Aggiornamento del 18//04/2025 - Google ci ha contattato in merito alla causa di cui parla l'articolo, affidandoci la dichiarazione di Lee-Anne Mulholland, Vice President, Regulatory Affairs:
"Abbiamo vinto metà di questa causa e faremo appello per l'altra metà. Il Tribunale ha stabilito che i nostri strumenti pubblicitari e le nostre acquisizioni, come DoubleClick, non danneggiano la concorrenza. Non condividiamo la decisione della Corte riguardo ai nostri strumenti per i publisher. I publisher hanno molte opzioni e scelgono Google perché i nostri strumenti di tecnologia pubblicitaria sono semplici, convenienti ed efficaci"
Il colosso della tecnologia Alphabet, società madre di Google, affronta un momento cruciale nella sua storia aziendale dopo la recente decisione di un tribunale federale americano. La giudice Leonie Brinkema del tribunale di Alexandria, in Virginia, ha stabilito che Google ha illegalmente monopolizzato due mercati chiave nel settore della tecnologia pubblicitaria online: i server pubblicitari per editori e gli scambi pubblicitari che fungono da intermediari tra acquirenti e venditori. Questa sentenza rappresenta un duro colpo per l'azienda di Mountain View, già sotto pressione in diversi procedimenti antitrust, e potrebbe costringerla a riorganizzare radicalmente il proprio modello di business nel settore pubblicitario digitale.
La decisione giunge al termine di un processo durato tre settimane, intentato dal Dipartimento di Giustizia americano insieme a una coalizione di stati. Secondo l'accusa, Google avrebbe adottato tattiche classiche di costruzione monopolistica: eliminazione dei concorrenti attraverso acquisizioni strategiche (come quella di DoubleClick nel 2008, fidelizzazione forzata dei clienti ai propri prodotti e controllo capillare delle transazioni nel mercato pubblicitario online. L'azienda si è difesa sostenendo che l'accusa si concentrasse su pratiche del passato, quando stava ancora lavorando per rendere i propri strumenti compatibili con quelli dei concorrenti, e ignorasse la concorrenza di colossi come Amazon e Comcast.
La sentenza della giudice Brinkema rappresenta solo uno dei fronti legali aperti contro Google. La prossima settimana, un altro giudice a Washington terrà un processo sulla richiesta del Dipartimento di Giustizia di obbligare l'azienda a vendere il browser Chrome e adottare altre misure per porre fine al suo dominio nel mercato delle ricerche online. In questo scenario, Google si trova nella posizione vulnerabile di dover potenzialmente affrontare ordini di vendita di asset o modifiche sostanziali alle proprie pratiche commerciali da due tribunali americani diversi.
Particolarmente significativo è il fatto che il Dipartimento di Giustizia abbia già dichiarato che Google dovrebbe cedere almeno Google Ad Manager, che include sia il server pubblicitario per editori sia la borsa pubblicitaria dell'azienda. Secondo quanto riportato da Reuters lo scorso settembre, Google aveva già esplorato la possibilità di vendere la propria borsa pubblicitaria per placare i regolatori antitrust europei, segnalando che l'azienda potrebbe essere consapevole della necessità di ristrutturare il proprio business pubblicitario.
La giudice Brinkema non ha tuttavia accolto tutte le accuse mosse contro Google. Nel suo pronunciamento, ha stabilito che i pubblici ministeri non sono riusciti a dimostrare che l'azienda detenesse un monopolio nel mercato delle reti pubblicitarie per inserzionisti, respingendo quindi questa parte delle accuse. Questa distinzione potrebbe rivelarsi importante nelle prossime fasi del procedimento, quando si discuterà delle misure correttive da imporre.
Le conseguenze di questa sentenza vanno ben oltre Google e potrebbero ridisegnare l'intero panorama della pubblicità digitale. Gli scambi pubblicitari e i server per editori sono componenti fondamentali dell'infrastruttura che alimenta gran parte dell'economia di Internet. Un eventuale smembramento di Google Ad Manager creerebbe spazio per nuovi attori e potrebbe alterare significativamente il modo in cui editori e inserzionisti interagiscono nel mercato digitale.
La decisione finale sulle misure correttive potrebbe richiedere mesi, ma le implicazioni sono già chiare: Google potrebbe essere costretta a una ristrutturazione senza precedenti delle proprie attività pubblicitarie, con ripercussioni significative sul suo modello di business e sui suoi ricavi. Per un'azienda che ha costruito gran parte del proprio impero finanziario sul dominio della pubblicità digitale, questa sentenza rappresenta una sfida esistenziale che potrebbe ridefinire il suo ruolo nell'ecosistema tecnologico globale.
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