Si chiama Speed Shift ed è l'evoluzione di Speed Step, storica tecnologia integrata nei microprocessori di Intel. Presente nei nuovi chip Skylake, deve essere attivata dal sistema operativo per funzionare: al momento Windows 10 non la supporta, ma le build più recenti distribuite da Microsoft agli Insider sembrano averla abilitata.
Che cosa fa esattamente Speed Shift? Lo raccontano i colleghi di Anandtech, che hanno pubblicato un interessante approfondimento nelle scorse ore. Come noto i processori dotati di tecnologia Speed Step cambiano costantemente la loro frequenza e tensione operativa a seconda del carico di lavoro a cui sono sottoposti.
Il sistema operativo "richiede" un particolare livello di prestazioni, noto come Performance State o P-State, e il processore progettato con diversi di questi P-State cerca di rispondere in modo adeguato. Per aumentare l'efficienza, specie in ambito mobile, il sistema operativo può richiedere P-state inferiori, ma se il carico necessita di maggiori prestazioni e c'è un sufficiente "budget" energetico - termico, il P-State può cambiare di conseguenza.
Con l'architettura Skylake questo comportamento è stato rivisto nelle sue fondamenta. "Il sistema operativo può ridare il controllo della frequenza e della tensione nuovamente al processore. Intel chiama questa tecnologia Speed Shift", spiega Anandtech.
Come scritto in apertura, questa tecnologia non è attiva perché Intel e Microsoft hanno dovuto lavorare gomito a gomito per implementarla in Windows 10. Una patch - non è chiaro se si tratti di Threshold 2 - in uscita questo mese abiliterà Speed Shift.
Rispetto a Speed Step, Speed Shift offre alcuni benefici. Per prima cosa il processore può controllare molto più rapidamente l'incremento e la riduzione della frequenza rispetto al sistema operativo. Secondariamente il processore ha un controllo più preciso sui propri stati, cosa che gli permette di scegliere il livello prestazionale migliore per una data operazione, consumando di conseguenza meno energia.
"I salti specifici nella frequenza sono stati ridotti a circa 1 millisecondo con il controllo da parte della CPU con Speed Shift rispetto ai 20-30 ms con il controllo del sistema operativo, e il passaggio da uno stato di efficienza a uno di massima prestazione può avvenire in circa 35 ms, rispetto ai circa 100 ms della precedente implementazione", aggiunge Anandtech.
Insomma, mentre Speed Shift non incrementa le prestazioni assolute di un sistema - quelle sono legate alla somma di tutte le componenti, così come sono state progettate e assemblate - può dare qualcosa in più con carichi di lavoro brevi, che richiedono aumenti di prestazioni immediati e non prolungati. Se si pensa a come si usano i computer è lo scenario probabilmente più diffuso, dalla navigazione web al tradizionale lavoro da ufficio.
Anandtech ha svolto qualche test su un Core i7-6600U, un dual-core con Hyper-Threading che può accelerare da 2.6 a 3.4 GHz, ma che in idle può scendere fino a 400 MHz. I risultati sono interessanti, non incredibili ma di sostanza, soprattutto con operazioni "pesanti ma brevi" a sufficienza per permettere a Speed Shift di fare la differenza. Insomma, in una parola, il sistema dovrebbe apparire più "reattivo". Altre prove sono state svolte da Windows Central su Windows 10 Insider build 10586 e un Surface Pro 4, a testimonianza che la patch è davvero in sviluppo e non tarderà a essere distribuita.
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