Il governo italiano ha introdotto nuove regole per la piattaforma antipirateria Piracy Shield, estendendo significativamente i suoi poteri di blocco dei contenuti online.
Le modifiche, approvate attraverso emendamenti al decreto Omnibus, mirano a rafforzare la lotta contro la violazione del diritto d'autore (molto banalmente per rispondere alle critiche in merito al costante sfruttamento di servizi di streaming illeciti per guardare le partite di calcio) ma sollevano preoccupazioni per possibili conseguenze impreviste sulla libertà di internet.
Le due principali novità riguardano l'ampliamento delle condizioni per bloccare un indirizzo IP e l'obbligo per i fornitori di servizi internet di segnalare anche solo il sospetto di attività illecite online. Queste modifiche potrebbero avere un impatto significativo sul funzionamento della rete in Italia, rischiando di colpire anche contenuti legittimi.
La prima modifica consente di bloccare un indirizzo IP non solo se è univocamente destinato ad attività illecite, ma anche se lo è in modo "prevalente". Questo potrebbe portare all'inibizione di risorse online legittime che condividono lo stesso indirizzo IP con contenuti illegali.
La seconda novità impone a tutti i fornitori di servizi internet l'obbligo di segnalare persino il sospetto di attività illecite online, pena sanzioni penali fino a un anno di carcere. Questa disposizione potrebbe spingere gli operatori a segnalare in modo eccessivo per evitare rischi legali.
Le modifiche hanno sollevato critiche da parte degli operatori di telecomunicazioni e degli esperti del settore. Nonostante ciò, il governo Meloni e la sua maggioranza sembrano determinati a procedere con l'implementazione delle nuove regole.
L'Autorità garante delle comunicazioni (Agcom), che gestisce Piracy Shield, dovrà ora decidere come rendere operative queste disposizioni attraverso un tavolo tecnico. Sarà cruciale l'interpretazione dell'avverbio "prevalentemente" per determinare quando i contenuti illegali su un indirizzo IP giustifichino il blocco totale.
Il tavolo tecnico dell'Agcom vedrà la partecipazione di numerosi attori, tra cui:
- Grandi aziende tecnologiche come Google e Microsoft
- Operatori di VPN
- Fornitori di servizi di hosting
- Rappresentanti dell'industria dell'intrattenimento
Questa ampia partecipazione potrebbe rallentare l'applicazione delle nuove norme, ma non elimina il rischio di conseguenze indesiderate sulla libertà di internet.
Gli emendamenti rimuovono anche il limite al numero di domini che possono essere bloccati. Attualmente, il limite è fissato a 18.000 fully qualified domain name (FQDN), ma questa restrizione verrà eliminata dopo il primo anno di operatività della piattaforma.
L'Agcom sarà tenuta a riabilitare le risorse online bloccate dopo sei mesi, ma non è chiaro se questo sarà sufficiente a contenere l'esplosione di domini oscurati.
Le nuove disposizioni estendono l'obbligo di segnalazione anche a reati come l'accesso abusivo a sistemi informatici e la frode informatica. Questo potrebbe portare a un sovraccarico delle procure con una mole di segnalazioni difficile da gestire.
Inoltre, è stato siglato un protocollo tra Agcom, Guardia di Finanza e Procura di Roma per stabilire un flusso continuo di informazioni per le indagini, che coinvolgerà anche enti come la SIAE.
Le modifiche a Piracy Shield rappresentano una significativa espansione dei poteri di blocco e controllo sui contenuti online in Italia. Mentre l'obiettivo dichiarato è combattere la pirateria, le nuove regole sollevano serie preoccupazioni sulla libertà di internet e sul potenziale impatto su siti e servizi legittimi.
Resta da vedere come queste disposizioni verranno implementate nella pratica e quali saranno le conseguenze effettive per l'ecosistema digitale italiano. La sfida sarà trovare un equilibrio tra la protezione del diritto d'autore e la salvaguardia di un internet aperto e accessibile.