L'Unione Europea vuole recuperare il calore di tutti quei server, ma le aziende del settore potrebbero non esserne entusiaste. Le prime leggi a riguardo, tuttavia, sono già in discussione in alcuni paesi, come per esempio in Germania.
Secondo l’Unione Europea, infatti, il riscaldamento da solo rappresenta la metà del fabbisogno energetico del Vecchio Mondo. E il 70’% del calore generato arriva da combustibili fossili. Sicuramente non può sorprendere il desiderio di ridurre l’impatto ambientale, sostenuto anche dal desiderio di ridurre la dipendenza energetica da paesi esterni all’Unione stessa.
È una sfida enorme, mastodontica, e le idee sul tavolo per raggiungerla sono parecchie. Una di queste prevede il recupero del calore dai data center, usandolo magari per scaldare l’acqua che poi viene fatta circolare tramite gli impianti di teleriscaldamento, che nei climi più freddi potrebbe fare la differenza.
Non è la prima volta che sentiamo di un’idea simile, e in linea di massima funziona: il data center va raffreddato, il che significa rimuovere il calore, mentre altri punti vanno riscaldati. E l’acqua calda è un buon modo di trasportare il calore da un punto all’altro, se si includono tecnologie adeguate.
Tutto dipende da chi paga, perché questo è un caso in cui essere sostenibili costa parecchio. Prevedibilmente le aziende del settore stanno mettendo le mani avanti. “Siamo pronti a finanziare una buona parte", ha detto la tedesca Anna Klaft, ma "non si deve scaricare tutto su questo settore".
Che è alla fine il solito problema quando si parla di politiche ambientali: tutti d’accordo nel dire che bisogna fare qualcosa, ma poi quando si tratta di decidere chi paga la cosa somiglia più a un si salvi chi può. Pochi sono disposti a fare investimenti (perché sarebbero rischiosi), quasi nessuno è pronto ad aprire il portafogli semplicemente perché è la cosa giusta da fare.