Raised by Wolves: recensione dei primi due episodi

Raised by Wolves, la nuova seria sci-fi di HBO Max, mette in contrapposizione religione e scienza, raccontando il futuro dell'umanità.

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a cura di Manuel Enrico

Una nuova umanità. Il sottotitolo italiano di Raised by Wolves, la nuova serie di fantascienza di Sky, identifica al meglio quello che vuole essere il fulcro della produzione di HBO Max, nato da un’idea di Aaron Guzikoski e con un produttore d’eccellenza: Ridley Scott. Inevitabilmente, un progetto sci-fi che veda in qualche modo coinvolto Scott non può che attirare l’attenzione, considerato come il cineasta inglese abbia plasmato il genere fantascientifico al cinema con capolavori come Alien e Blade Runner. Per Raised by Wolvers, Scott non si è riservato solamente il ruolo di produttore, ma si è nuovamente messo al centro del set dirigendo i primi due episodi.

Raised by Wolves arriva in un momento particolare della fantascienza televisiva, in cui sembra mancare un qualcosa di veramente innovativo. Sono già lontani i tempi della prima stagione di Altered Carbon, e produzioni recenti come Snowpiercer o Lost in Space sembrano più propense ad affidarsi a contesti narrativi rodati e suggeriti da altri media. Anche una serie tradizionale, Star Trek, sembra voler giocare sul sicuro e non spingersi verso nuovi orizzonti, con produzioni tradizionali (Discovery e Picard) che lasciano il compito di osare a un’intrigante serie animata come Star Trek: Lower Decks.  Una sorta di conservazione della tradizione fantascientifica che è in procinto di vedere finalmente trasposta in serie una delle saghe di sci-fi letteraria per eccellenza, la Fondazione di Asimov.

Raised by Wolves: una nuova fantascienza?

La nuova serie di HBO Max, quindi, si è trovata a un bivio: osare o dimostrarsi conservatrice. Ma all’improvviso ecco comparire una terza via: rielaborare in modo personale archetipi rodati della fantascienza in modo nuovo. Una missione non certo facile, che deve vincere il senso di deaj-vù degli spettatori, creando un’empatia basata sulla familiarità degli spunti narrativa che al contempo spinga lo spettatore a cambiare la propria percezione dei queste tematiche.

Raised by Wolves ha trovato questo equilibrio?

I primi due episodi, una piccola porzione dei dieci che comporranno questa prima stagione, sono stati un assaggio di questo nuovo mondo da colonizzare, ma al contempo hanno fatto emergere quelli che saranno i due grandi contrasti che animeranno la serie: Fede contro Scienza, Tecnologia contro Religione. Una dualità che ha in palio ha nientemeno che le sorti della razza umana.

Dopo una guerra devastante, che ha contrapposto i Mitraici, fedeli adoratori di Sol, e gli ateri, la Terra è divenuto un luogo inospitale, spingendo l’umanità a volgere il proprio sguardo verso le stelle. I Mitraici hanno costruito un’Arca, in cui sono stati accolti i fedeli, destinati a colonizzare Kepler 22-B, mondo lontano e considerato ideale ripartenza per la razza umana anche nella realtà, dopo la sua scoperta nel 2011.

Ma anche gli atei avevano avuto la stessa idea, tanto che già in tempo di guerra avevano inviato una nave su Kepler 22-B, affidando a due androidi, Madre e Padre, il compito di crescere una comunità umana sul pianeta. I due androidi, utilizzando embrioni congelato, creano la loro famiglia, che deve affrontare il duro compito di colonizzare il pianeta. Una sfida ardua, che colpisce spietatamente questa comunità, tanto che solo uno dei bambini, Campion, sopravvive.

https://youtu.be/nIT_UNMJAZ8

Ma cosa può accadere, quando l’Arca dei Mitraici arriva finalmente su Kepler 22-B?

Una storia di contrasti emotivi e ideologici

Come ci si può attendere, Raised by Wolves assume subito il tono della narrazione a contrasti. Imperniata sulla figura di Madre (Amanda Collins), la trama si arricchisce di spunti che, pur traendo origine da rodati argomenti della fantascienza, si prende l’onere di dare loro nuovo lustro.

Madre, in particolare, è una figura splendida, incarnazione della maternità, ma in una declinazione quasi ferina, animalesca. Non è solo protettrice dei suoi cuccioli, ne è anche impietosa giudice, non accetta ostacoli di fronte alla sicurezza, mostrando tutta la propria, devastante determinazione. Non è certo un personaggio positivo, questo ginoide, ma è incredibilmente umano, nella sua ostinazione e nella sua apparentemente follia.

Se da un lato siamo portati a seguire la crescita di questa comunità, al centro del primo episodio, dall’altro Raised by Wolves non dimentica di presentare anche la controparte di questa famiglia atipica: i Mitraici. Setta che ricalca la tradizione religiosa, fatta di precetti e dogmi, i Mitraici non disdegnano il ricorso alla violenza e alla tecnologia se necessario.

Giunti su Kepler 22-B, i Mitraici vorrebbero insediarsi sul pianeta, ma l’opposizione di Madre conduce a un’aperta ostilità che verrà esplorata nel corso della stagione. Grazie a un flashback, scopriamo come i Mitraici abbiano deciso di lasciare la Terra, ma soprattutto ci viene subito svelato  il segreto di una delle figure chiave di questo culto, Marcus, il cui passato lascia sperare in sua centralità negli eventi futuri.

Raised by Wolves, come detto, non è stato creato pensando all’originalità dei presupposti narrativi. A essere pignoli, la presenza di Scott accresce la sensazione di già visto, soprattutto quando si pensa al concetto di mortalità e ricerca di ‘più vita’ (esplorato dal regista in Blade Runner), mentre tematiche come l’umanità in fuga dalla propria patria devastate o la ricerca di una nuova vita tra le stelle inevitabilmente riconducono a opere come Battlestar Galactica o la citata Lost in Space.

La differenza, in questi casi, non è il cosa quanto il come. Raised by Wolves interpreta questi concetti tradizionali della fantascienza con personalità, soffermandosi, in questi primi due episodi, sulle giuste particolarità emotive, costruendo un telaio emotivo che attira lo spettatore, lo incuriosisce e lo guida. Sia chiaro, chi cerca una fantascienza dinamica e ipercinetica, rischia di esser profondamente deluso.

Anche nelle scene di lotta, Raised by Wolves non cerca la scarica di adrenalina, ma rimane fedele al suo principio emotivo. Le armi usate da madre sono parte integrante del suo ruolo, non sono necessari grossi calibri quando puoi sconfiggere urlandogli contro la tua furia, lasciando libera l’ira di una madre che protegge la sua famiglia.

Uno sguardo nuovo alla fantascienza tradizionale

Sin da questi primi due episodi è chiaro come Raised by Wolves contenga nella sua impostazione una narrazione stratificata, in cui sono inseriti riferimenti e suggestioni bibliche e sociali, utilizzati come prova di una predestinazione umana: si può scappare dalla fine di tutto, ma come fare se i semi della distruzione sono insiti in noi? Il nuovo inizio della razza umana non è privo di tradimenti e violenza, la nuova comunità di Kepler 22-B si basa su contrapposizione e astio, con una violenza latente sempre pronta a esplodere, che sia emotiva o fisica.

Un vissuto emotivo intenso reso magnificamene dalla costruzione di un universo avvincente. La Terra abbandonata dai Mitraici, decadente e morente, è una perfetta metafora della ‘vecchia’ umanità, lasciata indietro mentre questi ferventi credenti partono alla conquista delle stelle, portando con sé anche i lati oscuri e le bassezze dell’uomo, come scopriamo nel secondo episodio.

Kepler 22-B è al contrario la nuova vita, dura e aspra, in cui ogni conquista è frutto di dedizione e sacrificio. Ma è anche bellezza, semplicità contrapposta alla tecnologia che ha causato la fine del mondo natio. E giustamente qui trova spazio Madre, capace di adattarsi al nuovo mondo passando da amorevole genitrice a spietata protettrice, contro ogni tipo di minaccia.

Affidare i primi due episodi di Raised by Wolves a Ridley Scott è stata un tocco di classe. Il regista non ha sbagliato nulla, ha colto ogni sfumatura delle inquadrature, valorizzando il tessuto emotivo della storia, dando a ogni aspetto dell’ambientazione il giusto colore, la perfetta vitalità che lo rendesse parte di questo affresco dell’umanità futura. Complice una fotografia impeccabile, in cui le corde emotive degli spettatori vengono toccate con una cromia avvolgente, capace di improvvisi guizzi di contrasto che si piegano all’esigenza del momento, stupendo o terrorizzando all’occorrenza.

Raised by Wolves non brilla per originalità degli spunti narrativi, ma si pone come un’appassionante analisi di temi cari alla fantascienza, andando a indagare nell’animo umano tramite due creature sintetiche che sembrano far emergere una propria umanità, fatta di dubbi e domande che ne guidano l’esistenza. Una coppia genitoriale programmata per essere tale, che dovrà affrontare le stesse sfide di altri due genitori, che hanno dovuto accettare di esser tali come mezzo per la propria salvezza.

Viene quindi da chiedersi chi siano i wolves, ossia i lupi, all’interno di questo complesso intreccio. Un interrogativo che verrà svelato nel corso della prima stagione di Raised by wolves.

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