Un finale di stagione da pelle d'oca, quello che chiude Westworld 4, e che ci permette di fare il punto su quanto visto. Con il baricentro spostato verso l'inevitabile controllo degli androidi sugli umani, la serie di Lisa Joy e Jonathan Nolan ha finalmente compiuto quell'evoluzione verso un evento forse sempre sotterraneamente preannunciato fin dal primo episodio della prima stagione, ma tanto potente da far convergere ogni cosa verso la chiusura del cerchio. I primi episodi di Westworld 4 ci avevano lasciati, nella nostre prime impressioni, con molte riserve dettate dalla scottatura presa a causa della terza stagione. Tuttavia, quelle che erano state le percezioni positive iniziali trovano in questo finale di stagione una piena conferma e, anzi, la conclusione di Westworld 4 va addirittura oltre le aspettative. Ed ecco perché.
Oltre il muro del sonno
Westworld 4 si compone di 8 episodi, che potrebbero essere identificati in tre tronconi: un incipit rappresentato dai primi 3 episodi; il plot twist centrale che sconvolge gli eventi, che invece è il quarto episodio; e gli ultimi 4 a fungere da evoluzione e conclusione delle complesse vicende. Al termine del terzo episodio avevamo lasciato Caleb e Maeve impegnati a scoprire, ed eventualmente fermare, i piani architettati da Charlotte Hale in combutta con William. Giunto al loro nuovo parco a tema Golden Age, Caleb scopre tuttavia, nel finale dello sbalorditivo quarto episodio (Generation Loss), che i suoi tentativi di distruggere Hale e proteggere la sua famiglia, sono vani: il suo approdo al parco ha solo fatto sì che fosse infettato da un parassita trasmesso attraverso le mosche, in grado di porre gli umani sotto il controllo di Hale attraverso particolari onde sonore e, una volta infettato, Caleb è morto. Ventitrè anni prima.
Mentre la sua coscienza veniva trasferita nel corpo di un residente (quindi un corpo androide) per far sì che Hale portasse avanti i suoi esperimenti sul controllo degli umani, il mondo è cambiato drasticamente nel corso di tutti questi anni. Charlotte Hale ha infatti soggiogato completamente gli uomini, dando la possibilità ai residenti di vivere nelle città divertendosi come gli umani avevano fatto prima con loro: con giochi violenti e mortali. Hale ha anche tenuto in funzione, tuttavia, un enorme impianto idrico per mantenere attivo il luogo verso cui i residenti potranno giungere al termine del loro percorso "fisico": il Sublime. Non sa però, la dispotica residente, che oltre ai ribelli umani che vivono al di là del suo controllo e che sono pronti ad attaccare (quelli definiti "anomalie"), anche quello che lei credeva il suo fedele William potrebbe infine rivoltarsi contro la sua padrona e scatenare la distruzione più totale, verso l'annientamento di ogni forma di vita. Umana e androide.
Intanto Christina, la giovane donna con l'aspetto di Dolores, viene avvicinata da quello che fin dall'inizio abbiamo conosciuto come Teddy Flood (James Marsden), il quale la spinge a poco a poco verso la sconcertante verità. Christina è effettivamente una versione di Dolores e il suo potere all'interno dell'intelligenza artificiale che sta attualmente governando il mondo, fa sì che lei crei delle narrazioni per tutti gli abitanti. La "narratrice" di questo nuovo mondo riuscirà infine a fare ciò in cui Hale ha fallito, ovvero creare un mondo migliore?
Sorprendente come dovrebbe essere
Nella nostra precedente recensione ci siamo chiesti se Westworld fosse riuscita a imparare dai propri errori. Con questa quarta stagione, trasmessa su Sky e NOW in contemporanea con HBO, ha dato prova di sì, compiendo infine quel balzo che avrebbe dovuto compiere probabilmente già subito dopo la seconda stagione. Ciò a cui ci avevano abituato le prime stagioni era, innanzitutto, il costante senso di sorpresa che gli episodi trasmettevano giocando sulla caratteristica di essere una serie "multilivello", complessa e stratificata da lasciare continuamente lo spettatore a riflettere su quanto visto. Westworld 4 torna ai suoi fasti originari, si distacca dalla freddezza della terza stagione e progredisce verso un prodotto non solo visivamente appagante sotto numerosi punti di vista, ma anche ricco di tanti livelli intersecati tra loro, da lasciarci sempre spiazzati e con qualcosa tra le mani su cui pensare.
Westworld 4 si stratifica attraverso l'onnipresente relazione tra uomo e intelligenza artificiale e, per estensione, tra dio e uomo, tra entità creatrici e soggetti creati. Qualcosa che fin dalla prima stagione ha segnato ogni episodio con una linea rosso sangue. Ciò che arriva dai nuovi episodi di Lisa Joy e Jonathan Nolan è tuttavia il ribaltamento dei denominatori in queste equazioni. Non è più l'uomo a trovarsi in una posizione di privilegio, ma l'intelligenza artificiale, che ne controlla ogni aspetto dell'esistenza e addirittura ne costruisce l'identità. Ma soprattutto, dio sembra non essere più un'entità metafisica astratta appartenente a un mondo superno altrimenti inaccessibile se non con la morte. È la stessa intelligenza artificiale a "creare" e muovere gli uomini, viva e presente tra essi, tanto che alcuni tra loro riescono a percepirla, a sentire il potere di una presenza oscura che ne governa le vite lasciandoli solo con una fittizia, simulata idea di libero arbitrio.
Anche l'etica del comportamento umano nell'ambito dello sfruttamento delle risorse, a cui crediamo di poter attingere fino al loro depauperamento, compone i numerosi livelli di Westworld 4, dove il paventato annientamento finale assume la forma allegorica della distruzione che sta rapidamente compiendo l'uomo verso la Terra e per estensione verso sè stesso. Nel loro percorso verso l'autodistruzione, gli uomini di Westworld sono però anche presi costantemente dalla loro ricerca della propria identità: una ricerca che adesso, in Westworld 4, ha "infettato" anche i residenti, i quali confondono le proprie ambizioni più alte con gli istinti più bassi dei loro creatori umani. A sorprendere e spiazzare lo spettatore è qui anche la sfumatura sottile ma profonda come un solco che ormai rende difficile capire dove finisce la coscienza umana e ha inizio quella artificiale e viceversa. I residenti hanno infettato gli uomini con il loro parassita, gli uomini li hanno contagiati a loro volta con le proprie emozioni e anche visivamente ciò è reso dagli spazi scenografici in continuo mutamento, che mostrano ora città evolute, ora luoghi che potrebbero appartenere a un costrutto artificiale senza che possiamo rendercene conto.
È su questo che gioca molto Westworld 4: sul prenderci alla sprovvista a causa della complessità su cui si stratifica, grazie a plot twist scioccanti, rivelazioni, scelte repentine dei protagonisti che talvolta possono essere estremamente umane anche quando si tratta dei residenti. Dopo l'episodio 4 non mancano infatti altri numerosi colpi di scena, fino all'ultima, conclusiva svolta che oltre a rivelarsi sbalorditiva, rappresenta la chiusura di quel cerchio tracciato nel 2016 con la prima stagione di Westworld e che adesso, anche senza quella che è già stata preannunciata come la quinta e ultima stagione, potrebbe essere una degna conclusione senza ulteriori sviluppi.
Ancora un po' di Westworld 4
La quarta stagione della serie di Lisa Joy e Jonathan Nolan non è scevra di difetti come potrebbe apparire. Nella sua evoluzione verso la potente, magnifica chiusura finale, lascia ad esempio alcuni piccoli buchi di trama, quasi come se fossero scelte narrative avviate e poi dimenticate dagli stessi autori. Ad esempio, il fatto che Maeve sia risvegliata dalla sua "morte" perché funga da arma nella lotta contro la tirannia degli androidi verso gli uomini, ma che di fatto non svolge poi infine questo ruolo tanto atteso. Ma anche l'evoluzione della narrazione riguardante Caleb, per il quale vengono smossi mari e monti, benché poi infine sembra che il personaggio concluda il suo percorso con un nulla di fatto, nonostante per lui le aspettative fossero molto alte. Le attese generali però non sono state disattese: Westworld 4 è un prodotto di alto livello, visibile anche nelle scelte grafiche compiute attraverso la CGI e la costruzione di scenari mozzafiato, ma anche in una fotografia che lascia nei dettagli e nei colori gli indizi su ciò che potremmo aspettarci dai personaggi in scena.
Persino l'intro iniziale è un chiaro riferimento a quanto vedremo: l'evoluzione delle immagini ha visto nella prima stagione il cavallo come protagonista, animale domato come lo erano i residenti nel parco; il toro per la seconda, una bestia dal carattere ribelle, raffigurante la ribellione dei residenti; un'aquila è stato il simbolo della terza, metafora della libertà anelata da uomini e residenti; infine la mosca è la protagonista dell'intro di Westworld 4, simbolo del controllo sugli umani come i residenti erano stati egualmente controllati alle origini, ma anche riferimento alla morte. Un cerchio che si chiude attraverso una storia che si ripete.
Bisogna sicuramente avere la pazienza di coglierne la complessità profonda e stratificata, ma il premio finale vale sicuramente molto. Westworld 4 è riuscito infatti a evolversi pur tornando alle origini, riproponendo sequenze ben consolidate dalle prime due stagioni e ricreandole in un mondo diverso. È la perfetta quadratura del cerchio, l'uscita da quel labirinto tracciato da Robert Ford alle origini. In questo reame in cui si parla di coscienza, etica, fede, controllo, Christina/Dolores è la regina assoluta: il personaggio da cui tutto ha avuto inizio e con il quale ogni cosa si chiude, con un'interpretazione da manuale da parte di Evan Rachel Woods che riesce a far tornare la sua Dolores alla caratterizzazione originaria che abbiamo sempre amato e che, se mai dovesse essere prodotta una quinta stagione, ci lascia con una forte garanzia per il futuro.