Quando si parla di Resident Evil, il rischio di dire e scrivere qualcosa di sbagliato è sempre dietro l’angolo. Se per noi infatti può essere rischioso sbagliare, dando magari informazioni errate e non ricordando chi è Leon Kennedy e Chris Redfield, immaginiamo quanto lo possa essere per chi si occupa di una trasposizione dedicata a questa magnifica serie dalla storia incredibile.
D’altronde, nel corso degli ultimi vent’anni di produzioni dedicate alla celeberrima serie videoludica sviluppata da Capcom ce ne sono state parecchie, ma nessuna di loro è mai riuscita a convogliare le atmosfere e le sensazioni che abbiamo provato pad alla mano, sopravvivendo alla furia degli zombie in Raccoon City e solo ultimamente a Lady Dimitrescu in Resident Evil Village, un viaggio in Romania che, seppure intrigante, non è stato quello che ci aspettavamo nella seconda parte dell’esperienza. Al netto di questo premesse, che vedono Resident Evil un brand importantissimo per il panorama videoludico, c’è però la mancanza di fedeltà, di atmosfere e di sensibilità necessaria per inscenare un progetto intrigante e iconico.
Resident Evil – La Serie, prodotta da Netflix, sembra non tradire le aspettative molto basse che avevamo quando fu mostrato il primo teaser trailer. La complessità di portare su schermo una serie videoludica – come è accaduto con Monster Hunter o Assassin’s Creed – è un rischio enorme, poiché si tratta di dover essere in linea con le speranze del pubblico, che ormai, disilluso da Resident Evil: Welcome to Raccoon City, ha accettato l’idea che un film buono sulla serie videoludica più famosa al mondo non verrà mai effettivamente realizzato, e non nei modi che immaginiamo.
Resident Evil - La Serie: le nostre prime impressioni
Nelle ultime ventiquattro ore abbiamo dato uno sguardo ai primi quattro episodi che compongono la serie, che abbiamo trovato tutto sommato gradevoli ma alquanto discutibili sulla fedeltà generale con la serie ludica. Sia chiaro, il pubblico di Resident Evil si separa in puristi e negli appassionati sfegatati che, nonostante tutto, non si perdono niente neanche se il risultato finale potrebbe essere discutibile. Nel caso della serie televisiva, che vede come co-Executive Producer Bronwen Hughes (The Walking Dead), c’è ancora tutto da scoprire e approfondire. Ma procediamo con ordine, dall’inizio. O dalla fine?
I produttori, sin dalle prime dichiarazioni, dissero che Resident Evil – La Serie sarebbe stata fedele ai videogiochi ma che si sarebbe presa alcune libertà. C’è da dire, tuttavia, che non ci aspettavamo si prendessero così tante libertà, soprattutto nella scelta del cast che, per quanto talentuoso, non c’entra nulla con i personaggi reali dei videogiochi.
Ora, è giusto dirlo: non è semplice essere fedeli, le libertà in una trasposizione cinematografica sono inevitabili e non tutto può essere incastrato nel modo giusto. Sicuramente, a differenza di Resident Evil: Welcome to Raccoon City, i riferimenti sono azzeccati e calzanti a giudicare da quello che vediamo a schermo, mentre esploriamo le dinamiche famigliari della famiglia Wesker, conoscendo le due figlie del famigerato Albert Wesker, interpretato per l’occasione da Lance Reddick, che non ha nulla in comune con il personaggio della serie videoludica (anche a causa delle sue evidenti differenti estetiche).
Nonostante questo, però, al momento la sua interpretazione non ci ha deluso ed è stata azzeccata, perché il carattere enigmatico e complesso del personaggio viene replicato in maniera fedele. Non potevamo sicuramente aspettarci nulla di diverso dall’attore afroamericano, che per il momento ha proposto un Albert Wesker contorto e convincente. Lo conosciamo nella prima linea temporale che parte dal 2022, dove vengono coinvolte la Terra e l’intera razza umana a causa del Virus-T, che gli abitanti di Raccoon City conoscono molto bene.
Albert Wesker ha due figlie, Jade e Billie Wesker, che si ritrovano nella nuova metropoli New Raccoon City, una cittadina che, per quanto diversa dall’omonima, nasconde segreti ben peggiori di quanto immaginiamo. Jade adolescente, interpretata da Tamara Smart, è una ragazza semplice con tante passioni, una quattordicenne come tante altre. Al contrario, Billie Wesker è una ragazzina insicura e spaventata dal futuro, legata fortemente alla sorella maggiore, ed è interpretata da Siena Agudong. Senza fare troppi spoiler, possiamo al momento dirvi che c’è l’Umbrella Corporation ha da sempre un ruolo fondamentale all’interno della serie videoludica. Per chi non la conoscesse, è una società di biotecnologia che ha rischiato il fallimento e ora opera nel settore farmaceutico, cercando una risposta ai dilemmi della razza umana, ma agendo solo per i propri interessi.
Un vero Resident Evil? Più o meno...
Il primo scricchiolio di fedeltà, in tal senso, vede protagonista proprio Albert Wesker, che ricopre un ruolo di rilievo all’interno dell’azienda mentre nella serie videoludica è capitano della squadra S.T.A.R.S e a capo della divisione Alpha: una libertà che potrebbe non piacere ai tanti giocatori appassionati alla serie. Al netto di questo, l’interpretazione di Albert Wesker è comunque convincente, come accennavamo prima. La cinepresa si sposta poi su Jade, che nella prima linea temporale scopre di più sugli zombie e il lavoro del padre, interessandosi all’alone di mistero che lo circonda.
Dopodiché, c’è la seconda linea temporale, introduttiva ed esaustiva su quanto è accaduto al mondo. La versione adulta di Jade Wesker è interpretata da un’ottima Ella Belinska, che si ritrova a sopravvivere nel 2038, un decennio dopo l’apocalissi che ha coinvolto la Terra e la razza umana. L’Umbrella Corporation ha un ruolo di rilievo in questa disperazione, mentre i pochi sopravvissuti cercano di andare avanti come possono. È un cambio di prospettiva intrigante perché permette di avere una visione più completa su quanto sta accadendo, non tradendo una natura un po’ troppo trash ed eccessiva, ma è naturale quando c’è di mezzo una apocalissi e le inevitabili conseguenze che la riguardano. Le scene si susseguono rapidamente e la produzione sembra giocare molto sui suoi protagonisti, mettendolo inevitabilmente al centro di una narrazione divertente e coinvolgente. Tuttavia, è un racconto che ben poco c’entra con Resident Evil, nonostante i riferimenti ad alcune parti interessanti della saga videoludica sviluppata da Capcom.
Stiamo parlando ovviamente di alcuni piccoli camei, in particolare di un personaggio specifico che compare nel quarto episodio preso direttamente da Resident Evil 4, che però non possiamo rivelare per non rovinarvi la sorpresa. Se da una parte abbiamo dei protagonisti scritti in maniera convincente, dall’altra sono le atmosfere a non convincerci appieno. Sin dagli albori, Resident Evil non è stata una serie videoludica solamente horror e alcuni episodi del brand hanno cambiato diverse volte l’approccio per raccontare la storia, riuscendo in ogni caso a essere canonici gli uni con gli altri. In questo caso, Resident Evil – La Serie sembra una produzione priva del guizzo necessario che la porterebbe a essere una serie vera e propria su Resident Evil, un esempio per tutte le altre, una delle poche che avrebbe senso.
Al momento non ci appare come una replica più lunga di Resident Evil: Welcome to Raccoon City, né è una produzione con fin troppe incognite, perché di base non nasconde le sue intenzioni. In realtà i camei e i rimandi alla serie videoludica sono presenti in alcune scene, sebbene non offrano molto altro per confezionare finora un prodotto che, se nel titolo non avesse un nome del genere, attirerebbe molto di più.
Sfortunatamente, tutto quanto decade dal momento in cui ci interfacciamo con alcuni avvenimenti principali della trama, che esploriamo attraverso i personaggi. Il Virus-T, per quanto spiegato bene, non sembra incutere timore a sufficienza, tanto da essere minimizzato in alcuni dialoghi tra i protagonisti. Sia chiaro, la scrittura in alcuni frangenti risulta ben scritta e il rapporto tra Jade e Billie è appassionante. In definitiva, al momento è un Resident Evil a tutti gli effetti? Non lo è certamente nelle atmosfere e non nei dialoghi tra i protagonisti, nonostante una buona scrittura che però non fa gridare al miracolo, non molto diversa dalle tante altre trasposizioni dedicate al brand.
Una produzione che non brilla per fedeltà, ma…
Come accennavamo prima, Albert Wesker rappresenta un personaggio importantissimo per l’intera serie videoludica e gli è stato dedicato uno spazio ottimamente delineato, nonostante alcune libertà da parte di Netflix, tipiche ormai della sua line-up da qualche anno a questa parte. Se non altro, il ritmo narrativo, che resta comunque incalzante e coinvolgente, spinge lo spettatore a vedere come si evolvono le situazioni più intricate. Non possiamo dire lo stesso sull’utilizzo della CGI, nello specifico sulle bestie e le creature mutate dal Virus-T, che invece di lasciarci sgomenti e spaventati, ci sono sembrati nell’estetica più brutti all'occhio di quanto ci saremmo aspettati.
Ciononostante, non facendovi spoiler, il racconto ha un ritmo inizialmente lento che poi esplode nel secondo episodio, mentre negli ultimi due tutto è concentrato sull’azione cui la serie videoludica ci ha abituato. Al momento, e ci teniamo a ricordarlo, stiamo giudicando quest'opera solo dai primi quattro episodi e non possiamo sicuramente arrivare in maniera definitiva a una conclusione esauriente.
Nonostante si prenda alcune libertà, Resident Evil – La Serie offre delle buone interpretazioni e un contesto comunque modesto. Possiamo solo augurarci che migliori esprimendosi al meglio, soprattutto per dare una risposta alla domanda che ormai ci facciamo da diverso tempo, ovvero se sono necessarie delle trasposizioni su Resident Evil. Una domanda a cui non vediamo l'ora di rispondere in sede di recensione.