Se siete appassionati di storie sugli alieni e vi affascinano i racconti extraterrestri mescolati a drammi personali, sicuramente avrete visto la serie tv War of the worlds, il riadattamento sotto forma di serie tv del romanzo di H.G. Wells, riproposto anche da Steven Spielberg nel 2005, con protagonisti Tom Cruise e Dakota Fanning.
E in occasione dell’uscita della seconda stagione della fortunata serie War of the Worlds, disponibile su Disney+ come Star Original, dallo scorso 6 ottobre, vi proponiamo con grande piacere l’intervista in esclusiva che noi di Cultura POP abbiamo rivolto a Léa Drucker, che interpreta Catherine Durand, personaggio di spicco nella serie, e Johnny Capps e Howard Overman, produttori esecutivi di questa serie drammatico-fantascientifica.
Potete vedere tutti i contenuti Disney, Star, Marvel, Star Wars e National Geographic in esclusiva su Disney Plus. Per abbonarvi alla piattaforma potete cliccare qui.
War of the Worlds, l'intervista al cast della serie Disney+
Léa Drucker
Nella serie interpreti Catherine Durand, un personaggio chiave della storia. Com'è stato lavorare sul personaggio?
È stato fantastico per me essere di nuovo nel mio personaggio per la seconda stagione ed essere in grado di vedere cosa le succede e come, quale viaggio sta per attraversare. È stato molto eccitante poter fare di nuovo scene scientifiche, è un linguaggio molto difficile ma anche fare scene molto fisiche e d'azione non è stato semplice. Catherine è un'intellettuale, gettata in situazioni fisiche terrificanti. Quindi, è stato molto interessante e molto nuovo da fare per me. E anche il mio rapporto con Sophia, interpretata da Emilie de Preissac, che interpreta mia sorella nella serie, è stata una storia meravigliosa da raccontare, molto commovente, molto emotiva e molto complessa, con alcuni conflitti e quindi ogni sequenza era qualcosa che non avevamo mai fatto prima. Era tutto nuovo e stava prendendo una direzione con un sacco di scene d'azione e scene spaventose come ho detto, ma anche questioni intime molto profonde, che tutti noi attraversiamo come esseri umani. Quindi, è stato molto interessante.
Pensi che sia possibile parlare di amore e relazioni in questo contesto apocalittico?
Beh, ricordo le conversazioni con i miei nonni che purtroppo hanno passato la guerra e ricordo che mi parlavano molto di come l'amore fosse totale… di quanto forte si manifestasse il sentimento d'amore in tempo di guerra. Erano nella terribile realtà della guerra d’altronde. Questa è fantascienza, ma penso che in quei difficili processi di sopravvivenza, quando sei circondato dalla morte e dalla paura, ti connetti con le persone che ami e cerchi di riparare le cose che forse hai distrutto da solo, o provi a stabilizzare e lavorare su quelle relazioni perché è tutto ciò che ti resta. Ed è questo quello che siamo.
E quanto cambia la psicologia del tuo personaggio nel corso degli eventi raccontati?
Cambia molto. Tutta la sua psicologia, tutto ciò che ha costruito prima nella sua mente, il modo in cui affronterà le cose, sarà completamente diverso. Non posso dire tutto, ma Catherine inizia a credere in cose nelle quali non ha mai creduto prima: nelle relazioni per esempio, ma quelle cose saranno sconvolte e quindi è sempre in conflitto a causa di tutto il lavoro scientifico che ha fatto nella sua intera vita. Catherine è una donna che sta scappando dalla vita reale e rimane sempre connessa con la scienza, le stelle e i pianeti, l'astronomia. E sta cambiando perché sta iniziando a credere di più nelle relazioni, nella vita reale e nelle cose semplici, in persone come sua sorella, l'amore della sua vita, ma il tutto in un'atmosfera molto disperata. Quindi tutte queste cose sono sempre sconvolgenti e in conflitto. E poi si aggiunge anche la fede. Scienza e fede sono sempre state in conflitto e per Catherine è un conflitto molto forte nel corso della serie.
Questo è il tuo primo approccio alla fantascienza. Qual è stato il tuo approccio al romanzo di Wells e al genere fantascientifico, in generale?
Ho letto il libro quando ero molto molto giovane ed è un gran bel libro! È incredibile come sia ancora una visione molto forte perché non è solo fantascienza, è anche filosofia, ci sono molti elementi filosofici. Oggi, con l'adattamento moderno di questa guerra dei mondi, quello che penso sia interessante, è che ora siamo in un mondo molto connesso, siamo totalmente dipendenti dai nostri telefoni, dai nostri computer e improvvisamente, in War of the worlds, tutta la connessione viene distrutta, quindi se i protagonisti vogliono andare a parlare con qualcuno devono raggiungere il posto a piedi, anche se si tratta di un altro paese. Quindi, tutto diventa molto più difficile e sono in un processo completamente diverso. E penso che sia diverso vedere anche come oggi, persone come noi, siano disconnesse dalla tecnologia. Tempi molto terrificanti, direi.
In effetti, in questo periodo di emergenza pandemica, se non avessimo avuto telefoni o computer sarebbe stato impossibile lavorare o incontrare persone. Ultima domanda: durante la tua carriera di attrice hai interpretato ruoli molto diversi e di grande spessore. Qual è il personaggio a cui sei più legata?
Diversi personaggi. Ho fatto un film intitolato, in inglese, Custody about domestic violence, che parlava di una donna alle prese con questa tematica, la violenza domestica, appunto. È stato molto difficile, ha avuto un forte impatto su me stessa, come donna. A volte i personaggi possono cambiare qualcosa di te, le tue visioni, o farti capire cose che non avresti mai capito prima. Quindi direi questo, è stato fantastico.
Johnny Capps
Allora Johnny, parliamo della creazione e produzione di War of the worlds. Qual è stata la parte più difficile da realizzare?
Penso che la sfida, quando abbiamo iniziato War of the worlds, fosse che volevamo assolutamente creare una fantascienza low-fi, volevamo fare un dramma su un'invasione aliena. Volevamo mettere l'umanità in una situazione straordinaria, dando risalto alle azioni dei personaggi e ai loro comportamenti. Quindi nella prima stagione non si vedono mai davvero gli alieni perché la trama era basata maggiormente su come noi umani reagiamo in situazioni straordinarie e quali effetti scatena sulla nostra umanità, come persone, e di come cerchiamo gli amici o ci prendiamo semplicemente cura di noi stessi in quelle determinate circostanze. Penso che quello fosse lo scopo della serie, quindi la sfida nella prima stagione era far sembrare il mondo molto reale e rendere realistici tutti quei momenti dell'attacco e delle conseguenze, essere foto realistici e non avere quel tipo di racconto action tipico di Hollywood. Volevamo che tutto sembrasse reale, quindi penso che sia stata la sfida principale e anche la stessa della seconda stagione: far sembrare il mondo molto reale, far sentire il pubblico come se stesse guardando qualcosa che potesse entrare in risonanza con loro e la loro stessa immaginazione e dar loro modo di riflettere su cosa farebbero se si trovassero in quella situazione. Quindi, alla fine, penso che la sfida fosse raccontare storie a cui il pubblico potesse relazionarsi a livello umano e non lasciare che gli elementi fantascientifici rendessero il mondo troppo “fantastico” da impedire che il pubblico si relazionasse emotivamente davanti al prodotto.
Abbiamo visto i primi due episodi della seconda stagione e il secondo scende molto in profondità a livello psicologico e parla anche di diverse generazioni, abbiamo apprezzato tanto questi diversi livelli di narrazione. Durante la tua carriera hai collaborato alla creazione di tanti mondi fantasy o fantascientifici, perché? Qual è il significato di questo genere per te?
E’ una bella domanda. Penso che noi, voglio dire Julian, io e Howard, abbiamo sviluppato molti show e quelli che vengono sempre commissionati sono quelli che hanno davvero grandi temi al loro interno. E suppongo che mi piaccia davvero. Quello che amo di War of the worlds è quello che ho appena detto, mi piace mettere le persone in situazioni straordinarie e vedere come reagiscono. E penso che questo sia il motivo per cui siamo sempre coinvolti in queste grandi idee audaci. Merlin era una storia di amicizia, di quanto puoi fare per qualcuno e di come affronti il tuo destino. Quindi suppongo che mi piaccia affrontare grandi temi e penso che, come creatore di programmi, sia molto più difficile fare un prodotto di questo genere piuttosto che un pezzo più realistico, naturalistico. War of the worlds è un mondo reale, ma allo stesso tempo presenta creature aliene e il pubblico deve crederci, quindi penso che come creatore di programmi sia una grande sfida. Penso anche di essere attratto da grandi idee e cose che saranno davvero difficili da realizzare.
Puoi dare qualche anticipazione sul futuro di War of the worlds?
Penso che nella seconda stagione il pubblico sarà affascinato dall'apprendere il mistero dietro chi sono gli alieni e cosa vogliono e impareremo la connessione tra Sacha ed Emily e perché sono così importanti per la razza aliena. E penso che vedremo tutti i personaggi spinti sull'orlo di essere messi alla prova, non solo sul loro istinto di sopravvivenza, ma anche su come e chi amano.
Howard Overman
Nella tua carriera ti sei cimentato rielaborando alcune opere letterarie come Dirk gently e War of the worlds, quanto è difficile scrivere una sceneggiatura con un bagaglio così importante?
Penso che non sia stato troppo difficile perché non ho preso solo l'idea di base del libro di un'invasione aliena. Non era un adattamento tradizionale. I tempi erano diversi, la tecnologia era diversa, i personaggi erano diversi, quindi questo mi ha dato libertà e penso anche che si abbia, probabilmente, un grande grado di libertà una volta che il libro diventa di una certa età e ho fatto qualcosa di diverso. Ad ogni modo, quando adatto i libri tendo a provare a elaborare le cose a modo mio. Ma questo è pericoloso perché quando adatti un libro che tutti amano e al pubblico non piacciono i cambiamenti apportati, le persone possono essere molto critiche, ma penso che la nostra versione di War of the worlds si erge a sé stante, come un una specie di storia separata dal romanzo. Quindi non ti senti troppo vincolato e puoi in qualche modo renderlo tuo e fare le cose a modo tuo. Ovviamente Wells era enormemente in anticipo sui tempi e io ho preso in prestito la sua idea, in un certo senso. Quindi sì, penso che non sia difficile quando si ha una certa libertà, perché ci si può allontanare dalla versione dell’opera letteraria.
Oggi le serie televisive stanno diventando il caposaldo dell'intrattenimento, anche per sopperire alla chiusura dei cinema a causa della situazione pandemica. Sono tante le serie tv che ogni giorno vengono caricate online su piattaforme streaming, pensi che queste quantità esagerate di lavoro possano nuocere alla qualità dei prodotti proposti?
Questo non lo so. Penso che ci sia sempre stata una buona e una cattiva tv, a prescindere dall'età. E penso che la gente dovrebbe ricordarsi che è una questione di gusti. Le cose che vengono odiate da alcuni, vengono amate da altri e questo non significa che sia uno show brutto o bello, semplicemente potrebbe non essere di loro gradimento. Penso che a volte le persone si appassionino molto e tendono a definire alcuni prodotti come spazzatura perché non è di loro gusto. Se a qualcuno non piace un prodotto però, non significa che sia meno valido, quindi penso sempre che sia un po' come la musica, ci sono band che la gente ama e band che la gente non ama ed è sempre stato così, ma io non mi sento qualificato per sedermi qui a dire che la qualità è diminuita o aumentata. C'è la tv che mi piace e la tv che non mi piace, non vorrei che smettessero di fare la tv che non mi piace perché ci sono altre persone là fuori a cui potrebbe piacere qualcosa che a me non piace. Penso che il budget e il modo di creare prodotti per la tv ci permette di raccontare storie che non potevamo raccontare in passato e penso anche che le piattaforme di streaming offrano opportunità interessanti in termini di come le persone si approcciano alla televisione. Si possono raccontare storie molto complesse e le piattaforme di streaming permettono di guardare più di un episodio per volta. E il pubblico può decidere di andare avanti e indietro e riguardare alcune scene, quindi penso che ci siano molti tipi di cambiamenti che rendono interessante la forma. Ma non posso dare un giudizio perché penso che tutti quei prodotti siano validi per il semplice fatto che sono prodotti con i quali qualcuno si guadagna da vivere. Se c'è una forte domanda per quel tipo di intrattenimento e le persone apprezzano, immagino che si possa dire che anche se ci sono troppi siti web, piattaforme, e quindi prodotti, la qualità potrebbe diminuire, ma se quei servizi vengono costantemente utilizzati e le persone si divertono, chi siamo noi per esprimere un giudizio?
Anche il target di riferimento è diverso, ed è un bene: perché hai scelto di adattare il romanzo di Wells?
L'ho letto quando avevo 11 o 12 anni ed è un libro che mi è sempre rimasto impresso, è stato il primo tipo di storia su un’invasione aliena e ha sempre riscosso successo con il pubblico nel corso degli anni, sia per quanto riguarda il prodotto di Wells, sia per quello successivo di Spielberg. Avevo comunque un'idea per una storia di invasione aliena nella mia testa che coinvolgesse questi personaggi e poi è uscito il copyright, il che significava che avrei potuto usare il titolo gratuitamente ed è un titolo fantastico, un titolo che, in qualche modo, suscita interesse ed è questo che intendevo dire. Ci sono così tanti spettacoli, che a volte se dici "oh sto facendo una nuova versione della guerra dei mondi" è più facile portare un pubblico rispetto a quando dici "oh sto facendo uno spettacolo chiamato “attacco alieno" di cui nessuno ha mai sentito parlare. Quindi, in un certo senso, sto cavalcando sull’onda del titolo, rendendolo mio e questo tipo di lavoro di adattamento ti apre tante porte e ti consente di realizzare lo spettacolo che avevi in mente senza dover utilizzare un nome anonimo, al quale nessuno potrebbe prestare attenzione.
Secondo te, qual è il segreto di una serie tv di successo?
Un sacco di cose! La scrittura, la regia, la recitazione, la produzione e, le persone non amano ammetterlo, ma c'è anche un alto grado di fortuna e un po' di magia che accade. E a tutti noi piace pensare di poter controllare il risultato e prevedere cosa sarà un successo oppure no, ma la verità è che nessuno di noi può. E so che ci sono stati spettacoli in cui la gente pensava che sarebbero stato grandi flop e invece si sono rivelati enormi successi, perché nessuno di noi sa davvero cosa stiamo facendo. Cerchiamo di fare sempre del nostro meglio e c'è un alto grado di fortuna in questo: tutti possono lavorare davvero duramente e fare del loro meglio e a volte lo spettacolo non funziona; altre volte, invece, si può pensare che sarà un disastro e da questo deriva un enorme successo. Quindi sì, ci sono così tanti elementi e quello fondamentale è la fortuna.
Per te il grande successo come creatore di serie tv arriva con Misfits, quanto sei grato a questa serie tv?
Sono molto grato: mi ha comprato una casa, mi ha permesso di avere una bella vita ed è stato un duro lavoro e mi ha aperto molte porte e, ovviamente, non sapevo all'epoca che avrebbe avuto successo. Come dicevo, alcuni spettacoli hanno più successo di altri e devi solo continuare a fare del tuo meglio, lavorando sodo, cercando di fare cose interessanti e diverse e continuare a sfidarti come scrittore, cercando di arrivare alla fine. Mi è piaciuto molto lavorare con Johnny e Julian che sono gli altri produttori esecutivi e per lavorare bene devi assicurarti di lavorare con persone con cui vai d'accordo e con cui ti diverti. E devi assicurarti anche di non lavorare troppo duramente per non ignorare la tua famiglia e i tuoi amici e tutto il resto, sai, la tv non è l'unica cosa al mondo.
Vi ricordiamo che potete seguire la seconda stagione di War of the worlds ogni mercoledì a partire dallo scorso 6 ottobre su Disney+ come Star Original. Se non siete ancora abbonati alla piattaforma, potete farlo seguendo questo link.