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Proctor Valley Road, recensione: One night stand on the nightmare road

Proctor Valley Road: strade da incubo nell'America degli anni '70 in un racconto dai toni horror firmato da Grant Morrison.

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a cura di Manuel Enrico

In sintesi

Proctor Valley Road: strade da incubo nell'America degli anni '70

Non si sa mai cosa aspettarsi quando si prende in mano un fumetto di Grant Morrison. La sua produzione ci ha abituati a una certa tendenza all’ecletticità, apprezzata dal grande pubblico grazie al suo lavoro con le due grande colonne del fumetto supereroico, che si sono avvalse della sua vena narrativa per dare lustro a Batman e X-Men. Non sono certo mancati altri titoli che hanno mostrato una diversa visione del fantastico da parte Morrison, come Annhilation o Nameless, ma difficilmente ci si sarebbe potuti aspettare dall’autore britannico una trama come quella di Proctor Valley Road, miniserie in cinque numeri realizzata per Boom! Studios e raccolta da Panini Comics all’interno della sua collana 100% HD, con un logo che ne identifica pienamente la natura: horror.

L’orrore secondo Morrison si era già palesato in altre opere, come il citato Nameless, ma aveva mantenuto un aspetto personale, frutto della graffiante narrativa dell’eclettico artista. Proctor Valley Road sembra il frutto di un approccio narrativo più tradizionale, che potrebbe deludere chi vedendo il nome di Morrison sulla copertina abbia approcciato il volume sperando di ritrovare la tipica verve dell’autore britannico, un’aspettativa che potrebbe venire disattesa. Leggendo l’impresa delle quattro eroine di Morrison, infatti, apparentemente manca il tocco specifico dell'autore inglese, la sua capacità di cogliere aspetti inusuali e adattarli alla narrazione.

Proctor Valley Road: strade da incubo nell'America degli anni '70

August, Rylee, Cora e Jennie sono quattro amiche, adolescenti di un piccolo paese della California, Chula Vista, nei ribelli anni ’70. Questo quartetto non eccelle per popolarità, è anzi ben noto per esser fonti di guai, risultato di quattro forti personalità che non paiono in grado di accettare i limiti e le convenzioni della società del periodo. Ribelli, sfacciate e appassionate, le quattro ragazze hanno una venerazione per Janis Joplin, cantante simbolo della controcultura del periodo, una passione che le spinge a cercare qualsiasi possibilità di racimolare i dollari necessari all’acquisto del biglietto dell’imminente concerto della cantante.

A corto di finanze, durante una serata al luna park le ragazze incrociano la strada di un gruppetto di coetanei, in cerca di divertimento poco prima di rispondere alla chiamata delle armi per il Vietnam. Dopo avere avviato una bonaria sfida a suon di brividi nella casa degli orrori, l’intraprendente August propone ai ragazzi di fare un vero tour degli orrori sulla Proctor Valley Road, strada periferica nota ai locali per esser teatro di leggende metropolitane di sparizioni e manifestazioni di mostruose creature. Il tutto ovviamente dietro pagamento di un piccolo obolo, destinato a finanziare il tanto agognato concerto, ma quando i tre ragazzi scoprono che dietro l’invito delle quattro amiche non c’era una possibilità di concludere la serata pomiciando, preferiscono tornare a piedi in città. Peccato che non faranno ritorno, facendo ricadere l’accusa della loro sparizione proprio su August e le sue amiche.

Da questo equivoco, prende il via una serie di eventi in cui l’elemento orrorifico diventa protagonista, senza però soffocare gli elementi di colore della trama di Morrison. La comparsa della villain e dei suoi tirapiedi, infatti, non diventa una chiave di lettura aliena alla vita delle giovani protagoniste, ma anzi ne acuisce la caratterizzazione, trasformando l’orrore in un banco di prova per August e le amiche, una sfida che interiormente le spingerà a crescere, affrontando le proprie paure e capendo l’importanza del loro legame, spingendole ad apprezzare le reciproche diversità-

Il primo impatto con Proctor Valley Road non ricorda gli stilemi tipici di Morrison, ma sembra invece respirare le suggestioni di produzioni diverse, con una concezione dell’orrore frammista a ricostruzione storica che ricorda maggiormente le storie tipiche di King. La costruzione stessa dell’impianto narrativo, infatti, si basa su una dinamica di gruppo pensata per enfatizzare la particolare di una combriccola di outsider, elemento caro alla narrativa di King e base di alcuni dei suoi lavori più amati, come It o Il corpo. Pur apprezzano la declinazione data da Morrison a questo racconto, è davvero difficile non ravvedere forti similitudini con un archetipo narrativo rodato del mondo dell’entertainment attuale, su cui vengono poi inseriti ulteriori tratti abbastanza tipici e poco ispirati, al punto che alcuni passaggi ricordano emozioni e sensazioni vissute con Stranger Things. Non stupisce questa similitudine, soprattutto considerato come Proctor Valley Road sia in dirittura di arrivo come serie nel mondo dell’intrattenimento streaming.

Horror, ribellione adolescenziale e una strada infestata

A Morrison, affiancato alla scrittura da Alex Child, va comunque riconosciuto il merito di aver cercato di dare al proprio racconto una definizione chiara e accogliente, puntando a ritrarre uno spaccato di America di fine anni ’70. Nei dialoghi tra le giovani protagoniste, infatti, emergono non solo le complessità dell’esser adolescente, ma anche gli sforzi per riuscire a rompere quelle che sono percepite come barriere sociali apparentemente inattaccabili. L’equilibrio narrativo di Proctor Valley Road trova forza da questi slanci di realismo, che passano dall’impacciato approccio dei primi amori e delle gelosie, alla difficile gestione di paure e ansie, frutto di un ambiente ancora fortemente sbilanciato, aspetto sentito con particolare durezza dalla da Cora e Jennie, che vivono la loro appartenenza a due minoranze con consapevolezza. Morrison non si lancia in una crociata morale, preferisce lasciare la parola ai personaggi, lasciando emergere il loro carattere, ne esalta i tratti autentici e non nasconde le loro fragilità, offrendoci delle eroine avvincenti e divertenti.

L’ironia e la forte emotività che contraddistinguono Proctor Valley Road son portati su carta da Naomi Franquiz, che conferisce alla serie un tratto leggero e divertente, morbio e vivace. Le tavole sono studiate per dare il giusto taglio emotivo a questa storia, che se prive di un ricco dettaglio sono comunque portatrici di una forza visiva intrigante, fondata sulla cura della valorizzazione dell’espressività dei personaggi. A completare questo impianto narrativo sono i colori di Tamran Bonvillain, accesi e vivaci, che ben si sposano con le linee della Franquiz, dando vita a una felice sinergia narrativa.

Panini Comics raccoglie Proctor Valley Road in un volume che rispetta la tradizionale formula della linea 100% HD, un cartonato dalla copertina invitante e che attira lo sguardo dei lettori in cerca di una storia dalle tinte forti.

Voto Recensione di Proctor Valley Road



Voto Finale

Il Verdetto di Tom's Hardware

Pro

  • - Morrison offre una storia intrigante e ben gestita

  • - Impianto grafico leggero ma appassionante

  • - Volume di buona fattura

Contro

  • - Storia abbastanza tradizionale nei presupposti

Commento

Il primo impatto con Proctor Valley Road non ricorda gli stilemi tipici di Morrison, ma sembra invece respirare le suggestioni di produzioni diverse, con una concezione dell’orrore frammista a ricostruzione storica che si avvicina maggiormente alle storie tipiche di King. A Morrison, affiancato alla scrittura da Alex Child, va comunque riconosciuto il merito di aver cercato di dare al proprio racconto una definizione chiara e accogliente, puntando a ritrarre uno spaccato di America di fine anni ’70. Nei dialoghi tra le giovani protagoniste, infatti, emergono non solo le complessità dell’esser adolescente, ma anche gli sforzi per riuscire a rompere quelle che sono percepite come barriere sociali apparentemente inattaccabili

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