La Papua Nuova Guinea si trova al centro di un acceso dibattito sulla libertà d'espressione dopo che il governo ha improvvisamente bloccato l'accesso a Facebook, la piattaforma social più utilizzata nel paese. L'iniziativa, definita ufficialmente un "test" per contrastare contenuti dannosi come incitamento all'odio e disinformazione, è stata avviata lunedì senza alcun preavviso alla popolazione e si è protratta anche nel giorno successivo, sollevando diverse preoccupazioni. Con circa 1,3 milioni di utenti su una popolazione di 2,6 milioni di persone connesse a internet, Facebook rappresenta non solo un mezzo di comunicazione, ma un vero e proprio forum di dibattito pubblico per questioni politiche e sociali.
Il blocco della piattaforma è stato implementato invocando le leggi antiterrorismo del paese, un dettaglio che ha ulteriormente alimentato le critiche. Il Ministro della Polizia Peter Tsiamalili ha giustificato l'intervento citando la necessità di "regolamentare i contenuti dannosi" ed assicurare un utilizzo responsabile dei social media, enfatizzando come la diffusione incontrollata di fake news e contenuti inappropriati rappresenti una minaccia per il benessere della popolazione.
"Non stiamo cercando di sopprimere la libertà di parola o di limitare i nostri cittadini nell'esprimere i loro punti di vista", ha dichiarato Tsiamalili. "Tuttavia, la proliferazione incontrollata di fake news, discorsi d'odio, pornografia, sfruttamento minorile e incitamento alla violenza su piattaforme come Facebook è inaccettabile."
La decisione arriva in un contesto particolarmente delicato per la Papua Nuova Guinea, dove recentemente si sono verificati episodi di violenza tribale che, secondo il governo, sarebbero stati amplificati dalla disinformazione diffusa proprio attraverso i social media. Già nel 2023, l'esecutivo aveva annunciato un'indagine parlamentare sulla "disinformazione mediatica", segnalando l'intenzione di intervenire sulla questione.
La reazione al blocco è stata immediata: Neville Choi, presidente del Media Council della Papua Nuova Guinea, ha dichiarato al quotidiano Post-Courier che la mossa "sconfina nell'autocrazia politica e costituisce un abuso dei diritti umani". Ancora più duro il deputato dell'opposizione Allan Bird, che ha definito il provvedimento "draconiano" e ha avvertito: "Non c'è limite ai poteri che il ministro della polizia può esercitare in base a questa nuova legge. È una legge draconiana progettata per toglierci le nostre libertà."
Il blackout di Facebook ha colpito duramente anche l'economia locale, in particolare nei settori che dipendono dalla piattaforma per le proprie attività commerciali. John Pora, presidente della Small and Medium Enterprise Corporation, ha espresso preoccupazione per le centinaia di migliaia di lavoratori colpiti e che ora si trovano in una situazione di incertezza, come venditori di automobili e commercianti online.
"Abbiamo alcune centinaia di migliaia di persone nel settore informale che si sentiranno insicure, quindi spero che i sistemi tornino presto online per permettere loro di commerciare", ha affermato Pora, sottolineando l'impatto economico immediato del blocco in un paese dove l'economia digitale stava emergendo come importante opportunità di sviluppo.
A complicare ulteriormente la situazione, l'Autorità Nazionale per l'Informazione e le Comunicazioni Tecnologiche (NICTA) ha rivelato di non essere stata informata preventivamente della decisione governativa, contraddicendo quanto affermato dal ministro della Polizia che aveva sostenuto che il dipartimento appoggiasse l'iniziativa.
La Papua Nuova Guinea non è il primo paese del Pacifico a considerare un ban di Facebook. Nel 2021, le vicine Isole Salomone, sotto la guida dell'ex primo ministro Mannaseh Sogavare, avevano introdotto piani simili per vietare la piattaforma, ma avevano poi fatto marcia indietro dopo le forti proteste pubbliche.
Meta non ha ancora rilasciato dichiarazioni ufficiali sulla vicenda e al momento nessuno sa quanto a lungo durerà questo "test", né quali saranno le prossime mosse del governo del Paese.
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