Dove avviene l'assemblaggio e test dei chip? Scopriamo come un wafer diventa un processore

Come viene trasformato il wafer nel processore che c'è dentro il nostro PC? Scopriamo insieme a Intel come funziona una fabbrica di Assembly & Test.

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a cura di Marco Pedrani

Managing Editor

Qualche tempo fa vi ho raccontato l’affascinante processo di trasformazione della sabbia di quarzo che sta dietro la creazione di un chip, ma la filiera dei semiconduttori non finisce lì: una volta prodotto, il wafer prosegue il suo viaggio nelle strutture di assemblaggio e test dei chip, dove viene lavorato per dare vita al prodotto finito, il processore che troviamo nei nostri dispositivi. Ma come funzionano le fabbriche dedicate all’Assembly & Test? Scopriamolo.

In poche parole, gli impianti di assemblaggio e test ricevono il wafer, lo tagliano, lo assemblano e infine lo testano: se il processore supera quest’ultima fase viene inviato al cliente finale, che può essere ad esempio un partner che produce computer portatili. Se invece il processore non supera i test viene scartato e analizzato per identificare il problema.

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Un elemento fondamentale da ricordare è che ogni processore ha bisogno di un packaging diverso: un chip consumer come ad esempio Intel Core Ultra, un chip server o un chip grafico hanno tutti packaging diversi, che usano tecnologie diverse, più o meno avanzate. Questo significa che non esiste un processo che “va bene per tutti”, ma in base al prodotto finale, verranno usate tecnologie differenti.

La fase di assemblaggio

Il primo passaggio di questa serie di processi è chiamato Die Prep & Die Sort. Nella prima parte, chiamata Die Prep, i wafer vengono tagliati usando una sega circolare in quelli che conosciamo come die; i macchinari usano un laser per incidere una piccola traccia, dove poi la sega andrà a tagliare. I die vengono poi posizionati su dei vassoi, per una prima fase di test.

A questo punto si passa alla seconda parte, definita Die Sort, dove vengono testate le funzionalità di ogni die. Questo passaggio serve per individuare i die che non funzionano come ci si aspetta, in modo da poterli scartare subito. Tutti i die che superano questo primo test vengono messi in dei nastri avvolti su delle bobine, come se fossero delle vecchie pellicole cinematografiche dove per ogni fotogramma c’è un die.

Queste pellicole vengono trasportate alle strutture di assemblaggio e test per passare alla seconda fase del processo, quella di Assembly. In questa fase, il die viene attaccato al substrato, la parte verde che vediamo nel prodotto finito (vi lasciamo un esempio nella foto qui sotto), in particolari condizioni di pressione e temperatura di modo che il collegamento sia permanente. Dopodiché, si usa della resina liquida per eliminare l’aria rimasta tra il die e il substrato; una volta indurita, questa resina fa anche da colla e contribuisce a migliorare la stabilità fisica del chip.

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Successivamente, vengono sostituite le piccole sfere presenti nella parte inferiore del substrato con l’interfaccia di collegamento usata dalla piattaforma su cui verrà installato il processore: possono essere pin, oppure pad, come quelli presenti sui moderni processori Intel Raptor Lake Refresh, o sulle soluzioni mobile Intel Core Ultra. Se necessario viene installato anche quello che viene chiamato Stiffener, una sorta di frame che migliora la stabilità meccanica del chip; i processori Meteor Lake lo hanno, ma non è presente su tutti i processori.

L’ultimo passaggio della fase di assemblaggio è relativo all’installazione del IHS (Integrated Heatspreader). Si tratta di un elemento presente soprattutto nei prodotti per PC desktop, mentre non viene installato sui processori per computer portatili. In questo processo, viene applicato sul die quello che viene chiamato Thermal Interface Material (TIM), ossia un materiale che favorisce il trasferimento di calore, solitamente una pasta a base d’argento; a questo punto viene installato l’IHS, che si occupa di offrire una zona più ampia per dissipare il calore, migliorando l’efficacia dei dissipatori che usiamo nei nostri PC.

La fase di test

A questo punto il processore è completo ed è pronto per passare alla fase di test. Qui vengono usati dei macchinari appositi che verificano il corretto funzionamento del processore in tutti i suoi aspetti; ad esempio, un macchinario prima esegue dei test elettrici, poi mette la CPU in schede madri vere e proprie, avvia Linux, macOS o Windows ed esegue alcuni test, per assicurarsi che il chip si comporti come dovrebbe. Infine esegue un test chiamato “burn in”, dove spinge il processore ben oltre le specifiche per metterlo sotto stress e verificare se tutto va come previsto. Se anche in questo caso non ci sono comportamenti anomali, il processore è pronto.

E se invece vengono rilevati comportamenti anomali? In questo caso, il processore viene “riciclato” come prodotto di fascia più bassa, poiché buttarlo è solamente l’ultima spiaggia. Per capire se un processore, che non ha superato i test, possa essere riutilizzato, lo si sottopone ai class test; ce ne sono molti, ma il più semplice è sicuramente quello legato alla frequenza.

Tutte le CPU vanno testate per sapere quale frequenza possono raggiungere e, anche se i die provengono dallo stesso wafer, non è detto che raggiungano la stessa frequenza. Un processore potrebbe funzionare senza problemi a 5 GHz, mentre un altro, pur provenendo dallo stesso wafer, potrebbe risultare stabile solamente a 4 GHz. Una volta eseguiti questo e gli altri Class Test, è possibile conoscere il processore che si ha tra le mani: dallo stesso wafer di Meteor Lake potranno uscire, ad esempio, dei Core Ultra 7 e dei Core Ultra 5. Identificate le caratteristiche del processore tramite questi test, vengono incise con un laser sul chip: sono le scritte che vedete sugli IHS dei processori desktop.

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Terminata la fase di test, avviene l’ultimo passaggio: l’ispezione. Si tratta di un processo principalmente visivo, dove delle videocamere verificano l’eventuale presenza di difetti estetici o meccanici. Una volta superato anche questo passaggio, i processori sono pronti per essere spediti.

Giunti a questo punto, la filiera è conclusa: i processori verranno messi su dei vassoi e preparati per essere spediti ai partner, oppure inseriti nelle confezioni per essere poi venduti agli utenti finali.

Le operazioni di assemblaggio e di test potrebbero non essere affascinanti come la produzione dei wafer di silicio, ma sono di importanza fondamentale per la realizzazione dei chip. Intel ha ben quattro grandi impianti, più uno in programma in Polonia. Avere impianti all’avanguardia specializzati in queste operazioni costituisce un grande vantaggio competitivo, sia per la realizzazione dei propri prodotti che per i servizi di fonderia per aziende esterne. Inoltre, soprattutto negli ultimi anni, si è fatto largo il cosiddetto “advanced packaging”, che contribuisce insieme alla miniaturizzazione, ai materiali, alle interconnessioni, all’evoluzione dei chip e l’aumentare dell’efficienza e delle prestazioni. In particolare, nei semiconduttori più avanzati, come quelli richiesti per l’AI. Si prospetta entro il 2030, l’arrivo di semiconduttori che raggiungeranno i 1000 miliardi di transistor in un unico package, proprio grazie all’avanzare di queste nuove tecnologie.

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