L'India ha iniziato a imporre una normativa secondo cui i provider di VPN devono conservare un log delle connessioni per un minimo di 180 giorni e di raccogliere e conservare diversi dati sui clienti per ben 5 anni.
Se avete presente i servizi di Virtual Private Network, saprete che i provider migliori applicano una cosiddetta "policy di no-log", ovvero l'impegno a non memorizzare alcuna informazione che possa essere ricondotta a uno specifico utente, inclusi naturalmente la cronologia di navigazione e il log delle connessioni.
Dunque, con questa mossa, probabilmente atta a contrastare la diffusione delle VPN nel proprio territorio, l'India impone ai servizi di VPN di violare la propria policy.
Non sono tardate le prime reazioni, naturalmente: infatti ExpressVPN ha reso noto tramite il proprio blog di aver rimosso i server VPN installati in territorio indiano. Ciò non significa che non sarà più possibile usufruire del servizio in India o ricevere i relativi indirizzi IP, infatti, l'azienda ha solo rimoso i server fisici, mantenendo attivi, però, dei server virtuali, dislocati in Regno Unito e a Singapore che consentiranno comunque di scegliere l'India come posizione server.
La stessa reazione arriva da Surfshark, che ha deciso di chiudere i propri server indiani in risposta a tale nuova normativa. Anche nel caso di questa azienda, il provvedimento riguarda solo i server fisici, mentre quelli virtuali saranno sempre disponibili e anch'essi localizzati in Regno Unito e Singapore.
Attraverso il proprio blog, Surfshark ha commentato così la questione: "Intraprendere un'azione così radicale e con un impatto elevato sulla privacy di milioni di persone in India sarà molto probabilmente deleterio e danneggerà notevolmente la crescita del settore nel Paese. In definitiva, la raccolta di un'eccessiva quantità di dati all'interno del territorio indiano senza adeguati meccanismi di protezione potrebbe determinare l'aumento delle violazioni informatiche in tutto il territorio nazionale".