L’arrivo nelle sale cinematografiche di Tenet, il nuovo film di Nolan, ha inevitabilmente riacceso la passione per uno dei caposaldi della fantascienza: il viaggio nel tempo. Che siano letterari, fumettistici o cinematografici, i viaggi nel tempo sono divenuti uno dei temi più cari della narrativa d’anticipazione, venendo anche impiegati non solo come focus della storia, ma anche come strumento per dare vita ad avventure che esulano dal contesto fantascientifico. Il tutto, nell’arco di un secolo di idee e declinazioni del tema che hanno solleticato la curiosità degli appassionati, mentre la scienza continua ad interrogarsi su questa avvincente possibilità. Ma per nostra, fortuna, se non possiamo viaggiare nel tempo realmente possiamo consolarci con le avventure scaturite da quella prima leva abbassata nel 1895 in La macchina del tempo di H.G. Wells.
O almeno, la fantasia collettiva trova in questa opera il punto di partenza di un filone narrativo. Senza nulla togliere alla genialità di Wells, il tema al centro del suo romanzo era già in voga da qualche tempo.
A spasso nel tempo
All’interna della letteratura moderna, un primo esempio di viaggio nel tempo venne immaginato da Samuel Langhorne Clemens, che nel suo Un americano alla corte di Re Artù (1889) inviò Hank Morgan, tramite un misterioso meccanismo chiamato ‘trasmigrazione delle anime e trasposizione di epoche e dei corpi, dal Connecticut nell’Inghilterra del 528 d.C. Sistema ingegnoso, quello ideato da Clemens, che diventerà poi ispirazione per una visione cinematografica moderna del viaggio del tempo, ma che non ricevette al tempo il giusto apprezzamento, venendo offuscato dal più noto Wells, anche se ottenne un tributo d’eccellenza da una delle più amate serie di fantascienza, Star Trek (ma lo vediamo tra poco). Ma il buon Clemens può comunque consolarsi, visto che sotto lo pseudonimo di Mark Twain ha raggiunto la notorietà con i due discoli letterari per eccellenza, Tom Sawyer e Huckleberry Finn.
Clemens, in effetti, non mise il viaggio nel tempo al centro della sua narrazione, ma si limitò a utilizzarlo come espediente narrativo, dandogli una connotazione semplice e più magica che scientifica. Contrariamente a Wells, che invece vedeva nella scienza della fine del ’800 una fonte d’ispirazione incredibile, convinto che fosse solo il primo passo verso una grande rivoluzione scientifica per l’umanità. Una sensazione che lo portò a comporre un racconto, Gli Argonauti del tempo (1888), che diventerà la base di quello che nel 1895 diventa un vero e proprio romanzo, La macchina del tempo.
La peculiare narrativa di Wells, in cui il fantastico trova sostegno nella visione scientifica, consente all’autore inglese di creare la figura di uno scienziato che riesce a costruire una macchina del tempo, che utilizza per viaggiare nel futuro e scoprire cosa accadrà alla razza umana. L’idea fece breccia nell’immaginario collettivo, dando al concetto di viaggio del tempo un risalto incredibile.
Va ammesso che nel periodo in cui Wells realizza questa sua opera, il tema è decisamente caldo. Studi scientifici e filosofici, racconti e romanzi si interrogavano su questa curiosa possibilità, motivo per cui non è proprio corretto attribuire a Wells la paternità di questo spunto letteario, quanto piuttosto riconoscergli di avere dato una prima definizione in ottica scientifica, o meglio fantascientifica, a questo tema. Una cura che ha reso i viaggi nel tempo uno dei grandi temi della sci-fi. Non a caso, uno dei grandi classici dei film di fantascienza esaltò il lavoro di Wells, anche se si dovette aspettare il 1960.
È in quell’anno, infatti, che Rod Taylor intrepreta George Wells, scienziato inglese di fine ottocento che inventa una macchina del tempo, che utilizza per scoprire come sarà il nostro mondo nel remoto futuro. L’uomo che visse nel futuro (The Time Machine) mantiene intatti i punti saldi della narrativa d Wells, arricchendolo però dei temi cari alla narrativa americana del periodo, come la minaccia atomica e i postumi dei conflitti mondiali. Per l’epoca, L’uomo che visse nel futuro fu una meraviglia della regia, realizzata da George Pal, considerato uno dei padri dello stop motion.
Come accaduto decenni prima per il libro da cui trae ispirazione, L’uomo che visse nel futuro divenne un classico dei viaggi nel tempo, declinati nel medium cinematografico. Al punto che nel 2002 venne realizzato un remake, in cui il regista si prese alcune libertà, introducendo l’elemento drammatico e romantico, che vuole lo scienziato in cerca di un modo per tornare indietro nel tempo e salvare la donna amata tragicamente scomparsa. Un’introduzione che consente anche di analizzare l’ineluttabilità degli eventi e le conseguenze dei mutamenti nelle linee temporali, una libertà narrativa che si concede anche perché dietro la macchina da presa sedeva Simon Wells, pronipote dell’autore de La macchina del tempo.
Il senso del viaggio del tempo
Libri, film, fumetti, tutti i media hanno ospitato storie che raccontano i viaggi nel tempo. Il fascino di questa possibilità, ovviamente, ha stimolato gli autori e i lettori, che vedono nel cronoviaggio una sorta di metaforica possibilità di cambiare le proprie sorti. Non è un caso che la maggior parte delle storie veda come punto di origine di questi dislocamenti temporali il futuro. Poter riscrivere il proprio passato cancellando scelte errate è uno dei desideri che abbiamo provato tutti una volta nella vita, e come spesso accade la narrativa interpreta questa speranza dando vita ad una storia che appassioni e coinvolga emotivamente chi la vive.
Ma entrando nel campo della fantascienza, nulla può esser così semplice. Dai paradossi temporali all’ineluttabilità degli eventi, arrivando al concetto di universi multipli generati da cambi nel passato, gli autori non si sono fatti mancare nulla in termini di ostacoli e pericoli per rendere le imprese di loro crononauti delle odissee incredibili. Unendo quelli che sono ipotesi scientifiche a necessità narrative, scrittori e sceneggiatori hanno contribuito a dare ai viaggi nel tempo delle regole, a volte condivise anche tra opere diverse, ma la cui interpretazione è sempre molto libera, alternando un ossequioso rispetto alla volontà di riscrivere tali assiomi per poter dare una svolta ad esistenze piagata da perdite e rimorsi.
Basterebbe pensare al citato remake di The Time Machine (2002), in cui alla storia originale di Wells il pronipote Simon aggiunge l’elemento della morte dell’amata dell’inventore del macchinario. Il suo voler salvare ad ogni costo la donna, infatti, si scontra con nuovi modi in cui il destino lo riconduce sempre a dover rivivere la sua perdita. Il concetto, sostanzialmente, è semplice: il passato non si può cambiare.
Una condanna inevitabile, quindi, ma che non scoraggia i crononauti intenzionati a rischiare tutto pur di salvare un futuro in cui l’umanità è sull’orlo dell’estinzione. Lo abbiamo visto in L’esercito delle dodici scimmie di Terry Gillian, o in serie come Travelers, il viaggio nel tempo è visto non come una meravigliosa avventura bensì come un tentativo disperato per salvare il domani della razza umana. Ma cambiando il passato, si muterà il futuro?
La maggior parte dei casi in cui viene affrontato questo aspetto concordano sul fatto che il passato possa esser cambiato. Nel film di Gillian, ad esempio, Willis contribuisce a dare una speranza alla razza umana, confermando che ha salvato il suo futuro, la sua linea temporale. Esperienza condivisa dagli X-Men in Giorni di un futuro passato, che mandando indietro nel tempo Wolverine riescono a cancellare un futuro inquietante in cui la loro razza è oramai sull’orlo dell’estinzione.
Se la cosa sembra scontata, forse è il caso di ricordare che per altri autori, invece, un cambio di un evento nel passato crea un diverso futuro, rendendo il punto di partenza un futuro passato. Una concezione diversa che si adatta benissimo alla moda del reboot, come dimostrato da J.J. Abrams che nel primo capitolo del suo rilancio di Star Trek (2009) ipotizza un viaggio indietro nel tempo di Spock, con la conseguenza di dare vita ad un universo alternativo che coesiste con quello da cui proviene.
Una scelta, quella di Abrams, che sembra andare in controtendenza rispetto a quanto precedentemente raccontato nella saga di Gene Roddenberry.
Star Trek mostra una certa propensione per i crononauti, dedicando loro ben due film al cinema (Rotta verso la Terra e Primo Contatto) e una nutrita serie di episodi, al punto di dovere creare anche un’agenzia interna alla Flotta Stellare che si occupa proprio di controllare questi strani eventi temporali. Un’affinità, quella di Star Trek con questo tema, che si prende anche il tempo di omaggiare il citato Mark Twain, protagonista di un doppio episodio sui viaggi nel tempo di The Next Generation.
https://youtu.be/iGAHnZ555nIIn tutte queste avventure a spasso nel tempo, Star Trek sembra mantenere un preciso compito: mantenere inalterata la linea temporale. In Primo Contatto, ad esempio, viene fatto di tutto per consentire il primo incontro tra umani e vulcaniani, mentre in Rotta verso la Terra Kirk e compagni usano ogni mezzo consentito per recuperare un preziosissimo esemplare di balena, con una sola regola: non far capire da che anno arrivino.
Verrebbe da chiedersi quale sia, dunque, la vera conseguenza di un viaggio nel tempo. Risposta che spetta sicuramente alla scienza, ma nell’attesa che qualche premio Nobel finalmente inventi il viaggio nel tempo possiamo goderci queste avventure senza interrogarci su chi abbia ragione. Potere della fantasia, o meglio, di una storia ben scritta.
Come viaggiare nel tempo
Parlando di viaggi nel tempo, il primo pensiero va, ovviamente, alla macchina del tempo, considerato lo strumento principale per compiere queste imprese. Potremmo definirlo la Legge di Wells: per viaggiare nel tempo serve assolutamente un dispositivo che dislochi la persona, proteggendola dai pericoli di queste trasvolate temporali.
Inevitabile pensare, a questo punto, alla DeLorean con cui sfidano i pericoli del cronoviaggio Marty McFly e Doc Brown in Ritorno al Futuro, la trilogia di Zemeckis che ha mostrato il lato divertente del viaggio nel tempo. Non mancano altri esempi di macchine del tempo, che si limitano ad inviare i cronoviaggiatori nell'anno desiderato per poi riportarli indietro a missione compiuta, come avviene per i protagonisti di Timeline, ispirato ad un romanzo di Michael Crichton, o al più spaventoso crononauta del cinema di fantascienza, il cyborg modello T-800 interpretato da Schwarzenegger protagonista del ciclo di Terminator.
Che si tratti di una bella auto o di un macchinario ingombrante, è sempre un dispositivo che consente di viaggiare nel tempo. L’idea è comprensibile, per attraversare gli anni e forzare un’accelerazione del tempo o un riavvolgimento dello stesso serve un ‘qualcosa’ di controllabile. Come avevano compreso Zapotec e Marlin, i due inventori della macchina del tempo usata più volte da Topolino e Pippo.
Ma non è detto che il viaggio nel tempo avvenga obbligatoriamente sul piano fisico.
C’è sempre, infatti, la possibilità di riversare una coscienza futura in un corpo del passato. Che si tratti di un macchinario o di un potere mutante, il passato può essere raggiunto riversando la mente di un individuo nel suo sé passato, come visto nel citato Giorni di un futuro passato, in cui la coscienza di Wolverine viene inviata nel suo corpo degli anni ’70 grazie ai poteri di Kitty Pryde.
Nella serie Travelers, i crononauti provenienti dal futuro possono ‘occupare’ i corpi di persone in punto di morte, nel tentativo di salvare la Terra da un’immane tragedia futura. Decisamente meno drammatica è l’esperienza del dottor Samuel Beckett, che nei suoi viaggi nel tempo si trova a invadere il corpo di persone ignare e vivere la loro vita, affrontando le sfide quotidiane di uomini e donne comuni in diverse epoche. Una visione particolare del time travel che ha reso Samuel Beckett uno dei più amati crononauti di sempre, rendendo In viaggio nel tempo (Quantum Leap) una vera e propria serie cult.
Ma si può viaggiare nel tempo solo tramite un’apposita macchina? Seguendo una nostra ipotetica seconda legge dei viaggi nel tempo, che chiameremo Legge di Clemens, in realtà ci sono altre possiblitià. Eventi fortuiti o poteri particolari consentono di viaggiare nel tempo senza problemi, proprio come accaduto a Hank Morgan.
Che è esattamente quanto accade a Massimo Troisi e Roberto Benigni in Non ci resta che piangere (1984), quando in seguito ad un’improvvisa tempesta i due comici si ritrovano catapultati dalla campagna toscana degli anni’80 a quella di fine Quattrocento, un evento incredibile che li porterà a vivere avventure esilaranti che hanno reso questa pellicola un cult del cinema italiano.
Prigionieri del tempo
Se si parla di viaggi nel tempo, non si può dimenticare uno degli elementi più particolari di questo spunto narrativo: il loop. Per loop temporale si intende un percorso circolare in cui ci si ritrovi a rivivere un evento continuamente, ripetendo gli stessi gesti e arrivando ad un particolare istante in cui si torni all’origine di questa circolarità cronologica.
Dal punto di vista narrativo, il loop temporale è stato utilizzato in pellicole come Ricomincio da capo (Groundhog Day) o Edge of Tomorrow. Il fulcro di questa narrazione è il veder il protagonista ripetere una determinata serie di azioni sino al momento in cui concepisce come interrompere questo loop, che sai cambiare un’unica azione o evitare un particolare esito, come la morte. Un espediente narrativo intrigante, che si presta anche ad una declinazione comica del concetto di viaggio del tempo, come accaduto nel nostrano E’ già ieri, remake di Ricomincio da capo con protagonista un divertente Antonio Albanese.
Proteggere il tempo
Se il viaggio nel tempo consente di cambiare il passato, viene da chiedersi se sia giusto farlo. Tralasciando il classico interrogativo sull’uccidere personaggi odiati della storia (‘E se uccidessi Hitler?'), il pericolo teorizzato da molti narratori è che personaggi di dubbia moralità ricorrano al cronoviaggio per le proprie mire, tutt’altro che raccomandabili.
Presupposto da cui sono nate diverse figure di agenti cronotemporali, che hanno trovato spazio in film, romanzi e fumetti. Come il Cronoservizio, creato da Poul Anderson agli inizi degli anni ’50, corpo di polizia temporale che protegge il continuum temporale. Tramite le imprese del cronoagente Manse Everard, americano dell’anno 1954, Anderson ipotizza l’origine di miti e mette il lettore a confronto con difficili scelte morali, oltre a dare una particolare visione del concetto di paradosso temporale.
Una missione, quella di Everard, condivisa da Valerian e Laureline, protagonisti dell’omonima seria a fumetti francese, creata da Pierre Christin e Jean-Claude Méziéres. I due agenti temporali attraversano le epoche e lo spazio cercando di salvare la Terra da incredibili minacce, con una maggior libertà rispetto al loro collega americano, ma vivendo avventure molto più fantascientifiche.
Viaggiare nel tempo con Nolan
Ed ora, tocca a Nolan raccontare la sua idea di viaggio nel tempo con Tenet. Il tema è già stato trattato dal regista in Interstellar, sfruttando il paradosso dei gemelli lego al concetto di viaggio spaziale, dando vita ad una delle più emozionanti storie padri-figli del cinema.
Con il suo ultimo film, Nolan decide di trattare in modo diretto il concetto di time travel, ideando una nuova meccanica del dislocamento temporale, in cui viene ribaltato anche la percezione del viaggiatore, riscrivendo in modo perfetto ed appassionante questo topos della fantascienza.
Per capire come Nolan abbia stravolto il viaggio nel tempo, l’unica possibilità è tornare al cinema dopo mesi di forzata lontananza e godersi Tenet. E chissà che la sua teoria non diventi una delle migliori declinazioni del tema dei viaggi del tempo, ma questo potremo scoprirlo solo in futuro. A meno che qualcuno non faccia un salto avanti nel tempo per scoprirlo, ma attenzione ai Morloch!
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