Per gli appassionati di Star Wars, Natale quest’anno è coinciso con il 29 dicembre, con l’arrivo su Disney Plus di The Book of Boba Fett, la nuova serie live action ambientata nella galassia lontanta, lontana con protagonista il celebre bounty hunter mandaloriano. Ricomparso nella seconda stagione di The Mandalorian dopo una lunga latitanza nel Canon, Boba Fett si appresta ora a vivere un nuovo capitolo della sua esistenza, che lo vede come nuovo signore del crimine di Tattooine. Il primo episodio di The Book of Boba Fett, Straniero in terra straniera, è solo un assaggio di quello che potremo aspettarci da questa serie, che sin dalle prime battute promette di risolvere alcuni annosi interrogativi sulle sorti del cacciatore di taglie, scrivendo al contempo il futuro di questo personaggio particolarmente amato dal pubblico.
Una prima puntata, ovviamente, preparatoria, in cui si intende creare un legame sia con quanto visto in The Mandalorian, che con la continuity di Star Wars. The Mandalorian ci ha mostrato come la progettualità di Disney miri a creare contenuti che espandano il mito di Star Wars, dedicandosi a personaggi nuovi, come nel caso di Din Djarin, oppure riservando a volti noti maggior spazio, inserendosi all’interno della trama orizzontale della saga. Uno dei tratti più intriganti di Star Wars, infatti, è la possibilità di emanciparsi dalle figure principali della saga per esplorare questo universo da diverse prospettive, una sfida che è stata raccolta con sicurezza da autori come Dave Filoni e Jon Favreau.
The Book of Boba Fett: l'ascesa a signore del crimine
The Book of Boba Fett rientra a pieno diritto in questa nuova spinta vitale di Star Wars. Come già osservato in merito a The Mandalorian, la possibilità di sfruttare un canale privilegiato come Disney+ consente di esplorare nuove strade e nuovi orizzonti della saga, consentendo agli autori di andare a colmare apparenti vuoti narrativi. The Book of Boba Fett, come precedenti produzioni quali Clone Wars o Rebels, diventa quindi parte integrante di una definizione ulteriore dello spirito di Star Wars, con il valore aggiunto di offrirci il punto di vista di un personaggio iconico, che, per quanto sbrigativamente sfruttato nella Trilogia Classica, ha sempre catturato la curiosità del pubblico.
Sotto questo aspetto, è consigliabile avere buona memoria dell’apparizione di Boba Fett in The Mandalorian. Straniero in terra straniera, infatti, mette subito in chiaro che la sinergia con la lore di Star Wars sarà particolarmente importante in The Book of Boba Fett. Se le imprese di Din Djarin era godibili anche al netto di una conoscenza sopraffina della creatura di George Lucas, il primo impatto con la serie dedicata a Boba Fett non perde tempo a mostrare allo spettatore dei richiami evidenti al passato del personaggio, che non si limitano a esser dei semplici easter egg, ma sono parte integrante della costruzione emotiva del protagonista.
Dal finale, o meglio, dalla scena post credit dell’ultimo episodio di The Mandalorian avevamo visto il redivivo Boba Fett (Temuera Morrison) prendere possesso del trono di Jabba, occupato dal suo maggiordomo Bib Fortuna in seguito alla morte dello hutt in Il Ritorno dello Jedi. Affiancato dalla fedele assassina Fennec Shand (Ming-Na Wen), Boba intende costruirsi un nuovo futuro su Tatooine, come signore del crimine. Una scena che aveva fatto trepidare i fan, mostrando tutto il carisma e la forza di Boba Fett, ribadita anche dall’energico supporto offerto a Din Djarin nel proteggere il piccolo Grogu.
A un anno da quel gesto eclatante, ritroviamo ora un Boba completamente diverso. Centrale, in tal senso, la scelta del titolo, Straniero in terra straniera, riferimento a un celebre romanzo di Robert Heinlein, ma chiave emotiva di questo primo episodio, sviluppato sapientemente da Favreau e Robert Rodriguez su due differenti linee temporali, presente e passato. Sin dalla sua prima apparizione cronologica nella saga, ossia in L’attacco dei cloni, Boba è stato uno straniero, clone di un mandaloriano rinnegato, Jango Fett, rimasto orfano e abbandonato da tutti, e altrettanto facilmente sfruttato nel corso della sua vita, come mostrato nelle serie animate di Star Wars. Ripensando a questo passato di Boba, viene da ripensare a una battuta del suo padre biologico:
“Cerco modestamente di farmi strada nell’universo”
Intento che è sembrato difficile per Boba. In The Mandalorian abbiamo visto come la sua stessa gente, i mandaloriani, non lo consideri parte di una cultura guerriera a cui vorrebbe appartenere, ennesima assenza di una radice sociale e culturale che lo rende sempre uno straniero. Favreau, da buon conoscitore della saga, coglie questo tratto essenziale del personaggio e lo elabora, lo rende centrale nello sviluppo del suo ritorno, che passa dalla ricerca della sua armatura perduta arrivando alla presenza della sua iconica astronave, la Slave I, entrambi centrali nella sua presenza in The Mandalorian.
Lotta per il potere tra le sabbie di Tatooine
The Book of Boba Fett, specie in questa sua prima puntata, sembra fondarsi su questo senso di isolamento, di mancanza di un legame sociale. Favreau riconnette Boba Fett alla continuity di Star Wars giocando mirabilmente su questo concetto di ‘straniero’, visualizzandolo in due diversi momenti della vita di Fett, passato e presente.
Nel passato, ‘straniero’ significa venire accolto in una cultura feroce e sempre giudicata selvaggia in Star Wars, quella dei Tusken (o sabbipodi). Fett si ritrova ospite ‘forzato’ di un clan Tusken, dove l’impossibilità di comunicare e l’ignoranza delle usanze di questa gente lo rende, per l’appunto, uno straniero. Nei flashback di cui è costellato Straniero in terra straniera, apprezziamo la cura con cui questo senso di alienazione culturale viene curato, costruita su una serie di momenti che, a ben vedere, rendono meno potente Boba Fett, costretto ad accettare una realtà meno generosa con lui. Non è un caso che in questi momenti il clone sia privo della sua armatura, viene costretto a fronteggiare questo ambiente ostile spoglio della sua arma principale, mostrando quindi una debolezza fisica che lascia emergere la sua forza interiore.
Nel presente, ‘essere straniero’ diventa la difficoltà di Boba nel comprendere le regole del crimine di Tattooine. Convinto di potersi sostituire facilmente a Bib Fortuna come crime lord planetario, Boba fatica a comprendere come le sue idee e la sua volontà debbano conciliarsi alle usanze e ai giochi di potere locale. Non è un caso che sia la più pragmatica Fennec Shand ad aver compreso come muoversi nel sottobosco criminale di Tatoine, consigliando Boba su quali azioni intraprendere per mostrare la sua forza, ma vedendo il mandaloriano costantemente seguire percorsi più perigliosi.
Straniero in terra straniera è un episodio d’apertura che ci presenta un Boba Fett straordinariamente umano, lontano da quell’immaginario di invincibilità che ci hanno trasmesso le sue precedenti apparizioni. Merito non solo della mai troppo lodata visione di Favreau, ma anche della sensibilità registica di Robert Rodrigruez, che ricrea le atmosfere tradizionali di Star Wars offrendoci scordi familiari che denotano la tradizionale povertà e decadenza di Tatoine. Non è una pura ricerca estetica di Rodriguez, quanto un ricostruire lo spirito autentico dello Star Wars caro ai vecchi fan, in cui si muovono queste due figure estranee intenzionate però a diventarne il fulcro.
The Book of Boba Fett prende quindi il via con un episodio particolare, privo di un vero e proprio cliffhanger per i successivi capitoli, ma che ci consegna un protagonista fragile, angustiato dalle ferite del passato e desideroso di ritagliarsi un posto nella galassia. La presenza di nuove figure, come la seducente Twilek Madame Garcia interpretata da Jennifer Beals, promettono di dare maggior spessore a questo Padrino starwarsiano, che dopo un primo episodio intrigante dovrà raccontare la non semplice ascesa di Boba Fett al rango di crime lord planetario.