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a cura di Giancarlo Calzetta

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Gli UPS sono dispositivi estremamente importanti nell’organizzazione IT di un’azienda, ma hanno un loro perché anche in casa e piccoli uffici. Tengono al sicuro i computer, i server e gli altri dispositivi “sensibili” da sovraccarichi di tensione e mancanze di corrente.

Il Vertiv Edge-1000IMT che abbiamo provato in questi giorni è un dispositivo di livello professionale, pensato per applicazioni “edge”, ovvero strutture IT con potenza di calcolo distribuita su zone periferiche e non solo concentrata in grandi server. Questo tipo di applicazioni sta diventando sempre più comune con il continuo crescere del numero di dispositivi IoT nelle realtà aziendali e il connesso aumento di “piccoli” datacenter decentralizzati.

La sua potenza da 1000W lo rende adatto a carichi importanti, ma non enormi, tipici appunto di piccoli cluster di server o dispositivi di varia natura e media potenza. L’oggetto sul quale abbiamo messo le mani è in formato tower, ma ne esistono modelli in formato blade pronti per esser inseriti in rack.

Le sue caratteristiche tecniche sono interessanti. Il fattore di potenza d’uscita di 0,9 lo rende molto efficiente e capace di reggere carichi molto vicini al limite nominale, ha le batterie sostituibili a caldo, un software gratuito (Vertiv Power Assist) che gestisce i carichi a livello locale, una porta usb, le uscite sul retro, in formato divise in due gruppi di cui uno programmabile e una porta che può ospitare una scheda di rete opzionale.

Aspetto e gestibilità

Da un punto di vista estetico, il Vertiv Edge-1000IMT si presenta inaspettatamente curato. Del resto, sono poche le situazioni in cui un UPS resta in bella vista, ma se dovesse accadere questo non sfigurerebbe. Il design del frontale è elegante e il display a cristalli liquidi è piccolo ma a colori e solitamente mostra una animazione piacevole che indica lo stato di funzionamento del dispostivo.

Sul mini-monitor compaiono anche la temperatura ambientale e l’umidità. A proposito di rilevazioni di condizioni ambientali, la scheda ethernet opzionale supporta anche l’integrazione con sensori ambientali dislocati in altre posizioni, inclusi rilevatori di movimento.

La scheda ethernet, che abbiamo installato, è autoinstallante e dotata di funzionalità avanzate che permettono una grande flessibilità d’uso. C’è una interfaccia per la gestione delle prese programmabili in grado di reagire a eventi o a semplici timer, mentre la parte dedicata alle notifiche permette di inviare messaggi sia tramite SMS sia via e-mail.

L’interfaccia è molto efficiente, ma dal design fin troppo classico, con la classica organizzazione in categorie e schemate di opzioni scritte in piccolo. L’assistenza “online” è scarsa con poche indicazioni su come effettuare le configurazioni. Si tratta, in realtà, di una gestione molto intuitiva, ma nel 2020 si potrebbe sperare in interfacce un po’ più smart per semplificare le operazioni di routine e configurazione iniziale. Comunque, non spiazzerà alcun IT Manager, dato che usiamo questi layout praticamente da sempre.

Qualche misurazione

Da un UPS moderno, in pratica, ci si aspetta due cose: che sia gestibile in remoto in maniera semplice ed efficace e che la parte elettrica sia di buona qualità. La prima parte abbiamo visto che è stata ben realizzata da Vertiv e passiamo, quindi, alla seconda.

Aprendo il case, si nota una buona cura nella parte costruttiva. Ho personalmente aperto degli UPS in passato (recente) che avrebbero meritato la creazione di una serie TV intitolata “UPS dall’inferno”. Con questo Vertive, invece, tutto è ben organizzato e pieno di accortezze che fanno capire quanta cura sia stata impiegata nel design di ogni singola sezione, come i separatori tra le batterie o la presenza di ventole ridondate.

I tempi di reazione sono stati misurati in pochi millisecondi e non hanno mai creato problemi a nessuno dei dispositivi che abbiamo collegato, anche se completamente privi di protezioni elettriche proprie. Abbiamo spaziato da dispositivi IoT cinesi a computer completamente carrozzati, passando per piccoli progetti Arduino e attrezzature di rete.

E dato che questo UPS viene definito a onda sinusoidale, siamo andati a vedere se è vero, dal momento che la forma e l’affidabilità dell’onda sono importanti per preservare i dispositivi connessi e nei dispositivi economici si vedono “cose” che hanno davvero pochissimo a che fare con delle sinusoidi. Abbiamo quindi iniziato col misurare la corrente in uscita direttamente dalla presa elettrica.

Come vedete, la sinusoide in uscita dalla parete è buona, ma stranamente appiattita in alto. Io sono rimasto sorpreso di vederla così, ma anche l’ingegnere che mi ha supportato nella misura ha storto un po’ il naso. Abbiamo quindi optato per scollegare la presa di corrente e misurare come si comportava l’UPS sotto carico (circa 600W).

Come vedete, la curva è addirittura migliore di quella misurata dalla rete e l’unica sbavatura è una piccola ondulazione nell’intorno dei due picchi (che non si vede a questa scala, ma è presente andando ad analizzare il particolare della singola onda).  L’ingegnere “di supporto” non era evidentemente aggiornato sulle qualità dei moderni UPS e si è detto molto sorpreso dalla qualità dell’onda fornita.

In definitiva

Questo dispositivo ci è piaciuto molto. Il prezzo non è ovviamente quello di un UPS da casa non gestibile (siamo tra i 350 e i 400 euro), ma le funzioni a disposizione, la qualità dell’energia erogata e la cura nel design interno che semplifica la manutenzione giustificano ampiamente il suo costo. Se abbiamo posizioni da gestire in remoto con carichi che devono restare sempre online, è bene investire qualche euro per preservare l’integrità delle apparecchiature.

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