L'intelligenza artificiale sta silenziosamente rivoluzionando il mondo della programmazione, mentre una parte consistente degli sviluppatori continua a ignorare i segnali di un cambiamento già in atto. La recente dichiarazione del Chief Scientist di Google ha gettato nuova luce sul fenomeno: almeno il 25% del codice dell'azienda viene oggi generato da sistemi di AI. Un dato che non lascia spazio a interpretazioni e che conferma come la trasformazione non sia più confinata a laboratori sperimentali, ma stia già avvenendo nelle aziende tecnologiche di punta che gestiscono miliardi di righe di codice attivo.
Eppure, nonostante evidenze sempre più tangibili, persiste una corrente di scetticismo. Numerosi programmatori continuano a considerare gli strumenti di AI per la codifica come semplici gadget privi di reale utilità in ambienti di produzione. Alcuni arrivano persino a negarne i benefici in termini di produttività, ignorando il successo clamoroso di soluzioni come GitHub Copilot, che in poco tempo ha conquistato oltre 1,3 milioni di utenti paganti – un risultato straordinario in una categoria professionale tradizionalmente poco incline a spendere per strumenti di lavoro.
Questo successo commerciale non è casuale. Rappresenta il riconoscimento concreto di un valore aggiunto percepito dagli sviluppatori, sia individuali che aziendali, un'adozione di massa che pochi strumenti di sviluppo possono vantare, specialmente nel mercato business-to-business.
La rivoluzione silenziosa del pensiero computazionale
L'impatto degli strumenti di AI sulla programmazione va ben oltre il semplice completamento del codice. Chi ha utilizzato Copilot ne comprende la vera natura solo quando è costretto a tornare alle metodologie tradizionali. La differenza qualitativa diventa immediatamente evidente: non si tratta semplicemente di digitare meno caratteri, ma di un cambiamento fondamentale nel flusso di lavoro e nel processo creativo.
Il processo si trasforma radicalmente: dalla digitazione estesa di decine di caratteri seguita da un invio, a pochi tasti seguiti da un Tab per accettare il suggerimento dell'AI. Un'esperienza che riporta la programmazione alla sua essenza originaria: l'atto del pensare, non del digitare. La programmazione è sempre stata principalmente un esercizio di pensiero – dalla pianificazione sistemica di alto livello fino agli algoritmi e ai pattern di design più specifici.
La digitazione del codice, per quanto necessaria, è sempre stata la parte più meccanica e meno stimolante del processo. Copilot non è quindi solo uno strumento di completamento del codice, ma un vero e proprio predittore di pensiero. Non si limita ad accelerare la scrittura, ma anticipa ciò che lo sviluppatore sta pensando, eliminando il divario tra il concepimento di un'idea e la sua realizzazione concreta nel mondo digitale.
Questa capacità predittiva, inizialmente limitata a suggerimenti riga per riga, si sta rapidamente evolvendo verso livelli di complessità sempre maggiori. Strumenti come Supercomplete stanno ampliando l'orizzonte, anticipando le intenzioni dello sviluppatore attraverso interi file di codice, rendendo il processo ancora più fluido ed efficiente.
Parallelamente, soluzioni come Cursor Compose e Windsurf Cascade portano questo concetto ancora oltre, estendendo la capacità predittiva a più file contemporaneamente all'interno di una base di codice. Il risultato è un'amplificazione progressiva dell'impatto e del valore del pensiero umano nella programmazione.
Verso una programmazione basata sull'intento
Gli scenari applicativi di questi strumenti mostrano chiaramente la direzione dell'evoluzione. Se oggi volessimo aggiungere una funzionalità di ricerca a un'applicazione web, Copilot potrebbe suggerire il completamento per ogni riga dei componenti dell'interfaccia utente, definire i gestori degli eventi e implementare l'algoritmo di ricerca o integrare librerie esterne.
Supercomplete potrebbe automaticamente creare un gestore di eventi vuoto pronto per essere compilato. Ma gli strumenti agentici di nuova generazione potrebbero fare molto di più: con un semplice comando come "aggiungi una funzionalità di ricerca all'app", potrebbero gestire autonomamente tutti gli aspetti dell'implementazione, inclusa l'installazione di librerie NPM.
Non è difficile immaginare un futuro prossimo in cui sarà sufficiente esprimere un'intenzione generica come "costruisci e implementa un'app di e-commerce" per ottenere un risultato completo. Un sistema in cui l'AI, di fronte a descrizioni vaghe, sarà in grado di porre autonomamente domande per chiarire i requisiti specifici ed eliminare ogni ambiguità.
La vera questione non è se questo accadrà, ma quando. La trasformazione è già in corso, e chi continua a ignorarla rischia di trovarsi impreparato di fronte a un cambiamento che sta ridefinendo le fondamenta stesse della programmazione e dello sviluppo software.
Allo stato attuale la IA non può sostituire un programmatore.
I disastri che fa generando il codice sono abbastanza enormi, se parliamo di cose semplici e di poche righe allora non ci sono problemi. Ma per cose più complesse fa diverse castronerie al momento. Arriverà un momento in cui sarà indipendente ma annunciare che quel momento sia già adesso è alquanto esagerato.
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