I MOSFET
I MOSFET possono essere costruiti sia con i tipi NMOS o PMOS, basati sulla disposizione del silicio dopato utilizzato. Il silicio dopato con boro è del tipo P (positivo) perché non ha elettroni, mentre il silicio dopato con fosforo è del tipo N (negativo) perché ha un eccesso di elettroni liberi.
I MOSFET hanno tre connessioni, chiamate source, gate e drain, in italiano collettore, base ed emettitore. Un transistor NMOS è fatto usando silicio di tipo N per source e drain, tra i quali è collocato del silicio di tipo P. Il gate (o base) è posizionato sopra il silicio di tipo P, e separa l'emettitore dal collettore; a sua volta, uno strato isolante di diossido di silicio lo isola dal silicio P.
In condizioni normali questo transistor impedisce il flusso di corrente tra source e drain. Se però si applica una tensione positiva alla base (gate) ecco che questa permette agli elettroni di fluire tra emettitore e collettore, esattamente come accadeva con la valvola – ma in scala molto più ridotta, e con meno consumo di energia e produzione di calore. In pratica il silicio P comincia a comportarsi come silicio N e il transistor cambia stato in ON.
Un transistor PMOS lavora in un modo simile ma opposto. Anche in questo caso source e drain sono fatti di silicio N, mentre il gate è di silicio P, ma la base si attiva applicandole una tensione negativa. Il risultato è comunque che il transistor passa allo stato ON.
I transistore NMOS e PMOS si possono combinare tra loro, in sistemi che richiederanno energia solo per il passaggio da uno stato all'altro o switching. Così è possibile creare architetture ad alta densità (molti transistor per mm2) e bassi consumi. Ed ecco quindi la tecnologia CMOS (Complementary Metal Oxide Semiconductor), sulla quale si basano tutti i processori moderni, ad eccezione di alcuni sperimentali.
Oltre ad essere più efficiente delle valvole, il transistor offre anche un altro vantaggio: lo si può miniaturizzare a dimensioni nanometriche. Un obiettivo a cui si lavora fin dalla sua invenzione, e già nel 2003 i ricercatori di ENC svelarono un transistor al silicio con una dimensione di soli 5 nanometri. Ed è possibile realizzare transistor ancora più piccoli, con componenti come i nanotubi al silicio o al grafene, che sono al momento in via di studio e dovrebbero permettere di raggiungere scale molecolari o persino atomiche. Nel 2008 ricercatori britannici hanno svelato un transistor al grafene spesso solamente un atomo e lungo 10 atomi (1 nm) e, nel 2010, ricercatori IBM hanno creato transistor al grafene in grado di cambiare stato a 100 gigahertz, ponendo le basi per futuri chip più densi e veloci rispetto alle soluzioni al silicio.