Sweet & Sour, recensione del film coreano disponibile su Netflix

Sweet & Sour racconta la storia di un amore sbocciato in un ospedale della Corea del Sud, tra lavoro, il traffico e la vita di coppia.

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a cura di Alessandro Palladino

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La componente romantica nella televisione sud-coreana è un elemento stabile in quello che è il panorama dei drama, anzi spesso è uno dei motivi principali per cui alcuni degli show più famosi sono diventati tali. Del resto non è dissimile da quanto avviene per i film romantici nostrani, ma in Corea spesso si usa accompagnare l’amore con una forte dimensionale sociale che potremo definire molto caratteristica, la stessa che in ogni caso è vivamente sentita nel contesto orientale, visto il delicato (e spesso problematico) bilanciamento tra la propria posizione nel mondo del lavoro o nel quotidiano e la propria vita sentimentale.

Sweet & Sour, film di Lee Gye-byeok uscito di recente su Netflix, è esattamente una di quelle pellicole che descrive l’amore sud-coreano e cosa vuol dire costruire una vita di coppia nello scenario di Seul tra famiglia, lavoro e realizzazione personale. A discapito dell'introduzione che avete appena letto, può sembrare un approccio tutto sommato leggero, e Sweet & Sour lo è del resto, ma sarà il messaggio di fondo a essere l'elemento che potrebbe sorprendervi nel bel mezzo della visione, soprattutto se si parte dal tipico punto di vista esterno di noi occidentali.

Il traffico del cuore

La prospettiva con cui parte il film è tuttavia molto semplice, perfino tenera tutto sommato. I riflettori si illuminano su un ragazzo in carne e sfiduciato nei confronti di una sua possibile vita romantica per via del suo corpo, il quale finisce ricoverato in ospedale per un problema di salute non così grave, sebbene sia trattato da tutti come una sorta di malato contagioso e pericolosissimo. Tutti lo evitano, perfino i suoi amorevoli genitori, tranne la giovane infermiera Da-eun, interpretata da Chae Soo-bin: una stella nascente della TV coreana che ha accumulato alcuni premi per show come Cheer Up!, Strongest Deliveryman e il capolavoro I’m Not a Robot (quest’ultime le trovate su Viki TV).

Il rapporto tra Da-eun e il ricoverato, Hyuk, si rafforza e cresce giorno dopo giorno fino a quando la complicità amichevole dei due non si tramuta in qualcosa di più. Tanto che finito il ricovero Hyuk va a cercarla disperatamente sull’elenco telefonico (sì, esistono ancora) e trovandola i due finiscono per stare insieme e organizzare una vacanza per Natale. Il film poi si sposta di un tempo imprecisato e ci fa vedere un Hyuk che grazie all’amore è dimagrito tantissimo, tanto da cambiare attore e passare a quello effettivamente protagonista della pellicola: Jang Ki-yong, lui ben più rodato di Chae Soo-bin visto che la sua carriera parte dal 2012 come modello ed è esplosa con Confession Couple nel 2018 per poi consolidarsi con show come WWW e il film Bad Guys.

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In Sweet & Sour i due vivono una vita da coppia modello, e una volta dimagrito per amore Hyuk ha raggiunto il successo in un’azienda di progettazione urbana. Carriera importante nel panorama sud-coreano, essendo in costante evoluzione architettonica e l’ammodernamento delle aree urbane è sempre uno sforzo complesso, ma ricercato. Ed è dalla spinta di tale carriera che inizieranno i problemi tra i due, entrambi giostranti nel circo della vita tra ore perse nel traffico, turni impossibili e pressioni sociali di ogni tipo.

Tenendo fede al suo nome, Sweet & Sour è il perfetto bilanciamento tra la parte dolcemente romantica di un amore sbocciato nella sincerità e l’amarezza dei tentativi per tenerlo in vita oltre il sogno fanciullesco. Ogni momento comico ha un retrogusto acido perché per quanto il film vi farà ridere in alcune situazioni, andando avanti con la loro ripetizione diventerà sempre più evidente quanto in realtà per i due protagonisti non sono per niente divertenti. E il simbolo di tutto questo è qualcosa che noi italiani abbiamo in comune con Seul: il traffico.

Hyuk, come ogni lavoratore trasferito in una sede diversa per fare carriera, è destinato a rimanere incolonnato per ore nei principali snodi stradali del paese e inizialmente sembra non pensarci più di tanto. Del resto è uno organizzato e svegliandosi un po’ prima riesce a evitare le colonne di macchine che si creano nell’ora di punta. Ma quando tutto inizia a crollare e il lavoro inizia a essere più esigente in termini di ore, tanto da tenerlo lì anche di notte ed è pratica comune in Corea o in Giappone, allora il traffico non solo si trasforma da battutina sulle persone che si lavano o cambiano in macchina a demone fin troppo comune, ma diventa forse uno dei principali motivi per cui la vita di coppia di Hyuk finisce per incrinarsi.

Sweet & Sour, o meglio Paradossi & Sorprese

Dettagli, cose banali se le vedi così sullo schermo. Non si direbbe mai che una collezione di roba insignificante diventi una spina nel sogno di una coppia che vuole sposarsi e avere figli, argomenti che entrambi assumono una centralità molto più concreta di quella verbale verso la metà della pellicola. Momento in cui Sweet & Sour smette di essere Sweet e passa alla semplice crudeltà, alla banalità di un male sociale che difficilmente si percepisce nascosto com’è dalle convenzioni comuni nei luoghi di lavoro, dai sacrifici necessari per portare la pagnotta a casa e della realizzazione personale messa in discussione da una vita di coppia percepita come asfissiante anche quando è ridotta all’osso.

La bellezza di Sweet & Sour è il riuscire a rimanere su un confine davvero sottile senza mai sfondare nell’uno o nell’altro aspetto, sfruttando la comicità come panacea per i momenti tragici dei due protagonisti. L’assurdo di alcune situazioni, come un litigio nel pieno di una ordinazione al drive-in di un fast food, è un’arma che il regista utilizza per descriverci la natura della coppia alla mano, lasciandoci costantemente nel dubbio se i due si amassero realmente o se fosse solo frutto di una passione durata fino a che il periodo è stato comodo. Per Sweet & Sour l’amore deve saper resistere alla vita o soccomberci terribilmente di fronte a un cinico realismo, il che è una realizzazione particolare se si considera che il mondo del lavoro orientale è più che competitivo e diventa un motivo sufficiente per annullare l’individuo in favore della sua posizione economica. Se da una parte questa è la critica più evidente del film, gli ultimi minuti cambiano completamente le carte in tavola.

In Conclusione

Sweet & Sour è infatti uno di quei film che puoi rivedere due volte: una prima nella totale ingenuità di non sapere ciò che attende nella conclusione e la seconda per rivedere l’intera pellicola in un’ottica completamente diversa, un po’ come Shutter Island. Non vogliamo rivelare nulla di specifico, tuttavia ciò che ha preparato Sweet & Sour per lo spettatore è un qualcosa di talmente inaspettato e ben orchestrato da essere una sorpresa gradita, oltre a essere capace di aggiungere altri spunti di riflessione a una pellicola già carica di significato. Ed è bello quando un film, pur nella sua leggerezza adatta a ogni tipo di pubblico, ti porta a pensare su cosa significa essere parte di un mondo che spesso si scorda dell’importanza dei sentimenti umani.

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