L'economia sta provando a ripartire: la campagna vaccinale sta facendo il suo corso, ci sono sempre più persone immunizzate e si inizia a vedere uno spiraglio di normalità con la gente che torna a ripopolare gli stadi, le piazze e i mezzi di trasporto pubblico. Eppure il Covid non smette di creare problemi, specialmente in posti come l'Asia, in cui le vaccinazioni procedono a rilento e di conseguenza il rischio di nuovi focolai è ancora molto alto.
Ed è stata proprio l'esplosione di un nuovo focolaio in uno dei porti più grandi del sud della Cina a interrompere, ancora una volta, le già lenta ripresa della produzione di componenti elettroniche, causando il ritardo di alcune spedizioni. Una cosa simile è successa anche in Taiwan e Malesia, dove alcuni casi di infezione nelle fabbriche di produzione di semiconduttori hanno rallentato enormemente il processo produttivo.
Parliamo di 160,000 container fermi per più di due settimane al porto di Yantian, in attesa di essere caricati sulle navi. Tutto ciò si riflette (ovviamente) in modo pessimo sui prezzi delle spedizioni, che raggiungendo la cifra di 6,341 dollari per un container da 12 metri, segnano un aumento del 63% sin dall'inizio dell'anno.
Per quanto riguarda invece la produzione di chip, la King Yuan Electronics Co., una delle aziende più importanti per il test e il packaging, ha visto più di 200 dipendenti risultare positivi al Covid, con altri 2,000 messi in quarantena preventiva. Il risultato? Le entrate mensili dell'azienda sono diminuite quasi del 30%.
Tutto ciò va a pesare ovviamente sulla produzione di schede video, processori e quant'altro. E sebbene la maggior parte dei governi in Asia cerca attivamente di sradicare tutti i casi di Covid, le catene di produzione potrebbero vivere una situazione ancora peggiore di quella attuale prima di riuscire a rimettersi in piedi.
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