Con la seconda parte di Et in Arcadia Ego, si è conclusa la prima stagione di Star Trek Picard, la serie di Amazon Prime Video che ha riconsegnato agli appassionati di Star Trek una delle figure più amate della saga di Gene Roddenberry: Jean-Luc Picard. Il capitano dell’Enterprise di The Next Generation è una delle figure cardine dell’universo futuro di Roddenberry, motivo per cui l’annuncio dell’arrivo di una serie a lui dedicata subito riscosse grande interesse.
Un’accoglienza entusiasta motivata anche dalla salute del brand. L’ultima serie in ordine di uscita, Star Trek: Discovery, ha diviso la comunità trekkie, tra chi ha mal tollerato le libertà che si è concessa la produzione di Netflix. Inserita in un contesto storico ben definito, ossia tra Enterprise e la serie classica, Discovery ha avuto il duro compito di inserire eventi che avrebbero dovuto trovare un giusto collocamento all’interno della cronologia di Star Trek. Impresa difficile, con alterni risultati, ma che ha comunque portato alla realizzazione di tre stagioni.
Riportare su schermo il capitano Picard
Picard ha avuto la fortuna di potersi muovere più liberamente. Sono passati diciotto anni dall’ultima avventura di Picard, risalente a Star Trek: Nemesis, pellicola del 2002, per quanto riguarda il comparto cinema serie TV, considerato che Star Trek non ha un canone à la Star Wars, togliendo dal mosaico le opere derivate in cui si è esplorato il futuro di Picard dopo gli eventi di Nemesis (libri, videogiochi, fumetti).
In questa condizione, erano pochi i paletti che la serie Amazon Prime Video doveva rispettare, potendo offrire una narrazione coraggiosa e libera di esplorare nuovi aspetti della Federazione e della vita del fu ammiraglio. Un intento che Michael Chabon, showrunner di Picard, ha cercato di sfruttare al meglio, offrendoci una trama che non fosse solo concentrata sulla figura di Picard, ma che consentisse di sondare anche tematiche più ampie, dal fallimento del ‘sogno’ della Federazione, all’accettazione del diverso sino all’interazione organico-sintetico. Come spunti narrativi, Picard aveva delle ottime premesse, ma i dieci episodi della serie sono riusciti a rispettare questi presupposti?
Il vero scoglio era andare oltre il semplice effetto nostalgia. Rimettere in pista Picard, inevitabilmente, significa creare un forte legame con la serie che lo ha reso celebre, The Next Generation, ma la serie di Amazon Prime Video ha voluto creare una sinergia più completa con la saga di Star Trek, coinvolgendo tutte le serie e i film che la hanno resa uno dei simboli della fantascienza.
Il rischio era che Picard diventasse una fiera della citazione, in cui l’interesse maggiore degli spettatori fosse una caccia all’easter egg, un Ready Player One in salsa trekkie. È innegabile che la presenza di citazioni della saga di Star Trek sia piuttosto marcata, ma era inevitabile, volendo dare struttura e coerenza a questa serie. A tal proposito, se dopo la visione di Picard volete sfidarvi nella caccia alla citazione, ecco quelle che abbiamo trovato noi:
- Episodio 1: Ricordi
- Episodio 2: Mappe e Leggende
- Episodio 3: La fine è l'inizio
- Episodio 4: L'Assoluta Verità
- Episodio 5: Cronache di Stardust City
- Episodio 6: La scatola impossibile
- Episodio 7: Nepenthe
- Episodio 8: A pezzi
- Episodio 9: Et in Arcadia Ego pt. 1
- Episodio 10: Et in Arcadia Ego pt. 2
Queste citazioni sono sicuramente un aspetto affascinante di Picard, che non ha fatto pesare troppo la sua presenza. Non sono mancati casi di forzature, ma nel complesso il citazionismo interno di Picard è stato gradevole, ben diluito e capace di creare il giusto mood per la visione. Una definizione emotiva che ha giocato su più livelli, utilizzando una colonna sonora in cui le musiche tipiche di Star Trek venivano inserite al punto giusto.
I difetti, insomma, erano altrove.
Una trama troppo diluita
La debolezza di Picard è nella trama orizzontale, il file rouge su cui si muove la prima stagione. Il fulcro narrativo è il senso di colpa di Picard per il sacrificio fatto da Data in Nemesis, con cui l’androide aveva rinunciato alla propria vita per salvare quella di Picard in Nemesis. Il finale dell’ultimo film al cinema della linea temporale Prime, infatti, aveva lasciato parecchi dubbi sulle sorti di B-4, il fratello ‘inferiore’ di Data e del suo futuro ruolo all’interno della continuità di Star Trek.
Picard ruota intorno a questo rapporto tra l’ufficiale francese e il suo amico androide. Sfruttando l’evento che ha dato vita alla Kelvin- timeline (i ‘nuovi’ Star Trek al cinema) ed inserendo un duro colpo alla Federazione (una rivolta di sintetici) viene ideato il terreno emotivo ideale in cui inserire la nuova impresa di Picard: salvare una forma di vita artificiale, profondamente legata a Data.
L’impatto emotivo è vincente. La personalità di Picard, invecchiata e amareggiata, viene scossa da quella che l’ufficiale vede come una redenzione. Patrick Stewart non manca di far valere la sua immensa professionalità, mostrando un Jean-Luc ferreo e tenace, capace di accettare le sue debolezze e un suo ruolo ormai marginale rispetto alla sua importanza passata. Stewart incarna tutte queste anime del personaggio, una figura che mantiene il suo fascio e la sua personalità, con poche incertezze.
Ma la solidità dell’interpretazione di Stewart non basta a sostenere un’intera stagione da sola. Le idee alla base sono buone, ma vengono diluite in un arco narrativo di dieci episodi, dilatando troppo gli eventi, che avrebbero avuto sufficiente sviluppo in otto puntate. Il ritmo della storia è ovviamente differente da quello delle precedenti serie, più emotivo e riflessivo, ma in alcuni istanti si ha la sensazione che gli eventi siano eccessivamente lenti, arrancanti, specialmente nei primi episodi, in cui la si prova la sensazione di non arrivare al momento decisivo perché la vicenda prenda vita.
La struttura emotiva della serie è focalizzata in alcuni momenti essenziali, che fortunatamente solo collocati nei giusti frangenti. Dal ritrovare vecchi amici sino al finale, è l’emotività a salvare la serie, una sensazione costruita essenzialmente sulla nostalgia, che ha sicura presa sugli spettatori appassionati della saga, ma che perde di mordente per un pubblico che si approccia per la prima volta a Star Trek.
Non è un caso che i personaggi meglio caratterizzati siano le vecchie conoscenze, capaci di mantenere inalterato il loro fascino e la loro personalità. Riker (Jonathan Frakes), Troi (Marina Sirtis), e Sette di Nove (Jery Ryan) sono perfettamente inseriti all’interno di Picard, svolgono perfettamente il loro ruolo in una trama a tratti confusa, che richiede un’improvvisa accelerazione nella narrazione negli ultimi tre episodi, che non si limitano a concludere la prima stagione di Picard, ma acuiscono la sensazione che manchino un qualcosa, o meglio, che manchino molti dettagli a consolidare la trama.
Dettagli che si sarebbero potuto inserire lavorando meglio sui nuovi volti di Star Trek. L’equipaggio messo assieme da Picard per la sua missione manca di grinta e colore, spesso vincolato a compiere scelte quasi obbligate. Si cerca di inserire dei drammi personali che possano influire sul presente dei compagni di viaggio di Picard, ma tolto il dramma personale di Rios, le vicissitudini personali degli altri personaggi sembrano posticce, inserite a forza per dare colore a figure altrimenti poco incisive, senza ottenere il risultato sperato. Ironicamente, uno dei personaggi meglio valorizzati in fase di caratterizzazione del suo passato, Elnor, si rivela il più insipido negli eventi al centro di questa prima stagione.
Perché guardare Star Trek Picard?
Star Trek Picard, complici questi punti critici, è comunque una serie di Star Trek, senza alcun dubbio. Lo spirito trekkie è presente, sicuramente amplificato dalla presenza dei richiami e di volti noti, ma si respira nel modo in cui vengono veicolati i messaggi morali. L’ultimo episodio in particolare, con il discorso di Picard e lo struggente addio a Data, può esser visto come la chiusura di una storia, l’amicizia di Picard e Data, che attendeva un capitolo finale da quasi vent’anni. È quindi una serie rivolta espressamente ad un pubblico di appassionati, capaci di indulgere su alcune debolezze in virtù di una passione per l’universo narrativo.
E ora finalmente, una volta risolte le questioni in sospeso del suo passato, anche Jean-Luc è libero di poter andare dove nessun uomo è mai giunto prima.
Se volete arrivare preparati alla visione di Star Trek: Picard, il consiglio è di recuperare The Next Generation