No, non parliamo dell'omonimo film del 2002 realizzato dal pur bravo Steven Soderbergh ma del capolavoro sovietico originale del 1972 del Maestro Andrej Tarkovskij, tratto dal libro omonimo di Stanislaw Lem. Pubblicizzato come "La risposta della cinematografia sovietica a 2001: Odissea nello spazio", il film in un certo senso offre un parallelo con l'altro capolavoro, parlando anche in questo caso di un viaggio tutto simbolico ed interiore dell'uomo alla scoperta dell'altro, che forse è solo il riflesso dei nostri desideri o delle nostre paure.
Il viaggio spaziale come metafora di quello interiore
Nel film infatti si narra di Kris, esperto di solaristica, disciplina dedicata appunto allo studio di Solaris, un misterioso pianeta ricoperto da un oceano gelatinoso dalla natura incomprensibile, che poi si rivelerà un enorme essere senziente in grado di concretizzare sogni, ricordi e paure delle persone che lo visitano.
Per dominarle? Per spaventarle? Per costringerle a rimanere lì? O semplicemente perché è il suo modo di rapportarsi agli altri? Resterà il mistero attorno a cui ruota tutto il film, metafora dell'inconoscibilità della realtà e del sé.
Tornano qui dunque, anche se con ben altro spessore, alcuni temi già presenti nel seminale Il Pianeta proibito, e che si possono poi ritrovare in titoli più recenti come Sfera del 1998.
Solaris (1972) |