RoboCop: Vivo o morto, recensione del vero sequel spirituale del film
Saldapress confeziona due volumi di pregio, proponendo la mini saga di RoboCop: Vivo o morto scritta da Joshua Williamson e disegnata da Carlos Magno.
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a cura di Massimo Costante
Senior Editor
In sintesi
Saldapress confeziona due volumi di pregio, proponendo la mini saga di RoboCop Vivo o morto scritta da Joshua Williamson e disegnata da Carlos Magno.
Nel turbinio della sperimentazione degli anni ’80, RoboCop rappresenta una delle migliori rappresentazioni di quel periodo, divenendo una delle maggiori icone del cinema e della cultura pop. L’indimenticabile pellicola diretta dal regista Paul Verhoeven nel 1987, nonostante siano passati più di trent’anni, risulta quanto mai attuale per i conflitti orchestrati tra uomo, macchine e società, e oggi abbiamo la possibilità di leggere quello che secondo noi potrebbe essere il sequel spirituale ideale: RoboCop: Vivo o morto.
RoboCop: Vivo o morto. Il sequel che vorrei.
RoboCop: Vivo o morto (Edizioni Saldapress, 2019) è una raccolta di pregio costituita da due volumi da 168 pagine, che ospitano l’originale miniserie di 12 spillati pubblicata da BOOM! Studios (2018) negli Stati Uniti, qui fedelmente riproposta con un corredo di bozzetti preparatori, presentazione dei personaggi, postfazione degli autori e tutte le copertine originali e variant celebrative che hanno visto l’oltreoceano.
Il modo ideale per iniziare la lettura, sarebbe quello di vedere il primo film di RoboCop del 1987, e poi proseguire sulle pagine di RoboCop: Vivo o morto. Infatti, il fumetto è stato immaginato come diretto sequel del film del 1987, con una storia ambientata pochi mesi dopo le vicende raccontate nel primo film. RoboCop, Anne Lewis e il dipartimento di polizia si trovano sempre più in difficoltà nel fronteggiare la criminalità di Detroit, ma il culmine si avrà quando la O.C.P., con la complicità del Municipio, attueranno un nuovo decreto che proibisce ai suoi cittadini il porto di armi che non siano ufficialmente registrate e controllate dall’azienda o dal municipio stesso, rendendo di colpo illegale la quasi totalità delle armi in circolazione.
Si solleverà presto un tumulto popolare, con i cittadini spaventati sapendo di non potersi legittimamente difendersi da soli e, come spesso leggiamo nei libri di storia, c’è sempre qualcuno pronto a strumentalizzare questi eventi per trascinare le masse. Qui sarà Killian, un ex trafficante d’armi appena uscito di prigione, che guiderà la rivolta popolare per riprendersi il diritto ad armarsi, ma l’ex galeotto si rivelerà essere uno dei villain più spietati di sempre per il nostro Murphy.
Forse la storia non sarà particolarmente originale, ma riconosciamo il merito a Joshua Williamson di aver mantenuto intatto il canone originale del primo film. Williamson ignora completamente tutto ciò che è avvenuto nei due sequel cinematografici, mitizzando e rispettando la pellicola di Paul Verhoeven. Dopo averlo visto all’opera con piccole punte di innovazione con i personaggi della DC Comics come Batman e Flash, e con qualche sporadica apparizione anche sulle tavole Marvel, possiamo dire che in questa saga splendidamente illustrata da Carlos Magno, abbiamo assistito ad appena una piccola evoluzione del personaggio che vi sveliamo tra poco.
RoboCop. Il dilemma tra uomo e macchina.
Chiarito che il mood della storia originale è pienamente rispettato, ponendo RoboCop: Vivo o morto come sequel del primo film, possiamo dirvi che in questi due volumi abbiamo ritrovato personaggi ed elementi che ci hanno fatto un po’ sentire a casa. E così sarà per tutti i fan del nostro Alex Murphy.
Il primo personaggio che incontriamo nelle tavole di questa serie è proprio il villain: Jhon Killian. L’ex detenuto è un antagonista perfetto, è spietato, calcolatore, un passato che regalerà numerose sorprese che abbracceranno la storia della vecchia Detroit e le origini della O.C.P. Killian si propone come un “messiah”, un aggregatore di folle, e per assurdo, ci riesce. Ma la verità dei suoi loschi piani non sposa l’ideale di difesa dei cittadini e RoboCop e Lewis faranno di tutto per dimostrarlo.
A proposito di Lewis, co-protagonista effettiva delle pellicole originali, anche in questa serie avrà un ruolo cardine, portando a un’apparente evoluzione professionale del personaggio – provando a diventare detective – ma facendo nascere subito il dilemma tra uomo e macchina, provando rimorso quando sarà il momento di abbandonare lo storico partner.
Come reagirà RoboCop? Il personaggio di Lewis resta fedele all’originale (mantiene anche le sembianze di Nancy Allen n.d.r.), anche se la vedremo con un inedito abbigliamento borghese, mostrandosi sempre di cattivo umore, impudente e avventata. Ci sarà bisogno di una spalla a supportarla nel suo nuovo incarico da detective.
Stiamo parlando del detective Jensen, altro personaggio inedito che vedremo nel corso della storia che, rispetto a RoboCop, il sergente e la stessa Lewis, ama il suo lavoro, ma antepone ad esso l’importanza della famiglia, anche a scapito del lavoro. Un importante punto di riflessione che farà a pugni con l’ideologia professionale di Lewis.
Poi il fulcro di tutto. RoboCop. Il contrasto vivente tra uomo e macchina. Alcune tavole ricordano gli eventi del primo film, il suo linguaggio e le sue battute rappresentano un buon citazionismo fine al personaggio stesso e, soprattutto, le matite di Carlos Magno lo hanno rappresentato in un modo superbo. Anche in questa serie, il conflitto tra uomo e macchina viene risolto da un senso di rassegnazione: Murphy esiste ancora, ma si è trasformato inevitabilmente in una macchina e non potrà mai avere una famiglia o cambiare il suo ruolo nella polizia di Detroit. Questa rassegnazione è palese e verrà confermata in diverse parti della storia. Un plauso va Joshua Williamson per aver portato una piccola evoluzione fisica al personaggio – che non vogliamo svelarvi – ma lo ha fatto senza snaturarlo, facendo evincere un forte rispetto.
Non mancano altri piccoli nuovi innesti, ma anche vecchie conoscenze come “Il Vecchio”, capo della OCP, il sindaco, il sergente Reed e perfino il mitico e sfortunatissimo robot ED-209!
Con RoboCop Vivo o morto, Saldapress ripropone questa miniserie che ogni fan di RoboCop dovrebbe leggere e possedere. Un lavoro magnifico che mette da parte sequel e remake dimenticabili, che pur essendo fuori dallo schermo, le tavole offrono una colorazione acida che conferisce al fumetto un carattere decisamente retrò che non si discosta per nulla dallo spirito originale infuso Paul Verhoeven nel 1987. Se non l’avete ancora acquistato, prendetelo. Vivo o morto!
Voto Recensione di RoboCop. Vivo o morto
Voto Finale
Il Verdetto di Tom's Hardware
Pro
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- RoboCop è tornato!
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- Nelle tavole RoboCop e gli altri personaggi sono realizzati in modo superbo.
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- Storia in linea con l’originale. È davvero un buon sequel.
Contro
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- La storia non è particolarmente originale. Ma almeno mantiene intatto lo spirito della serie.
Commento
RoboCop Vivo o morto è un autentico tributo al primo e indimenticabile film del 1987. Ha la presunzione di proporsi come sequel e, per la gioia di tutti i fan, ci riesce alla perfezione. Le tavole di Magno ripropongono lo stile retrò di quegli anni, pur riuscendo a riprodurre fedelmente tutti i personaggi, soprattutto il nostro RoboCop. La storia non brilla per originalità, ma rispetta il canone originale del primo film e ne mantiene intatto lo spirito.