe dei momenti memorabili e vi rimarranno sicuramente impressi anche dopo aver terminato la vostra esperienza col gioco. In particolare, per quel che concerne i battle theme, ve ne sono di davvero ispiratissimi soprattutto tra le boss fight.Buono il doppiaggio occidentale, caratterizzato da una validissima interpretazione inglese che purtroppo - inevitabilmente verrebbe da dire - mal si sposa con il labiale originale delle cutscene.
Shin Megami Tensei V si presenta quindi in ottimamente, cedendo su alcuni aspetti per compensare con altri, principalmente in ottica di accessibilità. Mutuare alcuni elementi di design dai generi più commerciali per semplificare traversal e - letteralmente - la sopravvivenza del giocatore è uno scotto che il purista può accettare pensando a quanto la produzione si stia sforzando di aprirsi e legittimarsi al grande pubblico.
Non mancano le chicche legate alla rigiocabilità e al completamento delle missioni secondarie, così come curiosi easter egg quali le conversazioni spontanee tra mostri. Il titolo è fatto per essere vissuto, spremuto e completato, grazie all’estrema flessibilità garantita dal sistema congiunto di Miracoli, Fusioni ed Essenze, che mette in mano al giocatore la possibilità di plasmare le proprie creature (e il Nahobino) al limite della “rottura” del gioco.
E se il tutto può sembrare impegnativo, meglio non disperare: in concomitanza con il lancio sono previsti aggiornamenti tra cui un ulteriore livello di difficoltà semplificato per i meno avvezzi al genere. Considerato l’incentivo di trama per il NG+, approcciarsi ad una sfida più permissiva per poi alzare la posta al secondo ciclo può essere una buona soluzione per neofiti e dubbiosi, che apprezzeranno anche la localizzazione italiana dei testi.
Voto Recensione di Shin Megami Tensei V - Nintendo Switch
Voto Finale
Il Verdetto di Tom's Hardware
Pro
-
- Press Turn Battle eccellente, come consuetudine
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- Stilisticamente inappuntabile
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- Sistema di sviluppo appassionante
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- Accompagnamento audio di livello
Contro
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- Dungeon... davvero così pochi?
-
- Storia molto interessante ma affrontata con poco trasporto
Commento
Per celebrare la sua prima release contemporanea in tutto il mondo, Shin Megami Tensei V smussa i suoi spigoli e si spoglia dell’ermetica solennità che contraddistingue i suoi predecessori. Nel farlo perde parte dello suo charme, principalmente legato alla profondità di trama e personaggi e alla caratterizzazione del mondo, ma prova al contempo ad affascinare un pubblico più ampio con una storia estremamente più digeribile capace comunque di rispettare i dogmi instaurati dal brand nel corso degli anni. Gradevole sia in portabilità che sullo schermo della TV nonostante gli evidenti limiti dell'hardware, è un prodotto estremamente valido, capace di tenere impegnati per oltre un centinaio di ore senza sentirne mai il peso: Shin Megami Tensei V è un unicum nella libreria di Nintendo Switch, irrinunciabile per tutti gli appassionati del genere - anche per coloro in possesso di altre piattaforme di gioco.