Super Mario: l'idraulico che divenne icona pop

In occasione del suo ritorno al cinema riperccoriamo la storia di Super Mario: l'idraulico nato dai videogiochi divenuto un'icona pop.

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a cura di Manuel Enrico

Quarant’anni passati a saltare su gusci di tartaruga, liberare principesse che inevitabilmente sono in un altro castello e gareggiare in corse automobilistiche ipercinetiche. Ma anche a esser protagonista di operazioni crossmediali, non sempre riuscite, ma comunque parte di un fantastico viaggio che hanno trasformato un personaggio nato come secondario in uno dei protagonisti assoluti della cultura pop. Si potrebbe riassumere così la vita di Mario, meglio noto come Super Mario, baffuto idraulico italoamericano che da decenni è divenuto il simbolo più riconoscibile dell’immenso universo di character di Nintendo.

Non ce ne vogliamo altri volti amati di casa Nintendo, da Samus a Kirby, ma è innegabile che il vero uomo immagine dell’azienda nipponica sia il ‘nostro’ Super Mario. Questo funambolico personaggio è oggi un’icona universale, ogni sua apparizione, ogni nuovo progetto legato alle sue avventure, non ultimo Super Mario Bros. – Il Film, viene accolto con ansia e aspettative dai suoi fan, una schiera di appassionati che ha infranto le barriere generazionali, unendo chi lo ha conosciuto negli anni ’80 con le prime console Nintendo (quante volte abbiamo soffiato nella cartuccia di Super Mario Land, prima di inserirla nel nostro GameBoy?) e chi lo ha incontrato in tempi recenti, in una delle mille declinazioni delle sue incredibili avventure.

Super Mario: storia di un'icona pop, dai videogiochi al cinema

Da Braccio di Ferro a Mr. Video: le insolite origini di Super Mario

Sembra incredibile pensare che il successo di Super Mario sia nato fortuitamente, come piano di riserva per il fallimento del progetto di uno dei mostri sacri del mondo gaming: Shigeru Miyamoto. Il leggendario game designer, infatti, si era ritrovato nel 1981 a dover creare un nuovo gioco che portasse la Nintendo a imporsi come una dei brand dominanti dell’industria videoludica, che proprio in quegli anni stava avviandosi a invadere le case dei giocatori. Il precedente titolo di Big N, Sheriff, non era stato un prodotto particolarmente performante, ma Miyamoto aveva già in mente un progetto che avrebbe spinto Nintendo verso un sicuro successo: Popeye. O Braccio di Ferro, per dirla all’italiana, personaggio particolarmente amato, ma di cui non si riusciva a prendere i diritti, situazione che costrinse a inventarsi una nuova idea.

Da questa empasse, Miyamoto sviluppò l’idea di un gioco con protagonista un altro personaggio divenuto, nei decenni successivi, un volto molto noto del pantheon nintendiano: Donkey Kong. Un gioco tutto sommato semplice, almeno per gli standard odierni, in cui questo scimmione epigono di King Kong lanciava barili contro un altro personaggio, che evitando questi pericoli doveva riuscire ad arrivare vicino allo scimmione e metterlo fuori combattimento. Durante lo sviluppo di quello che poi sarebbe divenuto Donkey Kong (1981), Miyamoto sviluppò diverse idee, passando dall’originale concept di un labirinto alla versione verticale definitiva, intuendo come ci potessero essere diverse azioni che si potevano compiere per evitare un barile, concependo il salto come la reazione più logica. In questa sua trovata, Miyamoto aveva trovato uno dei gesti più iconici del futuro di Super Mario, che in quattro decenni di onorata carriera ha compiuto un’infinita di salti.

In tutto questo, Miyamaoto aveva identificato in Donkey Kong il ‘cattivo’ del gioco, serviva però una figura con cui i giocatori potessero immedesimarsi, e qui Miyamoto ebbe un’intuizione geniale: perché creare un semplice personaggio, se si poteva creare una figura ricorrente? Circoscrivere la vita di questi personaggi a un unico titolo sarebbe stato semplice, ma Miyamato voleva dare ai suoi figli digitali più vita, consentendo loro di tornare in futuro, anche come semplici apparizioni, degli easter egg diremmo oggi. Questa sua concezione lo spinse a idealizzare un antagonista per Donkey Kong che potesse tornare successivamente, lasciandosi ispirare dalla meccanica dei cameo con cui Hitchcock compariva nei suoi film, tanto che inizialmente battezzò questo personaggio come Mr. Video.

Se per Miyamoto il proto-Mario era Mr. Video, la scelta di non dare un nome specifico a questo personaggio fece sì che all’uscita di Donkey Kong nel mercato estero i libretti di istruzione lo identificassero semplicemente come Jumpman (‘l’uomo salto’). Se inizialmente il nostro Super Mario era ancora privo del suo nome, la sua professione era stata invece immediatamente identificata, grazie alla cura con cui Miyamoto aveva immaginato l’ambientazione di Donkey Kong: un cantiere edile.

In un simile contesto non potevano mancare opzioni di personalizzazione di un character, e immaginando questa location si puntò a una delle figure più presenti in simili contesti, tanto che dopo avere pensato a un carpentiere, Miyamoto, su suggerimento di un collega, scelse invece di rendere Mr. Video un idraulico. Da qui, l’idea di spostare l’azione a New York, visto che Nintendo stava mirando a espandersi nel mercato americano, e considerata la presenza dei noti baffoni del personaggio venne presa la decisione (stereotipata, se vogliamo) di renderlo italoamericano. Ripensando a quanta cura venne messa in questa fase di caratterizzazione del personaggio, si possono rivedere tutti gli elementi tipici di quella che sarebbe divenuta in seguito la tradizione videoludica di Mario.

It’s a me, Mario

Se in queste prime fasi era già stato idealizzata il background del personaggio, mancava ora la sua fisicità, il modo in cui i giocatori avrebbero visto questo salterino eroe. Considerati i limiti tecnici del periodo, per dare vita a Mr. Video si optò per la tradizionale salopette da operaio, rossa, e una maglietta blu, aggiungendo il cappello come trucco per non dover pensare a come renderizzare la capigliatura, soprattutto nel momento del salto. Sempre per dare una fisionomia al personaggio con i mezzi del periodo si disegnò il volto con elementi marcati, da cui il naso pronunciato e i folti baffi, che consentivano anche di ‘coprire’ la bocca, aspetto che all’epoca sarebbe stato complicato da gestire per via dei limitati pixel disponibili nella definizione del volto.

Leggenda vuole che se i tratti tipici, per questi abbozzati, del personaggio fossero già noti in questa fase, il nome abbia avuto un excursus più complesso. Durante lo sviluppo di Donkey Kong, il presidente di Nintendo, Minoru Arawa, ebbe qualche screzio con il proprietario della sede americana dell’azienda, tale Mario Segale, che mostrò un carattere fumantino durante queste vertenze, spingendo anche i dipendenti stessi a promettere di pagare l’affitto. Segale divenne quindi una figura nota nel team di sviluppo, tanto che internamente cominciarono a chiamare il loro Jumpman con il nome di Mario. Parrebbe che sia proprio questa l’origine del nome dell’idraulico più famoso del mondo dei pixels, ma se era risolta la questione del nome, più complesso fu stabilire se Super Mario avesse anche un cognome.

La prima menzione del cognome del personaggio non avviene all’interno dei videogiochi, ossia nei libretti che un tempo accompagnavano le confezioni delle cartucce dei giochi, solitamente vere e proprie guide al mito dei personaggi, bensì nel controverso Super Mario Bros, adattamento cinematografico del 1993. Per quanto a partire dal 1989 i videogiochi che videro protagonista Mario e il fratello Luigi fossero stati battezzati Mario Bros., non si era specificato il cognome dei due idraulici newyorkesi, anzi Satoru Iwata, CEO Nintendo, nel 1992 ufficializzò che Mario non aveva un cognome, scelta subito confermata dallo stesso Miyamoto

Questa è una storia curiosa, ma a Hollywood hanno realizzato un film su Mario Bros, qualche anno fa. C’era una scena nella sceneggiatura dove era necessario dare un cognome ai personaggi, e qualcuno suggerì che siccome erano i Mario Bros, il loro cognome dovesse essere Mario. Così lo hanno chiamato Mario Mario. Quando ho sentito questa storia ho riso molto, e questo nonostante sia stato davvero inserito nel film! Stando al film, questo è come è stato deciso il loro cognome, ma in realtà, esattamente come per Topolino che non ha un vero cognome, Mario è davvero soltanto Mario e Luigi solamente Luigi.

Peccato che dopo la morte di Iwata, Miyamoto ritrattò però la sua affermazione durante le celebrazioni del trentennale di Super Mario, nel 2015, sancendo definitivamente il vero nome di Super Mario: Mario Mario. Per la cronaca, il fratello di Mario, Luigi, deve il suo nome a una pizzeria di Redmond che si trovava a pochi passi dalla sede americana della Nintendo: Mario & Luigi’s.

A onore del vero, le origini italoamericane di Mario non sono sempre state un dato assodato, ma sono frutto di una sorta di tratto acquisito. A sollevare questo dubbio è stato in passato Masayuki Uemura, ex dipendente Nintendo e designer del Famicom, che rilasciò una dichiarazione criptica sulla nazionalità del personaggio:

Super Mario Bros non è ambientato in Giappone, tuttavia il protagonista è giapponese. Mario ha un nome che sembra italiano ma non lo è, sono stati geniali nel creare questo enigma, questa ambiguità

Sicuramente il nome di Super Mario ha avuto una genesi complessa, ma c’è un tratto inconfondibile del personaggio che ha contribuito a renderlo un’icona pop: la voce. Pochissimi personaggi del mondo videoludico possono vantare una ‘voce’, un tratto così quotidiano eppure mai pienamente considerato, eppure Mario dal 1992 ha un suo attore vocale dedicato: Charles Martinet. Quando Nintendo decise di realizzare un vero e proprio casting per doppiare il suo personaggio nei primi anni ’90, Martinet era un attore shakesperiano che decise di tentare un’audizione, presentandosi con la sua idea di come dovesse essere un idraulico italoamericano, creando una parlata che unisse la cadenza e la storpiatura vocale delel parlate italoamericane, rese celebri anche da film come Il Padrino, dandogli al contempo una caratterizzazione che andasse oltre lo stereotipo della voce roca, ma usando un tono leggermente più maturo e squillante.

La sua performance fu un successo e lo rese la voce ufficiale di Super Mario, inizialmente come voice over per attrazioni alle fiere del settore, ma solo nel 1995 venne accreditato per la prima volta come voce di Mario in Mario’s Game Gallery, nonostante Martinet sostenga di aver avuto anche delle batture per Super Mario Bros. – The Pinball Game, del 1992. Nonostante una lunga carriera come voce ufficiale di Mario, non sarà Charles Martinet a doppiare il personaggio nel film d’animazione in uscita, ruolo che è stato affidato invece a Chris Pratt, lo Star Lord del Marvel Cinematic Univers.

Da spalla a protagonista

Pur essendo nato come antagonista di Donkey Kong, Mario non ha tardato a diventare uno dei personaggi di punta del pantheon nintendiano. Non prima di avere anche un ruolo da villain, visto che in Donkey Kong Jr (1982), vediamo Mario diventare il cattivo della storia, quando il figlio di Donkey Kong, Jr, decide di liberare il padre dalla prigionia in cui è stato relegato da Mario, dopo gli eventi del precedente gioco.

È tuttavia a partire dal 1989 che inizia la vera carriera da protagonista di Mario, quanto sul NES, console storica di casa Nintendo, arriva Super Mario Bros., primo capitolo della longeva serie che vede protagonista i due idraulici newyorkesi. Seguendo l’approccio delle produzioni del periodo, Mario Bros. rivoluziona le precedenti avventure di Mario, introducendo la meccanica dell’esplorazione di mondi in cui Mario e Luigi diventano i nostri alter ego in un universo fantastico ricco di elementi.

E’ partire da questo titolo che compare la tradizionale narrazione della principessa nel castello, rapito dal perfido Bowser, che diventa il primo villain della saga di Mario. Nel dare vita a questo gioco, si sviluppa anche quella che sarà l’ambientazione tipica della saga, il Regno dei Funghi, in cui compaiono non solo i cattivi sgherri al solo di Bowser, ma anche nuovi amici di Mario, come il dinosauro Yoshi  (vero nome T. Yoshisaur Munchakoopas) o il funghetto Toad. Con l’introduzione della meccanica dei power up, in Super Mario Bros i due eroi possono acquisire dei poteri che li aiutano nella loro quest, un tratto che rimane all’interno della saga in ogni suo capitolo, venendo mutuata anche in titoli che si allontanano dalla tradizione esplorativa del franchise, sposando altre suggestioni, come le serie di Mario Kart o il ciclo di Mario Sports e il più action Super Mario Smash Brawl.

La versatilità di Super Mario fu tale, infatti, che ben presto si svilupparono delle alternative alla tradizionale avventura esplorativa di Mario. Seguendo ispirazioni derivanti da altri celebri giochi del periodo vennero create produzioni che rielaboravano concept differenti sotto l’egida della presenza di Mario, come il Tetris-like Dr. Mario, o realizzando titoli che concentravano l’attenzione del giocatore su altri personaggi della saga, come l’amatissimo Yoshi. Come accennato, il continuo sviluppo della mitologia di Mario, soprattutto con l’avvento di due titoli some Super Mario Land e Super Mario Land 2, diede un incredibile slancio al brand, che arricchendosi di nuove figure, come i doppelganger malvagi Wario e Waluigi, ha consentito a Nintendo di sviluppare degli spin-off che oltre a dare nuova linfa a una narrazione altrimenti sin troppo ripetitiva, ampliava notevolmente il ventaglio di possibilità di sviluppo del franchise.

Da questi slanci nascevano prodotto some Super Mario Galaxy, Super Mario Kart e Super Mario Paper, mentre a ogni successiva generazione di console di Big N veniva riadattati le tradizionali meccaniche della componente esplorativa del franchise per adattarle alle sempre più performanti console da gioco.

Dal videogioco al cartone animato

Nello stesso anno in cui Super Mario Bros. usciva per NES, Nintendo diede vita a uno spettacolo televisivo in cui animazione e live action si fondevano per presentare al pubblico americano questo nuovo personaggio: The Super Mario Bros. Super Show! Programma ibrido in cui una parte di live action, dove Mario era interpretato dal wrestler Lou Albano, veniva utilizzato come lancio per una serie di avventure animate, solitamente introdotte dalla presenza di guest stars (da Cindy Louper a Magic Johnson), che introduceva elementi presi da Super Mario Bros. e Super Mario Bros. 2. All’interno di questo contenitore, andato in onda nell’autunno del 1989, era presente anche un cartone animato di un altro franchise Nintendo molto amato, The Legend of Zelda.

La parte dedicata a Mario si basava sull’idea che, assieme al fratello Luigi, fosse rimasto intrappolato nel Regno dei Funghi dopo avere riparato uno strano tubo, in realtà un passaggio verso questo mondo. Da questo incipit, ogni puntata era anticipata dalla lettura del Plumber’s Log (il Diario dell’Idraulico), una sorte di diario di viaggio in cui Mario raccontava le sue imprese mentre aiutava la principessa Peach e Toad a contrastare il feroce Koopa. Gli eventi, per quanto adattati al medium, erano ovviamente basati su quanto visto nei giochi.

Questa commistione tra segmenti animati e live action non ebbe particolarmente successo, considerato che il pubblico di riferimento, principalmente composto da bambini, era maggiormente interessato alla componente animata. Scelta che portò a sfruttare il lancio del nuovo gioco, Super Mario Bros. 3, per dare nuova linfa a questa dimensione televisiva di Super Mario, dando vita a The Adventures of Super Mario Bros. 3, che fu a tutti gli effetti una serie animata di stampo classico.

Contrariamente a The Super Mario Bros. Super Show!, The Adventures of Super Mario Bros. 3 inizia a mostrare una maggior struttura narrativa, inserendosi all’interno di una meccanica dell’animazione particolarmente presente nel mercato statunitense del periodo: la versione animata di grandi IP. A guidare questa nuova dinamica erano state le serializzazioni animate di The Real Ghostbusters  e Rambo, che avevano mostrato come fosse possibile un processo di crossmedialità coinvolgendo il pubblico più giovane. Dopo la delusione della precedente produzione legata a Mario, con The Adventures of Super Mario Bros. 3 si punta a una trama orizzontale più marcata, con una continuity solida tra i diversi episodi, ma avendo anche una maggior attinenza al prodotto videoludico.

Questa scelta consentì alla produzione di poter introdurre anche la nuova componente della versione in pixel degli eroi, ovvero i celebri power-up, che diventano parte essenziale delle avventure dei personaggi del cartone animato. Un progetto, quindi, più affine al videogioco, che ebbe un discreto successo, venendo trasmesso anche in Italia, dove tutti i 26 episodi furono messi in onda da Italia 1.

Super Mario Bros: Mario e Luigi sul grande schermo

I primi anni ’90 diedero vita a una nuova ricerca di stimoli per il cinema, che si aprì al mondo dell’intrattenimento di massa. Se i fumetti stimolavano i registi a produrre film come The Shadow, Batman e Dick Tracy, non meno importante fu l’impatto del comparto videoludico, che con la sua presenza sempre più dilagante all’intero della quotidianità stava fornendo un terreno fertile per la realizzazione di produzioni crossmediali. Erano gli anni in cui sul grande schermo arrivavano titoli come Street Fighter e Mortal Kombat, ma a guidare questa complessa vena cinematografica fu proprio il buon Mario, che esordì sul grande schermo nel 1993 con Super Mario Bros.

Non è un mistero che Super Mario Bros. fu una vera e propria delusione, tanto che l’interprete di Mario, il compianto Bob Hopskins, non nascose mai di essersi pentito di avere preso a questo film:

La cosa peggiore che io abbia mai fatto? Super Mario Bros, quel film fu un dannato incubo. L’intera esperienza fu un incubo, era diretto da un duo moglie e marito, la cui arroganza veniva confusa con il talento. Dopo un’interminabile lavorazione, un giorno il loro avvocato mi disse di andarmene dal set

Colpa di questo insuccesso fu soprattutto di Nintendo, considerato che quando ricevettero la proposta di portare il loro personaggio di punta sul grande schermo rinunciarono all’idea di avere il controllo sulla realizzazione del film. Convinti che il successo del gioco potesse essere un viatico sufficiente a garantire il sicuro successo, in Nintendo pensarono che questa popolarità consentisse anche di sperimentare con il personaggio lasciandosi suggestionare dai recenti successi del cinema. Al punto che il tipico approccio del gioco non arrivò minimamente al cinema, considerato che sul grande schermo viene portata una storia che, blandamente influenzata dal mondo dei dinosauri presente in Super Mario World, concepisce una trama che risente più dell’immaginario cyberpunk e di opere come Batman o Blade Runner.

Eppure, nonostante questo esito disastroso, il film era partito per essere un blockbuster, tanto che la produzione aveva contattato nomi di spessore per i ruoli principali, interpellando Dustin Hoffman e Danny deVito per il ruolo di Mario, e proponendo a Schwarzenegger e Michael Keaton la parte di Koopa, andata poi a Dennis Hopper, che in quegli anni si apprestava il villain per eccellenza del cinema, da Waterworld a Speed. Alla fine, dopo una lunga trattativa, la parte di Mario venne affidata a Bob Hopskins, che inizialmente era spaventato dall’idea di esser diventato un attore di film per bambini, dopo le sue precedenti prove in Chi ha incastrato Roger Rabbit? e Hook, ma che si rivelò invece un buon interprete per Mario.

Il problema, infatti, non erano gli attori quanto una trama che stravolge in modo inconsulto lo spirito originario del gioco, preferendo adattare la popolarità dei personaggi a una vena narrativa più vicina alle preferenze del pubblico del periodo. Il risultato finale fu infatti un flop commerciale devastante, tanto che Super Mario Bros viene ricordato come no degli esperimenti di crossmedialità più fallimentari, capostipite di un filone cinematografico che negli anni ’90 diede vita a parecchie sperimentazioni in tal senso, tutte ugualmente deludenti.

Super Mario nella pop culture

Difficile non riconoscere a Super Mario lo status di icona pop. Dalla sua prima apparizione in Donkey Kong sino alla sua consacrazione come volto ufficiale di Nintendo grazie alla sua longeva serie di videogiochi, Mario è divenuto uno dei volti più amati dell’industria videoludica, e non solo. Come uomo immagine della Nintendo è stato utilizzato in una miriade di operazioni crossmediali, dai citati film e serie animata, sino alla presenza in pubblicità e campagne sociali, divenendo un volto immediatamente riconoscibile. La sua presenza nell’immaginario collettivo può essere consacrata dall’esser divenuto il primo personaggio di un videogioco ad ottenere una statua di cera nel celebre Hollywood Wax Museum e venire accolto assiemea da altre celebrità videoludiche del calibro di Sonic e Link nella Walk of Games. Non solo simbolo della Nintendo, ma anche un’icona pop rivendicata con orgoglio dal Giappone, che durante le cerimonia di apertura delle Olimpiadi Estive del 2016, il primo ministro Shinzō Abe si presentò alla cerimonia di apertura vestito da Mario.

Meme, immagini fan art e persino una delle più note parodie porno dell’era digitale hanno consentito di rendere Super Mario una figura estremamente iconica, al punto che in un sondaggio fatto negli States nel 1990 risultava che i bambini americani riconoscessero con maggior facilità Mario rispetto a Topolino. Traguardo ragguardevole nella patria del Topo, che nuovamente mostra l’incredibile impatto esercitato da Mario nell’immaginario collettivo, una celebrità che ha consentito all’avventuroso idraulico di avere persino una propria giornata, il Mario Day. Sfruttando la somiglianza tra la data, Mar10, e il nome Mario, i fan del personaggio hanno istituito questa ricorrenza per celebrare il proprio beniamino, un riconoscimento trasformato da Nintendo nel momento perfetto per annunciare, a partire dal 2016, le novità legate al franchise di Mario

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