Non si può parlare di semiconduttori senza parlare di nanometri: questa unità di misura è legata a doppio filo ai chip e alla loro creazione, dato che è usata per identificare i processi produttivi. Con il passare del tempo, però, si è legata molto più al marketing che alla tecnologia vera e propria: cosa significa? Cerchiamo di capirlo.
All’inizio della storia dei semiconduttori, i nanometri indicavano la dimensione minima dei gate dei transistor all’interno del chip. Questo vuol dire che, per esempio, un processore a 500nm (prodotto all’inizio degli anni ‘90) aveva transistor con gate che hanno dimensione 500nm. Vista questa correlazione, indicare il processo produttivo con la dimensione del gate del transistor era una buona idea, dal momento che un numero più basso corrispondeva a una tecnologia migliore e a chip più densi, con un maggior numero di transistor.
I nanometri oggi indicano tutt’altro
Tuttavia, il rapido progresso tecnologico ha messo fine al senso di questo rapporto tra nanometri e dimensioni del gate dei transistor. La “corsa al nanometro” è diventata, come detto, principalmente una questione di marketing: per farvi un esempio, i 3nm di TSMC non hanno transistor con gate di 3nm, e lo stesso vale per le altre fonderie.
La correlazione tra nanometri e dimensione dei transistor ha iniziato a perdere di significato molto prima dei processi produttivi moderni: Intel iniziò a ridurre in maniera più aggressiva le dimensioni dei gate già con il processo 250nm, sviluppato nel 1997, che aveva transistor con gate di 200nm.
La fine del rapporto nanometri-gate dei transistor può essere identificata con lo sviluppo del processo produttivo Intel 45nm, del 2007. Qui l’azienda arrivò a transistor planari con gate da 25nm e, di fatto, negli anni successivi non fu possibile ridurre ulteriormente questa distanza senza peggiorare i risultati.
Lo sviluppo dei transistor FinFET ha assicurato il progresso tecnologico, permettendo a Intel di aumentare la densità di transistor nel processo 22nm senza modificare la lunghezza del gate, rimasta a 25nm.
Facendo un salto in avanti e guardando i processori moderni, è chiaro come non ci sia più relazione tra nanometri e gate dei transistor: il processo produttivo Intel 7 ha gate con un pitch di 54 / 60 nm, mentre Intel 4, l’ultimo nodo produttivo ad usare i transistor FinFET, ha gate da 50nm.
Il dato importante oggi è la densità
Nei semiconduttori moderni, conta soprattutto la densità dei transistor, oltre ovviamente alla loro tecnologia. La densità raggiungibile con un determinato processo produttivo determina molte delle caratteristiche del chip, definendo in buona sostanza la sua qualità rispetto agli altri, indipendentemente dai nanometri del processo produttivo.
Facciamo un esempio pratico: il vecchio nodo Intel 10nm SuperFin, usato per i processori Intel Tiger Lake, poteva raggiungere una densità di 100,76 MTr/mm2 (mega-transistor per mm quadro, unità di misura della densità di un processo produttivo). I nodi a 7nm di Samsung e TSMC, in teoria migliori stando alla nomenclatura, erano in realtà peggiori in termini di densità: Samsung raggiungeva i 95,08 MTr/mm2, mentre TSMC si fermava a 91,2 MTr/mm2.
Questo è anche il motivo per cui, nel 2021, Intel ha deciso di rinominare i propri processi produttivi, trasformando il nodo 10nm Enhanced SuperFin in Intel 7 e adottando i nomi che conosciamo oggi. La motivazione dietro questa scelta è semplice: allineare il nome dei propri processi produttivi a quello dei concorrenti, vista la densità più alta.
Le nuove tecnologie sono la chiave per chip sempre più potenti
Lo sviluppo tecnologico non si è fermato una volta che ci si è resi conto del limite di lunghezza dei gate dei transistor: questo perché le aziende hanno lavorato per trovare nuove tecnologie capaci di aggirare questo limite, aumentando potenza ed efficienza dei chip in altri modi.
Ne è un ottimo esempio la tecnologia FinFET citata prima, già sostituita da alcune aziende da quella GAA (Gate All-Around). Ma ci sono anche altre novità all’orizzonte, come ad esempio la nuova tecnologia di alimentazione Intel PowerVIA, che apre a nuove possibilità grazie all’alimentazione posteriore del chip (definita “backside power delivery”), anziché anteriore.
Il CEO Pat Gelsinger crede fortemente nel progetto Intel Foundry, tanto che l’azienda può vantare di essere la prima al mondo ad usare macchinari High NA EUV di ASML per la produzione di chip. Questi macchinari per la litografica permetteranno di stampare componenti fino a 1,7 volte più piccoli rispetto a quanto possibile con gli strumenti EUV esistenti, abilitando il ridimensionamento delle funzionalità 2D, con conseguente densità fino a 2,9 volte maggiore.
I macchinari High NA EUV saranno usati per i nodi successivi a Intel 18A e saranno fondamentali per creare chip sempre più potenti, alimentando il progresso tecnologico dei semiconduttori e mantenendo viva la Legge di Moore. L’obiettivo è di raggiungere un trilione di transistor in un package entro il 2030.