Recensione Mazinga Z Infinity: nostalgia canaglia

C'era una volta Mazinga, e c'è ancora. Il nuovo film è tutto sommato godibile, grazie a una realizzazione tecnica di alto livello e ad alcuni passaggi ben riusciti. Cerca l'equilibrio tra il fan service e il nuovo pubblico, riuscendoci però solo n parte.

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a cura di Omar Serafini

Narra la leggenda che Go Nagai considerò a lungo di creare un suo personalissimo prodotto che si ispirasse a titoli quali Astroboy di Osuma Tezuka o Super Robot 28 di Mitsuteru Yokoyama, ma l'ispirazione latitava e le idee dovevano ancora farsi chiare nella sua testa.

Un giorno, stanco di restare fermo nel traffico, Nagai pensò: "e se potessi far uscire degli arti meccanici dall'auto per poter scavalcare tutti?". Impossibile, certo, ma il mangaka lavora di fantasia e Nagai sfruttò quella semplicissima ma geniale intuizione come legante per i concetti e le immagini che vagavano e si accavallavano ormai da tempo alla rinfusa nella mente, creando così Mazinga Z.

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Da allora sono passati ben 45 anni ma Mazinga non ha perso il suo fascino, il suo stile e l'impatto culturale ha nel tempo ispirato altri grandi autori, divenendo essenziale e immortale.

Difficile, quindi, provare a riprende in mano una simile leggenda, ma la Toei ha accettato la sfida, lavorando duramente per quasi dieci anni e finalmente vincendola con Mazinga Z Infinity, nuovo film d'animazione della casa di produzione nipponica che prosegue la serie originale di Nagai, rimescolando le carte in tavola in modo molto intelligente e con rinnovato valore artistico.

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