Attendevamo questo libro da parecchio tempo, tra ritardi e spostamenti ed ora finalmente possiamo scrivere la recensione di Sono Ancora Vivo di Roberto Saviano, in coppia con Asaf Hanuka, edito da Bao Publishing in cartonato, un libro importante non solo per il nome del suo autore, popolarissimo, ma anche per il messaggio che viene condiviso nelle sue 144 pagine.
Graphic journalism: un termine che sentiamo abbastanza spesso ormai ma che non è ancora così popolare nel nostro paese (nonostante il grande contributo di molti autori importanti e case editrici specializzate). Eppure non c’è niente di più semplice, dato che si tratta di giornalismo a fumetti. La nona arte si presta perfettamente come media nella rappresentazione di fatti, indagini, eventi di cronaca. E Sono Ancora Vivo di Roberto Saviano si colloca davvero a metà tra il diario di viaggio (che poi è il racconto della vita) e il graphic journalism.
Sono Ancora Vivo: the story so far
La figura di Saviano non ha bisogno di molte presentazioni. Sì, è l’ideatore e scrittore del romanzo Gomorra, best seller da diversi milioni di copie vendute in tutto il mondo in cui, forse per la prima volta davvero in assoluto, è emersa una verità terribile, quella dei sistemi camorristici e della vita dei boss della malavita, a volte sfarzosa e ispirata al mondo dei divi hollywoodiani di un tempo, addirittura dei ragazzi che si affiliano a dei clan senza immaginare un’alternativa.
Gomorra ha rappresentato uno strappo, perché per la prima volta un pubblico vastissimo guardava dentro ad una “black box” di cui conosceva solo ed in parte le conseguenze (attentati, esecuzioni, degrado sociale). Per la prima volta i criminali sono stati visti anche con la loro “divisa” da tutti i giorni, fatta di imperi economici, appalti truccati, coperture e riciclaggio e non solo di “onore” e riti di iniziazione.
Questo romanzo, seguito dalle azioni pubbliche di accusa contro i boss di Casal di Principe, nel 2006 ha portato un ventisettenne a vivere sotto scorta costante, visto che le minacce non tardarono ad arrivare. Quello che doveva durare alcune settimane ha continuato per mesi, per anni. Ad oggi sono quindici.
Nel frattempo c’è stato di tutto. Libri, articoli, indagini giornalistiche, una serie tv di popolarità immensa (spesso sotto accusa perché tacciata di essere fuorviante per un pubblico giovane ed influenzabile). E oggi anche un fumetto. Il primo per Roberto Saviano, che si è spesso detto amante del medium, proprio per la sua capacità di arrivare dritto dove serve.
Sono Ancora Vivo: giornalismo, diario, fumetto
Il processo di creazione è stato lungo, non privo di rallentamenti, certo con un personaggio come Saviano non deve essere facile, tra gli impegni e il costante bisogno di sicurezza che deve caratterizzare la sua vita sotto scorta. Però c’è, finalmente, e lo stringiamo tra le mani.
Dicevo che Sono Ancora Vivo di Roberto Saviano si colloca a metà tra il diario a fumetto e l’inchiesta giornalistica grafica. Perché di fatto è il racconto della sua vita, dalla tenera età e da quell’innocenza rubata che purtroppo caratterizza molti ragazzini cresciuti in alcune zone d’Italia dove la violenza, i soprusi, le estorsioni, il sangue non sono fiction, ma una tremenda realtà che viene a prenderti senza avviso.
Da quel “punto di rottura”, Roberto Saviano procede quasi in linea retta, alternando la cronaca e le inchieste giornalistiche di cui è stato testimone o autore ai momenti di riflessione personale, sulla sua condizione, sui perché che lo hanno portato, in qualche modo, a “rovinarsi la vita da solo”.
Perché è questo l’aspetto che emerge prepotentemente dalle pagine di Sono Ancora Vivo: vivere sotto scorta, in regime di protezione significa non avere nemmeno la libertà di uscire per prendere un caffè, cambiare appartamento di continuo, centellinare i propri incontri e sottoporre tutti i propri affetti ad estenuanti controlli. E se questa vi sembra vita…
Ma oltre a tutto quello che rappresenta per la persona che viene messa sotto scorta, c’è anche il risvolto umano dei propri cari. Quando una madre viene a sapere che il proprio figlio ha una condanna a morte firmata dalla Camorra che pende sopra la sua testa irrimediabilmente il suo cuore si spezzerà.
Il racconto, ottimamente illustrato e colorato dall’israeliano Asaf Hanuka (già vincitore di un Gran Guinigi e di un Eisner), che riesce a cogliere tutta la poesia dei pensieri di Saviano e anche la cruda realtà, a volte in modo realistico e a volte in modo metaforico, è un flusso di coscienza scorrevole e deciso. Non alza la voce mai, ma è incredibilmente a bersaglio.
Ad una prima lettura superficiale potrebbe trasparire un certo senso di autocelebrazione o auto referenzialità nella stesura dell’opera: perché il mood ricorda le storie di eroi e cavalieri che si sacrificano per il bene del mondo finendo per pagare un prezzo terribile per la loro decisione.
In realtà basta poco per accorgersi che l’intero libro è una forte celebrazione del coraggio e del potere della parola. Lo stesso titolo è una provocazione e un dato di fatto; quindici anni di scorta significano anche quindici anni di minacce, ma Roberto Saviano è ancora qui, ferito, pieno di tagli magari, ma ancora forte nel suo messaggio e nell’essere un simbolo di lotta alle mafie.
Sono Ancora Vivo: la forza dei disegni
A livello di disegni ci troviamo di fronte ad un’opera caratterizzata da un forte realismo e dall’ottimo impatto. Asaf Hanuka è molto bravo ad interpretare in immagini il racconto di Saviano, utilizzando anche una palette di colori che è perfetta metafora dei sentimenti espressi nelle singole tavole.
I ricordi del passato diventano grigi ed ocra, la tensione e la passione si fanno rossi e caldi (così come lo humor, che non manca), in un mix davvero coerente e azzeccato. L’artista israeliano rappresenta per lo più simboli ed elementi riconoscibili perché tutto il testo di Sono Ancora Vivo di Roberto Saviano ha anche i tratti quasi di una guida pratica al non aver paura. Che non vuol dire essere sciocchi e gettarsi tra le fiamme, ma di sapere muoversi in terreni a noi ostili per uno scopo più alto.
Sono Ancora Vivo: conclusioni
Non mi aspettavo questo tipo di libro da parte di Saviano. A dire il vero non so bene cosa mi aspettassi, se una versione a fumetti di Gomorra o un graphic novel di un ragazzino avvicinato dal male assoluto della criminalità che poi ne riesce ad uscire con coraggio e purezza d’animo.
In realtà col senno di poi forse è sempre stato questo il libro che doveva uscire, un’autobiografia, un po’ saggio, un po’ diario di bordo, un po’ guida pratica su come complicarsi la vita, farsi male ma uscirne vivi, un po’ inchiesta giornalistica (visto che date, nomi e riferimenti a fatti reali sono ben più che abbondanti).
Inizialmente la presenza costante su ogni pagina del volto di Roberto Saviano mi aveva un pochino depistato nell’interpretare l’opera, inducendomi a notare una sorta di protagonismo diffuso. Riflettendoci ho capito che è proprio il volto di Saviano a tenerci coi piedi per terra. A darci speranza. Ce l’ha fatta lui, ce la facciamo anche noi.
Parlare delle vite di criminali e camorristi, avvocati corrotti, rapine e attentati senza riportarci alla prospettiva più giusta sarebbe diventata “fiction” e basta. Uso le virgolette perché questa merda è reale e dannatamente pericolosa e diffusa (no, non esiste solo al sud, sarebbe da idioti pensarlo).
E noi abbiamo bisogno di leggere cose che ci mostrino i fatti per poi analizzarli e far comprendere che ci sono le alternative e che la speranza è un motore inesauribile di progresso umano. Già, come quella di Roberto Saviano che al di là dei milioni di follower e lettori, delle ospitate in televisione e dei libri scritti, conduce un’esistenza del tutto umana, seppur caratterizzata da quello che vi ho scritto.
Sono Ancora Vivo di Roberto Saviano è un libro da far leggere a scuola in effetti. Pensateci, potrebbe essere un’ulteriore occasione per insegnare qualcosina ai ragazzi con un linguaggio benedetto, quello del fumetto, che dovrebbe essere sempre più centrale.