Spider-Man: Far From Home, recensione senza spoiler

Spider-Man: Far From Home è il primo film dell'era post-Endgame, e racconta di un Peter Parker alle prese con il retaggio del suo mentore, Tony Stark, in una avventura in giro per l'Europa.

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a cura di Raffaele Giasi

Senior Editor

ATTENZIONE: in questo articolo non troverete spoiler sulla trama di Far From Home, ma è decisamente impossibile parlarne senza conoscere le conseguenze di Avengers: Endgame. 

Tony Stark è morto, e con lui Iron-Man. Il mondo, a questo punto, si domanda chi prenderà il suo posto. Se esisterà, cioè, qualcuno che possa difendere la Terra dalle minacce che provengono da chissà dove, pronte a distruggere l'umanità.

È un'umanità che è andata avanti, quella di Spider-Man: Far From Home. Che ha fatto i conti con la strage perpetrata da Thanos (il “blip” viene chiamato nel film), e che per questo vive in una sorta di ansia nascosta, con cui cerca di fare i conti nel tentativo di andare avanti.

I ragazzi della scuola di Peter si chiedono, giustamente: “e se dovesse accadere di nuovo?”, ed è ovvio pensare che siano percorsi da un brivido, pensando ad una Terra che ormai sembra sempre sull'orlo di essere invasa o distrutta. Sono passati 5 mesi dagli eventi di Avengers Endgame, e la ferita è ancora dolorosa. Metà della popolazione è rimasta sospesa nel tempo per 5 anni, ed ora fare i conti con chi invece è rimasto sulla Terra, ed a suo modo è andato avanti, è difficile.

Ecco perché Peter, ancora sofferente per la morte del suo mentore, sente il bisogno di staccare un po', di recuperare in qualche modo il tempo che ha investito nei panni del supereroe, e riprendere le redini della sua vita da teenager, con il suo amico di sempre, Ned, e per la prima volta a confronto con una cotta troppo grande da gestire, quella – ovviamente – per Mary Jane. Il pretesto? Una gita scolastica all'insegna di un'estate in Europa. Un momento che dovrebbe permettergli di mettere in pausa la vita da supereroe, salvo trovarsi nel bel mezzo di una richiesta diretta dello S.H.I.E.L.D. che, di nuovo capitanato da Nick Fury, deve fare i conti con una drammatica emorragia di eroi.

Qui c'è il primo guizzo di Far From Home: essere un film in continuity, ma che per quella continuità narrativa investe poco, pochissimo del suo minutaggio. Certo non mancano continui riferimenti alla morte di Tony Stark, al suo retaggio (che è poi il tema centrale del film) ed all'ansia nascosta del genere umano, che ormai vede persino lo stoico Nick Fury, in qualche modo, bisognoso di riprendere in mano la propria vita. Ma la direzione della pellicola resta un'altra, ed è giusto che sia così.

Far From Home è infatti un film su Spider-Man, che anzi recupera gran parte della sua filosofia dal primo Iron-Man, con cui – per altro – condivide persino la struttura di alcune scene, come a sottolineare che proprio Spidey è l'erede di Tony Stark, quasi fosse una versione alternativa di Iron Lad, o di qualunque altro “giovane Iron-Man” sia stato partorito dai fumetti.

Per fortuna non è così, ed anzi il Peter di Tom Holland resta in qualche modo largamente fedele alla sua controparte fumettistica, almeno sotto il punto di vista filosofico: un giovane eroe, sempre e comunque fuori posto, che fatica a fare i conti con la propria vita e con le responsabilità dell'essere un supereroe. Un ragazzo di 16 anni che deve scontrarsi, per forza di cose, con le sue responsabilità, rispondendo spesso con tanta buona volontà, altre volte con una certa indolenza, dovuta allo stress, ed alla fatica di raccapezzarsi con l'ingombrante figura di Stark.

Spider-Man: Far From Home è intelligente da questo punto di vista, perché non si sforza troppo di propinarci un Iron-Man 2.0 (nonostante le diverse, succitate, citazioni), né cerca di uscire troppo fuori dai canoni del tessiragnatele. Certo, non c'è New York, ma l'idea di uun trip movie adolescenziale con venature spinte da cinecomics funziona, complice anche la grande caratura del cast, con un Tom Holland che, ormai, ha già interpretato Spider-Man più volte di qualunque altro attore, e si vede.

A supporto, però, c'è anche l'ottimo lavoro di Jake Gyllenhaal, personaggio propostoci come un reduce dimensionale di una realtà che è stata, purtroppo, distrutta da una gravosa minaccia: dei giganteschi mostri elementali.

Proveniente da Terra-833 (simpatica, per altro, la numerazione della nostra terra, che mantiene il classico “616” ereditato dai fumetti), il Mysterio di Jake Gyllenhaal è forse uno dei personaggi più affascinanti degli ultimi anni di Marvel Studios. Gyllenhaal, ancora una volta, si dimostra un ottimo caratterista, e un attore con tutti i crismi, capace di adattarsi più che bene ai diversi ruoli della sua carriera, ben inteso che certamente questo non è il più complesso che abbia mai affrontato.

Il suo Quentin Beck, aka Mysterio, è un personaggio complesso e controverso, che resta, nonostante tutto, estremamente fedele alla sua controparte fumettistica. Certo, alcune situazioni relative la sua evoluzione nel corso della pellicola sono un po' telefonate, ma nel complesso tutto funziona a dovere, ed anzi, le scene che mettono al centro i suoi “poteri magici” sono tra le migliori dell'intera pellicola.

Tutto, poi, diventa ancora più interessante quando in dirittura d'arrivo il film esplode in una, neanche troppo, sommessa critica al supereroismo in sé. A ciò che comporta essere, e o voler essere un supereroe, il che – a memoria – non era ancora mai accaduto in un film Marvel, da sempre molto attenti a proporre una certa filosofia relativa al tema del supereroe. Se il tema che più si spingeva oltre i confini, al tempo, è stata la riluttanza. La riluttanza di Tony Stark a fare il suo dovere, o la più recente riluttanza di Thor nel recente Endgame, con Far From Home il tema si mescola direttamente con il senso del supererosimo, che da un lato (Peter) resta ancorato al canone dell'eroe teenager di Stan Lee, con tutte le sue difficoltà, ed il suo essere spesso fuori posto (dentro e fuori la calzamaglia). Dall'altro, con Mysterio, si affronta proprio il senso dell'eroe, in rapporto anche, e soprattutto, all'aspettativa della gente, o forse sarebbe meglio dire “del pubblico”.

E così il supereroismo è rappresentato come qualcosa di fumoso, spesso simile ad un carrozzone di luci e colori e coreografie mozzafiato. Uno spettacolo, a cui lo spettatore si è in qualche modo abituato, e che prevede anche un certo grado di farsa. Sono temi intriganti, relegati all'ultima parte del film, che purtroppo non vengono sviluppati appieno, ma che esplodono con la prima scena post-credit della pellicola, di un'importanza mostruosa rispetto alla conclusione delle vicende, tanto che è davvero un peccato sia relegata così in fondo, dopo i titoli di coda, facendo correre il rischio di perdersela.

Mysterio funziona, perché come nei fumetti, il suo è un gioco di prospettive, di luci e ombre. Un “prestigio” di una magia elegante e coinvolgente, il cui charme riesce a fare presa sullo spettatore come su Peter, portando il personaggio, se possibile, anche oltre il livello del già ottimo avvoltoio interpretato da Michael Keaton.

Spider-Man: Far From Home è, dunque, il miglior film dedicato a Spidey? Il film funziona, diverte e procede con un fare disinvolto, spesso quasi compiaciuto, ma gli manca forse qualche guizzo, qualcosa che lo possa rendere realmente memorabile. Manca, per dire, quel pathos, quella “gravitas” che aveva invece caratterizzato alcune scene della pellicola precedente. Peter Parker è ancora al suo posto, e forse ormai ne ha viste anche lui così tante da non riuscire più a stupirsi più di tanto, e questo si percepisce in qualche modo.

Attenzione: ovviamente questo non significa che non ci si trovi dinanzi ad un ottimo film, ed anzi ci sono delle scene d'azione il cui movimento registico, e la costruzione delle coreografie, regala più di una gioia per gli occhi. Ma manca qualcosa che renda il tutto realmente epico, se non memorabile. Così com'è, Far From Home ha più il sapore di quella mini-serie a fumetti scritta e disegnata per incastrarsi nella continuity, cuscinetto narrativo tra due eventi importanti, messa in piedi dagli sceneggiatori per far riprendere fiato al lettore ed al personaggio. E va bene, funziona, ma proprio per questo non vorremo schierarci da quella parte della critica che sembra star gridando già al miracolo per “il miglior Spider-Man di sempre”.

Spider-Man: Far From Home funziona perché è un film divertito, oltre che ad essere divertente. Si prende in giro, prende in giro lo spettatore con tante citazioni, e può contare su personaggi, specie Mysterio, interessanti e sfaccettati, per quanto certe situazioni siano del tutto prevedibili a chi ha un minimo di dimestichezza con lo Spidey a fumetti. È un film incastrato nella continuity, che per la continuity non investe più di 10 minuti, perché poi sceglie di andare avanti, di guardare altrove, di sganciarsi dai problemi di New York per fare i conti con altri problemi, quelli più squisitamente giovanili e “ormonali”.

È un film che, rispetto al canone “Avengers” ha altro da fare e da dire, e preferisce lasciare spazio a Peter, più che a Spider-Man, in un frequente citazionismo di Iron-Man, per scene e formula narrativa, pur conscio di parlare allo spettatore, ed al suo personaggio, su di un contesto completamente diverso. Bello, a tratti persino bellissimo, sempre e comunque “amazing”.

Con l'arrivo di Far From Home sono arrivati anche i set Lego dedicati al film! Noi ci siamo innamorati di quello della battaglia contro Molten Man!
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