INTERVISTA

Computer quantistici: a che punto siamo davvero?

A che punto sono arrivati i processori e i computer quantistici? Lo abbiamo chiesto direttamente a Federico Mattei, Quantum Business Developer presso IBM.

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a cura di Andrea Ferrario

Editor in Chief

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A che punto sono arrivati i processori e i computer quantistici? Dopo quel boom di notizie da parte della stampa di, oramai, qualche anno fa, sembra non facciano più notizia. non per questo, però, la ricerca si è fermata... tutt’altro. Per entrare un pochettino più nella realtà dei computer quantistici e capire veramente a che punto oggi siamo arrivati oggi, ho fatto una chiacchierata con Federico Mattei, che è Quantum Business Developer di IBM, una delle aziende che è impegnata ormai da tempo in prima linea nella ricerca e nello sviluppo dei computer quantistici e che già ha degli esemplari attivi e funzionanti che evolvono giorno dopo giorno.

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Andrea Ferrario
Qual è attualmente lo stato evolutivo della tecnologia quantistica e come ci siamo arrivati?
Andrea Ferrario
Federico Mattei
La teoria della computazione quantistica parte dagli anni 80, quindi è una cosa abbastanza in là negli anni, su stimolo di Richard Feynman, Premi Nobel per la fisica e tanti altri, che si resero conto che i computer tradizionali avevano dei limiti e che magari si poteva provare ad utilizzare altri meccanismi della fisica per fare computazione. 

Nel 2016, per quanto ci riguarda come IBM, più o meno è il periodo in cui cominciano ad apparire i primi computer quantistici funzionanti, quindi ci sono voluti quasi 35 anni per passare dalla teoria alla pratica. Noi come IBM abbiamo deciso sin da subito di metterli a disposizione di tutta la comunità in modalità open access, sia da un punto di vista hardware che poi per il software che è software di programmazione basato su Python che è open source. E quindi da 2016 abbiamo cominciato a rilasciare processori sempre più performanti da un punto di vista del numero dei bit quantistici, o dei qubit come si sente dire, che tendenzialmente vuol dire quanta informazione riescono a processare questi processori. 

Oggi siamo arrivati a processori di una grandezza di oltre un migliaio di qubit per singolo processore. I primissimi, che risalgono a otto anni fa, ne avevano solo cinque per capirci. Un dettaglio molto importante da considerare in questo settore è il campo della qualità. Questi strumenti non sono ancora full tolerant, ovvero non producono dei risultati privi di errore e anche su questo aspetto stiamo lavorando, sia noi come IBM che tutta la comunità scientifica, per la gestione degli errori. Proprio in merito a questo argomento, voglio citare una pubblicazione su Nature, dell'estate scorsa, in cui abbiamo dimostrato che i computer quantistici che già esistono oggi, riescono a utilizzare più di 100 qubit assieme a degli algoritmi di error mitigation, ovvero degli strumenti che permettono di gestire gli errori esistenti nei processori attuali, permettendo di ottenere dei risultati comparabili a quelli che possono essere ottenuti con dei supercomputer che utilizzano algoritmi, così detti, a forza bruta. 

Questa comparabilità è molto interessante perché, da un punto di vista scientifico, ci permette di controllare i risultati di un tipo di computazione con l'altra e, quindi, di avere un controllo incrociato e di andare a fare dei cross-check sui falsi positivi o falsi negativi degli algoritmi di machine learning, come per esempio gli algoritmi di categorizzazione. Noi ci aspettiamo di avere dei sistemi full tolerant nei prossimi 4-5 anni, realisticamente a cavallo fra il 2028 e il 2029, con tutta una serie di rilasci hardware su cui non mi dilungo in questo momento. Quindi questa è un po' la situazione in cui ci troviamo, stiamo correndo molto con lo sviluppo di questi sistemi e il grande traguardo, che per la computazione quantistica si chiama quantum advantage ovvero il momento in cui un computer quantistico insieme a un computer classico permetterà di ottenere dei risultati che non sono raggiungibili in tempi compatibili, con la vita umana, con un solo computer classico anche potentissimo, come per esempio un supercomputer, potrebbe essere un qualcosa che accadrà già magari tra due o tre anni per alcuni algoritmi più semplici. 

L'ultimo parametro su cui è fondamentale misurare questi strumenti, sul quale stiamo spingendo noi come IBM così come tutta la comunità, è quello della velocità di esecuzione. Diversi tipi di tecnologie permettono diversi tipi di velocità di esecuzione, molti tipi di algoritmi che dovrebbero beneficiare dalla computazione quantistica, pensiamo per esempio a quelli di ottimizzazione, quindi l'ottimizzazione di una logistica di furgoncini che deve partire il giorno dopo, l'ottimizzazione di un portafoglio di investimenti di una banca, insomma tutti quei calcoli che devono essere effettuati in un periodo temporale definito, come per esempio la notte. Non posso estendere il calcolo a più giornate perché poi i furgoncini non partono e il portafoglio di titoli non viene negoziato.
Federico Mattei
Andrea Ferrario
Se oggi parliamo di ostacoli tecnici che tutta la ricerca del computer quantistici deve superare, quali sono i prossimi traguardi, le sfide da vincere e le barriere da rompere?
Andrea Ferrario
Federico Mattei
Prima di tutto, tirerei una linea tra ciò che va fatto da un punto di vista hardware e ciò che va fatto da un punto di vista applicativo.  Per quanto riguarda ciò che va fatto da un punto di vista hardware, sicuramente un punto molto importante è legato alla gestione degli errori, perché molti tra gli algoritmi più interessanti richiedono di avere dei qubit logici, quindi dei qubit che permettono di ottenere dei risultati puliti, privi di errore. Quindi, probabilmente, questa è la sfida più importante da superare. Sicuramente bisognerà continuare ad andare avanti sulla scalabilità, quindi sul numero di qubit, adesso siamo intorno al migliaio, ci sono algoritmi molto importanti, storicamente già noti che richiedono milioni di qubit, quindi è ovvio che anche sulla scalabilità bisognerà lavorare tantissimo, anche se le idee sono un po' più chiare su come agire su quel fronte. 

Ovviamente la componente di velocità è molto importante perché fa parte di tutta un'attività di industrializzazione successiva e quindi di messa a disposizione di questi strumenti verso anche delle attività di business che sono tutt'altro che facili. Per quanto riguarda, invece, la componente applicativa, che io non sottovaluterei perché spesso quando ci si concentra sulle difficoltà si pensa, quasi, esclusivamente alla difficoltà dell'hardware, la verità è che se oggi arrivasse una popolazione aliena che cedesse un computer quantistico da 9 miliardi di qubit, secondo me nessuno saprebbe cosa farci. 

Ci sono dei temi importanti per quanto riguarda questo argomento. Partiamo da quello che sembra più semplice e che, in realtà, è una grande sfida, ovvero le competenze. Bisogna creare nuove professioni, di programmatori di computer quantistici praticamente non esistono. Ci vogliono persone capaci di scrivere algoritmi per computer quantistici. Questa è una cosa che non so se tutti sanno, ma è fondamentale averlo ben chiaro, un computer quantistico non è un acceleratore di algoritmi già esistenti, cioè non è una GPU più bella. È uno strumento che funziona in maniera diversa. Il paragone che io faccio spesso, si basa sui mezzi di trasporto e sulla differenza tra una macchina, un treno e un aereo.

Sono dei mezzi di trasporto che funzionano in modo totalmente diverso, con delle leggi fisiche diverse. Chi li conduce ha delle competenze, e delle conoscenze, molto diverse, difatti un macchinista di treno non può essere facilmente riconvertito in un pilota. Quindi il primo punto è costruire le competenze in tempo adeguato, perché la crescita dell'hardware è molto rapida e non è detto che la nostra capacità di produrre competenze riesca a stargli dietro se non ci poniamo la giusta attenzione. Il secondo tema tocca un punto di vista meramente applicativo, ovvero quello a cui sono chiamate le aziende che vorranno per prime poter utilizzare questi strumenti e devono cominciare fin da oggi, prima di tutto, a capire per quali applicazioni, nel loro parco applicativo, potranno beneficiare di un computer quantistico e in quali no.

Poi, magari, tra quelle aziende che ne possono beneficiare, cercare di capire quei tipi di applicazioni per i quali basterà un computer quantistico abbastanza piccolo, poco performante, magari anche affetto da errori, per poter portare un reale vantaggio vantaggio al loro interno, e per quali applicazioni, invece, serviranno dei computer quantistici molto potenti, per i quali magari serviranno ancora dieci anni di sviluppo. Fatto questo bisogna prendere gli algoritmi in cui ci si aspetta di avere un vantaggio prima (i cosiddetti low hanging fruits) e cominciare a lavorarci con delle persone che ripensano, e riscrivono, l'algoritmo per essere pronto a girare su una macchina quantistica. Questo permette di averlo pronto, una volta che ci saranno computer quantistici abbastanza potenti e full tolerant, per poter andare in produzione. Sono due sfide che viaggiano in parallelo, come una gara doppia se posso usare un paragone semplice, e non saprei dire quale delle due sia la più complessa.
Federico Mattei
Andrea Ferrario
Secondo te, quanto l’IA, e l’algoritmo transformer, sono in grado di aiutare e far progredire lo sviluppo dei computer quantistici? E quanto, a sua volta, può l’IA avvantaggiarsi dei computer quantistici per evolvere a sua volta?
Andrea Ferrario
Federico Mattei
Allora... l'una e l'altra lavorano molto insieme. Ricordo che nel 2017 uscì un libro di Dan Brown, Origini, che qualcuno forse l'ha letto, in cui si parlava proprio di un’intelligenza artificiale con alle spalle un computer quantistico. È esattamente quello che ci aspettiamo per alcuni algoritmi di intelligenza artificiale nel futuro. Già sappiamo che potranno portare vantaggio su algoritmi di categorizzazione, dove per categorizzazione si intende la  segmentazione della clientela, così come l’identificazione di anomalie, o il rilevamento delle frodi quando devo andare ad analizzare tutta una serie di transazioni. 

Già sappiamo che il computer quantistico aiuterà l'intelligenza artificiale. Per quanto riguarda, invece, come il computer quantistico aiuterà l'intelligenza artificiale, già ai giorni nostri l'intelligenza artificiale può essere utilizzata per aiutare la computazione quantistica. Già oggi lo vediamo in due ambiti. Specialmente noi come IBM che regolarmente rilasciamo dei tool all'interno di Qiskit, un software framework open source al quale noi contribuiamo da sempre e continueremo a farlo. Il primo ambito è quello che in gergo tecnico si chiama traspilazione. La traspilazione, in un computer quantistico, è simile alla compilazione in un computer classico e significa che chi scrive l'algoritmo lo fa prima sulla carta e poi utilizza la traspilazione per rimapparlo su un processore reale, ovvero dire al processore che le informazioni, e le operazioni, che sono state scritte su carta, devono andare su quello specifico qubit piuttosto che su un altro. 

Questa attività di traspilazione è un'attività di ottimizzazione, come tipo di algoritmo, e già oggi vediamo che utilizzare dei sistemi di intelligenza artificiale per ottimizzare ancora di più questa procedura di traspilazione porta dei vantaggi enormi. Accanto a questo troviamo la generazione del codice, e già oggi abbiamo a disposizione tutta una serie di “code assistant” che permettono, a chi scrive codice, di avere un supporto per compilare gli algoritmi di computazione quantistica sfruttando, per l’appunto, l’ntelligenza artificiale.
Federico Mattei
Andrea Ferrario
Proprio in merito all’IA, possiamo notare come siano aumentati le frodi, gli attacchi informatici e il phishing. Quanti danni potrebbe fare l’IA una volta che acquisirà, perdonami il termine, i “superpoteri’ donatigli da un computer quantistico?
Andrea Ferrario
Federico Mattei
La risposta a questa domanda è legata a qualsiasi tipo di nuova tecnologia che entra nel mercato, o meglio, nell’uso quotidiano di milioni di persone. Per farti un esempio molto banale... nell’età del ferro costruimmo l’aratro... ma creammo anche le spade. Questo per dire che tutte le tecnologie, purtroppo, possono venire utilizzate per diversi fini. 

Come abbiamo visto quello che è successo con l’intelligenza artificiale, anche l’avvento dei computer quantistici porterà grandi vantaggi al business e alla ricerca, specialmente in ambito chimico e farmacologico, permettendo di eseguire rapidamente dei calcoli che oggi è impossibile fare per una mancanza di tempo materiale farli. Il rovescio della medaglia è che questa capacità di calcolo potrà creare dei problemi a tutti quei tipi di applicazioni che sfruttano le debolezze, e le incapacità, dei computer tradizionali. Un esempio fra tutti? La crittografia. I sistemi crittografici sono dei sistemi che utilizzano metodi matematici non violabili da dei computer tradizionali, poiché costringono, proprio i computer tradizionali, a fare dei conti che non sono compatibili con quel tipo di architettura e che richiederebbero milioni di anni per essere completati.

Prendo come esempio un tipo di esercizio che tutti abbiamo fatto, almeno una volta alle elementari o o alle medie, ovvero la scomposizione in numeri primi di un grande numero. Questo è un esercizietto di cui sovente ci dimentichiamo, ma la verità è che tutti gli algoritmi a chiave asimmetrica di tipo RSA, che sono una percentuale altissima di quelli che noi utilizziamo per autenticarci su un portale o per fare delle firme digitali, sono basati su questo sistema. In pratica, ognuno di noi nasconde l propria chiave crittografica personale, all'interno di un numero enorme che nessun uomo, o macchina, è in grado di scomporre. 

Ora conta che già sappiamo, fin dall’oramai lontano 1994 quando ancora i computer quantistici non li aveva nessuno, che esistono degli algoritmi per computer quantistici che permettono di fare la scomposizione in numeri primi, così come la decrittazione di altre tecniche di crittografia, in tempi infinitamente più brevi rispetto a un computer tradizionale. Proprio per questo motivo, numerosi governi i stanno già muovendo da tempo per cercare di identificare degli algoritmi che vengano considerati, come si dice in gergo, “quantum safe”. Da anni si parla di “post quantum cryptography”, ovvero di una crittografia capace di ressitere agli attacchi quantistici. Su questo aspetto molto delicato, sia gli americani, che i cinesi, si sono mossi molto presto. Considera che il National Institute for Standards and Technologies, ha emesso un bando nel 2016, nel 2022 ha identificato quattro algoritmi certificati e, proprio quest'estate, nel 2024, ha rilasciato gli standard di utilizzo di tre algoritmi “quantum safe”. 

IBM, fra l’altro, ha contribuito in maniera fortissima alla realizzazione di questi algoritmi, tant'è che due dei tre algoritmi che sono stati rilasciati, hanno avuto un importantissimo contributo da parte di IBM Research. Quindi si... si sta già lavorando in una direzione che identifichi non solo i potenziali vantaggi portati dai computer quantistici ma, e mi viene da dire soprattutto, agire in anticipo per prevenire tutti i possibili problemi in cui si potrebbe incorrere con un uso malevolo dei futuri computer quantistici.
Federico Mattei
Andrea Ferrario
Vorrei chiederti di fare un salto nel futuro, diciamo fra trent’anni, e dirmi come vedi l’evoluzione dei computer quantistici.
Andrea Ferrario
Federico Mattei
Certo, lasciami tirare fuori la palla di vetro e facciamo lavorare l‘immaginazione, appoggiandoci a quella che è stata la storia. Quando furono prodotti i primi computer tradizionali, si diceva che al mondo sarebbero esistiti al massimo cinque computer... oggi ne abbiamo uno in tasca, uno al polso, alle volte anche due in tasca e uno nello zaino. 

Io azzarderei a dire, e mi sembra abbastanza probabile, che ci aspettano dei salti tecnologici analoghi a quelli avvenuti con i computer tradizionali. Prima c'erano i computer a valvole, poi ci sono stati quelli a transistor e adesso all’interno di un microchip abbiamo una miniaturizzazione enorme. Oggi i computer quantistici sono molto grandi, anche perché molti di questi richiedono un sistema criogenico di raffreddamento molto ingombrante, quindi non è il processore che è grande ma il sistema di raffreddamento che rende impossibile spostarli. Altri richiedono dei banchi ottici molto precisi, e una necessità estrema di stabilità dell'apparato, quindi non sarebbe possibile metterli in una borsa al momento. 

Allo stesso tempo, però, sappiamo che la tecnologia, una volta che vengono consolidate le fondamenta di una nuova tecnologia, perdona la ripetizione, fa dei passi da gigante per migliorarla. La stessa “legge di Moore” ce l'ha insegnato, mostrandoci come, ogni due anni, si raddoppiava la potenza, e quindi anche la miniaturizzazione, di questi strumenti. Noi oggi abbiamo computer quantistici che, principalmente, lavorano in cloud in virtù di accordi specifici con alcune nazioni che, per motivi di sicurezza, preferiscono averli sul territorio nazionale per far sperimentare i propri centri di ricerca e le proprie aziende. Quindi diciamo che “l’averlo in casa”’ in realtà’ è già possibile. Il motivo per il quale lo abbiamo in cloud è che, ad oggi, tutti i processori quantistici, sia i nostri di IBM che quelli di tanti altri produttori, si rinnovano con una rapidità enorme. Noi rilasciamo un nuovo processore all'anno, se non addirittura due. 

Quindi, avere in casa uno strumento del genere, vorrebbe dire continuare a rinnovarlo con una frequenza enorme e, anche per noi, mettere in piedi un'industrializzazione su territorio, e quindi andare a vendere centinaia se non migliaia di questi strumenti, quando poi ogni anno devi rinnovarli, diventerebbe uno sforzo enorme che, invece, preferiamo concentrare nello sviluppo. Quindi, e qui ripeto siamo con la palla di vetro ed è il mio pensiero da persona che se ne occupa da 5-6 anni, e non la strategia di IBM, mi immagino che quando raggiungeremo dei processori che sono in grado di garantire quantum advantage, stabilmente, in alcuni campi, a quel punto probabilmente comincerà ad esserci una linea di produzione di strumenti dedicati per i quali non vedo necessariamente un costo enorme. 

Una volta che si andrà verso l'industrializzazione, e quindi ci sarà un'azienda che stamperà questi oggetti, a parte le materie rare che sappiamo sono sempre più costose, la tematica non crea problemi in quanto tale. Se le tecnologie resteranno quelle che sono attualmente, sicuramente servirà un data center. Però a oggi le richieste per far girare una macchina di questo tipo non sono così speciali.  

Riadattare un data center per ospitare un oggetto di questo tipo in pochi mesi è possibile... averlo sotto la scrivania di casa già lo vedo un pochettino più difficile. Però, ripeto, guardando la storia del computer tradizionale, e per rispondere a una domanda che mi proietta trent'anni nel futuro, non azzarderei affatto a dire che non ne avremo uno sempre con noi.
Federico Mattei
Andrea Ferrario
Allo stato attuale chi sta utilizzando i computer quantistici disponibili? Cioè per cosa vengono utilizzati?
Andrea Ferrario
Federico Mattei
A oggi i computer quantistici vengono utilizzati proprio per fare il secondo “effort” di cui parlavamo all'inizio, ovvero aiutare chi sviluppa software a testare ciò che ha creato e, quindi, cominciare a realizzare delle applicazioni per computer quantistici, potendole poi provare, semplicemente con un subset di dati più piccolo rispetto a quelli che si hanno in produzione. Quindi una grande banca potrebbe decidere di fare un algoritmo di analisi del rischio di un portafoglio titoli, o di ottimizzazione di quest’ultimo, semplicemente andando poi ad analizzare un gruppo di asset che magari sono una decina, sono una ventina, sono un centinaio. 

È ovvio che sto parlando di una ipotetica grande banca che dispone di migliaia, se non milioni, di asset collegati tra loro in maniera molto complessa. Però cominciare a fare questi tipi di prove su un subset più piccolo, permette sia di creare competenze internamente, sia di capire le potenzialità di un software del genere che, nel caso si riveli valido e funzionante, può semplicemente venire messo da parte in attesa che i produttori di hardware producano un computer abbastanza potente da farlo girare ed essere subito i primi ad utilizzarlo. Allo stesso modo, ho citato il settore finanziario che appunto ha molti campi di applicazione sia per quanto riguarda proprio la finanza, quindi diciamo l'analisi del rischio o l'ottimizzazione di un portafoglio, un altro ambito in cui è utilizzato è il machine learning per l'analisi delle frodi. 

Al di fuori di questi campi, troviamo sicuramente la chimica, la quale è un ambito molto importante, probabilmente quello di elezione, visto che proprio la chimica, le molecole e gli atomi, funzionano in base alle leggi quantistiche. Prima citavo la farmacologia, sicuramente andare a studiare le proprietà di certe molecole, che oggi possiamo studiare soltanto con un certo livello di approssimazione, ci permetterà di comprenderle nella loro completezza. Siamo partiti nel 2017 ad analizzare delle molecole minuscole, come quelle dell'idruro di litio che oramai possiamo simulare anche con il laptop che ho di fronte a me, e oggi certi solfuri di ferro si rivelano essere delle molecole un pochettino più complesse, che richiedono una potenza di calcolo completamente differente.

I supercomputer odierni sperimentano una difficoltà di tipo esponenziale quando si vuole scalare su molecole più grandi. I computer quantistici questo non lo faranno e questo è il loro grandissimo vantaggio. L’ultimo punto è quello legato ai sistemi di ottimizzazione. L'ottimizzazione è trasversale a qualsiasi tipo di industria, chiunque fa ottimizzazione. Una scuola elementare fa ottimizzazione dell'orario delle professoresse assegnate alle classi. Non credo che si userebbe un computer quantistico per farlo, ma  citavo prima che può essere sfruttato per ottimizzare una flotta di veicoli che può essere dedicato alla logistica, ma può essere anche una flotta di navi, di aerei, e via dicendo, così come può essere sfruttato per ottimizzare una supply chain. Quindi l'ottimizzazione è veramente trasversale a tantissimi asset. 

Non ho citato, ma ci stanno lavorando molto, le telecomunicazioni con l’ottimizzazione delle celle e la loro disposizione sul territorio, la distribuzione della corrente elettrica o anche dell'acqua e del gas. Come IBM, lo scorso primo ottobre, abbiamo inaugurato in Germania il primo data center quantistico dedicato all'Europa proprio nell'ottica di non far uscire i dati dal territorio europeo. Lì erano presenti T-Systems, Aon, Volkswagen, Bosch e SAP. Settori totalmente diversi dell'economia tedesca, tutti interessati e che, già oggi, collaborano con noi per lavorare sui computer quantistici.
Federico Mattei
Andrea Ferrario
Nell’ambito della ricerca scientifica, abbinare un’IA a un computer quantistico, potrebbe velocizzare tantissimo l’evoluzione scientifica, permettendo di velocizzare mostruosamente tutta quella parte di scoperta proprio in virtù del fatto che l’IA, ragionando in maniera stocastica, propone mille idee che magari all'essere umano non sono venute in mente e di quelle mille, magari, un piccolo subset potrebbe avere un'applicazione reale. Un approccio di questo genere, abbinato alla potenza e alla velocità dei computer quantistici, potrebbe realisticamente far lavorare l'IA tirando fuori dei risultati scientifici capaci di rivoluzionare completamente il mondo?
Andrea Ferrario
Federico Mattei
Sono d'accordo e considera che uno dei campi di ricerca su cui stiamo puntando molto, e su cui IBM Research, il nostro dipartimento di ricerca che ormai ha quasi 80 anni, sta lavorando attivamente, si chiama Accelerated Discovery ed è proprio l'idea di riprendere il metodo scientifico così come lo conosciamo tutti e cercare di capire come può essere amplificato andando a utilizzare gli strumenti di intelligenza artificiale, di quantum computing e di computing distribuito. La combinazione di queste tecnologie può essere utilizzata a supporto della scienza. 

A meno che non ci impigriamo, e questo è un rischio, dobbiamo sempre ricordarci che per quanto riguarda il tema della creatività, questo resta con tutte le tecnologie che vogliamo ad appannaggio dell'essere umano. Quell'ingrediente segreto, che poi possiamo aggiungere alle tecnologie in nostro possesso, è ancora una scintilla tutta nostra. Abbiamo sempre più strumenti a disposizione e, quindi, esattamente come quando è arrivato il telescopio, al posto di guardare soltanto le stelle con gli occhi, si sono aperti nuovi universi, nuove possibilità di conoscere e oggi con questi strumenti abbiamo effettivamente tantissime più capacità di andare a fare delle prove, di andare a fare delle simulazioni. 

Vediamo per esempio un nostro progetto proprio ai laboratori di Zurigo, si chiama Lab That Learns, e permette di collegare robotica e intelligenza artificiale, quindi degli strumenti robotici che automaticamente già sintetizzano le molecole che vengono immaginate da un'intelligenza artificiale, per andarle poi immediatamente a testare. 
Federico Mattei
Andrea Ferrario
Un’ultima domanda: cosa deve fare, o meglio, che percorso deve seguire una persona che vuole lavorare in questo ambiente per diventare parte attiva di questa evoluzione? 
Andrea Ferrario
Federico Mattei
La computazione quantistica è un universo molto ampio, quindi si può decidere di studiare l'hardware, si può decidere di studiare il middleware, il linguaggio di programmazione o si può decidere di studiare la parte applicativa. Ormai si trovano online tantissimi strumenti per ognuna di queste fasce, quindi non è più necessario, come forse lo era nel 2016, essere degli esperti di meccanica quantistica, quindi aver studiato fisica e meccanica quantistica per approcciare questo ambiente. Va benissimo essere degli esperti di informatica che vogliono imparare, esperti di risk management in una banca e volere essere incuriositi a capire come questi algoritmi possano procedere. 

Ci sono, ripeto, tantissimi strumenti, molti di questi open source, noi ne abbiamo realizzati parecchi con IBM, ma poi, seguiti da tantissime altre startup e grandi aziende, abbiamo fatto una grossa politica di democratizzazione in questo ambito. È pieno di tutorial che aiutano a spiegare dall'introduzione base, ovvero cos'è un qubit, fino a approfondimenti molto specifici su algoritmi di intelligenza artificiale a livello universitario. Di questi tutorial YouTube è pieno, ma cito YouTube come esempio di tantissimi altri canali di diffusione. Noi come IBM abbiamo aperto, ormai da tanti anni, un sito di Quantum Learning che è stracolmo di strumenti di education per tutti i livelli di conoscenza. 

La cosa che secondo me fondamentale è che sono a disposizione per tutti, quindi con libero accesso, una serie di strumenti di programmazione pratica possibile sia con tool grafici, quindi che sfruttano un drag and drop semplicissimo anche per gli alunni delle scuole superiori, sia utilizzando il linguaggio di programmazione Python, quindi adatto a qualsiasi persona con un minimo di familiarità con la programmazione. Sono disponibili anche i processori, quindi non solo dei simulatori di computer quantistici ma anche di processori. Noi come IBM abbiamo due processori totalmente open, quindi chiunque può collegarsi e utilizzarli per compiere 10 minuti di calcoli al mese. Non è tantissimo, ma rimane una democratizzazione sulla quale noi crediamo tantissimo, proprio nell'ottica di far emergere i grandi talenti che guideranno questa rivoluzione del futuro. E devo dire che forse in questa fase storica, più che le aziende, più che la politica, sono i ragazzi che capiscono questa cosa.

Sono i ragazzi che, nonostante siano nati all'interno di un'era in cui la tecnologia sembrava tutta già nata, visto ce sono nati già con lo smartphone in mano, all'idea di poter partecipare ad una rivoluzione tecnologica nuova, vengono stimolati. E proprio le date che abbiamo detto durante questa intervista, ovvero tra due anni, tra tre anni, tra cinque anni, sono perfettamente compatibili con il loro percorso di studi, quindi si proiettano molto facilmente in un'ottica in cui quando loro concluderanno il percorso di studi ci sarà una grandissima richiesta di programmatori quantistici, esattamente come oggi c'è una grande richiesta di data scientist o di esperti di cyber sicurezza. Gli strumenti per raggiungere questo obbiettivo, lo ripeto, ci sono tutti e sono quasi tutti, almeno per quanto concerne l'entry level, disponibili a costo zero.
Federico Mattei

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2 Commenti

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C'è molto overhype sul quantum computing, c'è chi straparla di capacità di calcolo quasi infinita, mentre un computer quantistico non è affatto adatto per implementare un gioco come Assassin Creed, dove un computer classico riesce molto meglio.
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Grazie mille, bell'articolo
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