Da qui in poi ci saranno diversi spoiler su Spider-Man: No Way Home. Quello che state per leggere non vuole esser una recensione senza spoiler dell’ultimo capitolo delle avventure cinematografiche del Tessiragnatele del Marvel Cinematic Universe, argomento già ben affrontato nella nostra anteprima, quanto un più ampio discorso in merito alle emozioni e alle future evoluzioni del MCU. Perché siamo onesti, oltre al fascino visivo di quanto messo in scena da Jon Watts, è da valorizzare l’incredibile lavoro di Chris McKenna ed Erik Sommers, autori di una sceneggiatura che, pur mostrando uno o due punti poco felici, è riuscita comunque a presentarci un Peter Parker meraviglioso. A ben vedere, Spider-Man: No Way Home è una chiusa eccellente per la prima trilogia solista dell’Arrampicamuri nel Marvel Cinematic Universe, scaturita dopo la sua prima apparizione in Captain America: Civil War.
ATTENZIONE: quanto segue contiene spoiler su Spider-Man: No Way Home
Una vita atipica, dal punto di vista cinematografico. Quasi tutti gli eroi arrivati sul grande schermo, specialmente in casa Marvel, hanno avuto la loro origin story come racconto d’esordio. Che si trattasse del Progetto Rinascita o della disperata da una grotta tra i monti dell’Asia Centrale, i grandi personaggi del MCU sono stati presentati al pubblico dando subito loro una visione completa di ciò che li ha motivati a esser supereroi. Per Spider-Man, al contrario, si è scelto di calarlo in media res, portandolo subito a confrontarsi con i pezzi grossi del mondo supereroico marveliano. Niente male per un adolescente del Queens, che è rimasto enormemente colpito da questo contesto affascinante e avventuroso, finendo per combattere al fianco dei Vendicatori nello spazio, durante Infinity War, per poi tornare un’ultima volta al fianco degli Eroi più Potenti della Terra in Endgame.Spider-Man: No Way Home, la origin story di Parker nel MCU
Esperienza incredibili per il giovane Parker, ma che hanno portato il ragazzo ad avere una percezione distorta del ruolo dell’eroe. Complice la scelta di aver reso il personaggio molto diverso dall’originale cartaceo, evitando di mostrare le sue ben più terrene preoccupazioni, da quelle economiche a quelle sociali, rendendolo più scanzonato e subito bene inserito in una squadra. Con buona pace delle primissime storie che lo vedevano al contrario in cerca di un supporto, conscio di come i suoi poteri non fossero sufficienti a renderlo un eroe. Una visione fresca e attuale, quella dello Spider-Man del MCU, che ha scontentato i fan più intransigenti del Ragno, ma che ha al contempo mostrato come la continuity dell’MCU sia figlia di una progettualità attentamente scandita, come dimostra quanto visto in Spider-Man: No Way Home.
Se ripensiamo all’urlo di Iron Man con cui viene chiamato in causa Spider-Man, alla sua prima scazzottata fatta di battute e irriverenti commenti, rivedere Parker affrontare gli eventi di Spider-Man: No Way Home pare incredibile. Tra questi due eventi, non dimentichiamo, Peter ha affrontato le sue prime sconfitte (Spider-Man: Homecoming), la perdita del suo amato mentore (Avengers: Endgame) e la ricerca di una propria indipendenza come eroe, accettandone il ruolo (Spider-Man: Far From Home). Momenti vissuti con sempre meno ironia adolescenziale e un crescendo emotivo che rispecchia l’adolescente in crescita, che sviluppa una propria consapevolezza, ma che non ha ancora deciso chi sia realmente. L’eredità di Spider-Man: Far From Home è un Parker smascherato, ingiustamente accusato di esser un assassino e messo alla berlina come nemico pubblico.
Il primo segno di una tendenza al ricongiungimento con il suo originale cartaceo. Non solo, ma anche un palese indizio di come le avventure soliste di Spider-Man, culminate con il film attualmente in sala, sia una lunga, origin story divisa in tre capitoli. La più complessa del Marvel Cinematic Universe, dedicata non a caso alla maschera più umana del pantheon marveliano. Un racconto delle origini che vede proprio in Spider-Man: No Way Home il suo momento più drammatico, più identificativo del personaggio. Perché non dimentichiamolo, Peter Parker diventa Spider-Man nella tragedia, nelle perdite. Che si tratti di zio Ben e dei sensi di colpa che ne derivano o che rinnovi il proprio essere Spider-Man promettendo la morte a Goblin dopo che questi ha appena ucciso la sua amata Gwen Stacy.
A mancare al Parker di Holland, sino a oggi, era questo elemento essenziale del Ragno, questa sua vena di dramma. Mancava il definitivo passaggio da ragazzo a uomo, momento centrale nella vera definizione dell’Arrampicamuri, un’assenza che non era stata minimamente supplita dal sacrificio di Stark (sacrificio, non morte violenta, attenzione). Come spesso accade agli eroi Marvel, serviva una ferita lancinante a Peter per divenire definitivamente Spider-Man. E su questo punto, ruota il fulcro emotivo di Spider-Man: No Way Home.
La morte di May, per mano del Goblin del sempre impeccabile Willem DaFoe, è l’istante in cui tutto cambia. Non ci serve vedere la scena del morso, ci basta sentirlo dire da Peter, perché non è quello il momento in cui nasce Spider-Man. Il Tessiragnatele vive grazie a una frase, storica: Da grandi poteri, derivano grandi responsabilità. Nel momento più struggente di Spider-Man: No Way Home questa frase colpisce al cuore, affidata a un Peter roso dall’odio e dalla sete di vendetta. Umana, comprensibile e così vicina al personaggio.
Here comes the Spider-Man
Ma è il momento in cui si decide il futuro di Parker. Cedere al lato oscuro o rinunciare per sempre al suo ruolo di eroe? D’altronde, Strange non manca di far presente al ragazzo una triste verità: avrai sempre problemi, se cerchi di vivere due vite. Idea che nei comics aveva portato alla celebre Spider-Man No More, omaggiata anche in questo film, ma che sul grande schermo porta Peter a voler rinunciare al suo ruolo, solo dopo la vendetta. E qui arriva la poesia dell’arrivo degli altri due Spider-Man cinematografici. Maguire e Garfield sono diversi dal Ragno dell’MCU, nello spirito soprattutto, ma è la loro presenza, la condivisione delle loro difficoltà e delle loro perdite a mantenere saldo Peter, impedendogli di commettere un errore irreparabile, dando voce alla regola aurea di Spider-Man: non si uccide. ‘E’ la nostra etica’ dice Parker Maguire.
Quasi una catarsi del multiverso. I due Spider-Man precedenti che arrivano a fare da fratelli maggiori al piccolo Parker di Holland, lo aiutano a non perdersi ricordandogli chi è, quale sia il suo vero potere. Nel momento in cui completano assieme quella frase che è storia del fumetto, nella disperazione sul volto di Holland, nelle lacrime rabbiose di Garfield e nel volto ancora franco di Maguire, si vedono tutte le sfumature del Ragno. E con una straziante poesia, si concede ai vecchi Spidey la possibilità di far pace con i propri demoni, che si tratti di curare un vecchio amico o di compiere un salvataggio che guarisce ferite che a lungo hanno avvelenato l'anima.
Ecco la origin story di Spider-Man del Marvel Cinematic Universe. Il lutto che strazia l’anima e mette davanti a una scelta, l’accettazione del proprio ruolo, con la consapevolezza dei sacrifici richiesti per mantenere fede al proprio impegno, alle proprie responsabilità. In Spider-Man: No Way Home, troviamo all’inizio un ragazzo genuinamente buono al punto di esser ingenuo, ma alla fine ci viene consegnato un uomo consapevole, pronto al sacrificio in nome della sua missione. Non c’è più il Bimbo Ragno, ma Spider-Man, niente più tute hi-tech, bensì un costume semplice, che anche visivamente richiama al Ragno fumettistico di Ditko, quello più puro e autentico. Curioso, come in questi tre film i momenti più identificativi e simbolici dello spirito di Spider-Man si rivolgano sempre a Ditko, non è vero?
Dopo Spider-Man: No Way Home, non avremo più il Parker scanzonato e adolescente. La sua tomba è fatta dalle macerie di un palazzo crollato e dalle lamiere di uno scudo che ricorda un’altra perdita dell’MCU. Dalle ceneri del ragazzo è risorto un uomo, pronto a divenire una delle figure centrali di questo universo supereroico, una nuova visione del personaggio che si avvicina in modo inconfondibile alla sua controparte cartacea.