Si conclude Yellowstone Stagione 4 configurandosi come la stagione della consacrazione per il drama modern western con protagonista Kevin Costner creato, scritto e diretto da Taylor Sheridan (Hell or High Water, Sicario, I Segreti di Wind River) ma anche come una stagione di passaggio e di crescita per una serie che non solo non sembra subire cali ma che si anche è evidentemente trasformata in franchise creando un universo televisivo che vuole capitalizzare tanto sulla componente western tradizionale (il prequel 1883 ambientato appunto nel 1883 e già in onda negli Stati Uniti e 6666 ambientato in Texas e di cui abbiamo avuto un assaggio proprio in questa stagione attualmente in lavorazione).
Anche per Sky e NOW si tratta di una conferma e in un certo senso di una scommessa vinta anzi stravinta: la serie infatti grazie all'ottimo riscontro di critica e pubblico (anche grazie ai passaggi in chiaro successivi sul digitale terrestre) è diventata velocemente una delle proposte di punta del servizio.
Yellowstone Stagione 4: war for territory
Nella nostra recensione dei primi due episodi di Yellowstone Stagione 4 avevamo evidenziato subito come, sin dalle primissime battute, showrunner e sceneggiatori avessero capitalizzato sul cliffhanger della precedente stagione ovvero sull'attacco combinato alla famiglia Dutton in cui sembrava aver avuto la peggio John. Il patriarca della famiglia però era sfuggito per miracolo alla morte e, dopo 60 giorni coma, era pronto a riprendere la battaglia contro la Market Equities e contro l'urbanizzazione della "sua" valle.
Come facilmente intuibile le trame della stagione iniziano a biforcarsi: la lotta di facciata contro la Market Equities fa da contraltare alla ricerca del mandate dell'attentato a John ed ai suoi figli. Tutti hanno ferite più o meno profonde da sanare fisiche, come Beth, ma soprattutto psicologiche, come Kayce che ancora una volta deve affrontare l'insoddisfazione della moglie e del figlio ritrovatisi nel fuoco incrociato.
Neanche al giro di boa di questa quarta stagione avviene però la prima brusca sterzata: scopriamo prima indirettamente e poi direttamente chi è il mandante dell'attentato. Rientra quindi in scena Jaime che cerca di non cedere alla pressione e di non rivelare la notizia appresa quasi per caso e dopo essere stato imbeccato dai Dutton. Ma si tratta di una strada pericolosa che lo porta inevitabilmente a scontrarsi, ancora una volta con la sorella Beth la quale, dopo aver fallito un sabotaggio interno della Market Equities, perde la fiducia del padre.
John tenta di giocarsi il tutto per tutto candidandosi a governatore ma Beth, intuendo la riluttanza del padre, è costretta a giocarsi le ultime disperate carte scoprendo che, ancora una volta, Jaime aveva dimostrato poco polso e aveva cercato di sfruttare tutta la situazione a suo vantaggio anziché quello della famiglia Dutton. Il faccia a faccia finale fra i due è tremendo: Beth infatti mette il fratello adottivo alle strette intimandogli di scegliere se essere definitivamente leale ai Dutton oppure rischiare la vita una volta che la verità sull'attentato venisse rivelata. La scelta di Jaime è sorprendente e inaspettata ma lo è ancora di più il risultato delle sue azioni: i Dutton hanno ottenuto la loro vendetta ma ora dovranno in qualche modo appoggiare Jaime che ha dimostrato seppur a fatica la propria lealtà. È giunta davvero la fine per il ranch e del "dominio" dei Dutton sulla valle del Montana?
Yellowstone Stagione 4: cowboys and robbers
In termini di ritmo e scelte narrative, Yellowstone Stagione 4 serpeggia nervosa per tutti e 10 gli episodi (di durata variabile dai 45 ai 75 minuti) di cui è composta con rarissimi momenti di calma, qualche sequenza in analessi apparentemente solo propedeutica per introdurre lo spin-off 1883 ma che in realtà trovano ragion d'essere nei due episodi finali della stagione, e soprattutto con una serie di dicotomie sia a livello di trame che di contrapposizioni fra personaggi che servono soprattutto a rimescolare una formula vincente e che non deve assolutamente cambiare e donare una nuova prospettiva ad una serie che diviene centro di gravità per altre serie e poco importa se siano ambientate nel passato o in Texas dove tutto sembra simile ma in realtà è molto diverso.
Abbandonando a sorpresa e senza particolare pathos il mistero dietro il mandante dell'attentato ai Dutton, Yellowstone Stagione 4 riprende a macinare subito quello che sa fare meglio in tutto il panorama televisivo attuale: costruire, decostruire, distruggere e costruire personaggi e situazioni. Non siamo più trasportati su binari in cui occasionalmente facevamo tappa in stazioni secondarie come accaduto nelle stagioni precedenti, questa quarta stagione è una romantica e soprattutto malinconica rete che si espande in tutte le direzioni.
In questo senso Yellowstone Stagione 4 si lascia leggere su più livelli: dalla contrapposizione fra progressismo e conservatorismo della battaglia fra la Market Equities e i Dutton alla sua dimensione più intima, con l'introduzione dell'ambientalista Summer (una pedina più importante di quello che inizialmente si lascia intendere) che ci permette di inquadrare John Dutton da una prospettiva inedita ed entrare davvero per la prima volta nella sua psicologia passando da patriarca (e un po' padre-padrone) monolitica a figura crepuscolare in una evoluzione che lo avvicina più a certi personaggi eastwoodiani.
Poi c'è Beth, forse il miglior personaggi della serie, che vive una vera e propria decostruzione in cui il guscio nichilista costruitosi nelle precedenti stagioni si sgretola in questo anelito verso l'idea di famiglia rappresentata dal giovane Carter e che però svanisce scontrandosi con il pragmatismo di Rip e con i valori del padre ma non viene comunque del tutto abbandonata, tornando invece in maniera distorta nel finale.
Si potrebbe procedere così per tutti i personaggi e le varie trame principali o secondarie della stagione, tuttavia è interessante notare l'evoluzione di un personaggio come Jimmy che è passato da avere un ruolo di outsider (e in taluni casi di comic relief pur con le dovute proporzioni date dal contesto della serie) a paradigma del cowboy figura che assume anch'essa toni crepuscolari venati dal rinnovato senso di sacrificio e di quella malinconia che solo l'incredibile colonna sonora country riesce a trasmettere anche allo spettatore meno sensibile al southern way of life che trasuda dalla rinascita del personaggio.
Dal punto di vista tecnico c'è davvero poco da eccepire a Yellowstone Stagione 4 che mantiene inalterato il suo stile sia a livello di fotografia che di regia. C'è forse una maggiore rarefazione in termini di dialoghi e una interazione più essenziale fra i personaggi il che porta ad inquadrature e movimenti di camera più secchi mentre riaffiorano alcuni stilemi che Sheridan aveva già usato in Hell or High Water e Sicario come i controcampi al posto dei piani ravvicinati o ancora la saturazione della fotografia (nelle sequenze in Texas e in quelle finali con protagonista Kayce nel suo rituale di purificazione).
Spazio anche a campi lunghi e lunghissimi di fordiana memoria, all'azione che torna come una fiammata in più di un episodio, e soprattutto ritorna a recitare un ruolo di co-protagonista il paesaggio. Le uniche note che si possono fare a questa quarta stagione sono di carattere meramente narrativo. La prima è legata all'anti-climaticità con cui viene svelato il mistero del mandante, scelta riassorbita subito e in maniera efficace ma comunque un po' spiazzante, mentre la seconda è legata alle brusche sterzate che contraddistinguono gli ultimi tre episodi e che coinvolgono il triangolo composto da John, Beth e Jaime i quali cambiano forse un po' troppo repentinamente considerazione l'uno dell'altra ancora prima che della situazione almeno rispetto alla fitta trama di rimandi costruita nelle precedenti tre stagioni.