Il 12 luglio 1997 usciva nelle sale giapponesi Principessa Mononoke (Princess Mononoke), uno dei film contenenti la più forte presa di posizione da parte di Hayao Miyazaki e animatore giapponese in merito alla conflittuale relazione tra uomo e natura, di una rilevanza tale da non essere sbiadita nel tempo. Il regista ci ha insegnato quanto l’animazione possa veicolare con efficacia anche precise prese di posizione, con una forza e una maturità pari e talvolta superiori al cinema tradizionale. Se dopo 25 anni possiamo ancora guardare con ammirazione a Principessa Mononoke (Princess Mononoke) è anche e soprattutto per tale ragione e si riconferma un successo intramontabile, tra record di incassi e premi che, insieme a una trama avvincente e impegnata, decretano la solidità senza tempo del capolavoro di Miyazaki e dello Studio Ghibli. In occasione di questa ricorrenza, scopriamo insieme le origini della principessa guerriera San e del suo mondo, con tante curiosità sul film, sulla sua realizzazione e l'accoglienza tra il pubblico.
Principessa Mononoke: genesi e numeri
Quando Hayao Miyazaki ideò per la prima volta la trama di Principessa Mononoke, erano gli anni '70 e la storia alla base del suo futuro film d'animazione era piuttosto diversa da quella poi realizzata. Il regista pensava infatti a una giovane principessa che aveva promesso a una creatura della foresta di sposarla in cambio del suo aiuto, mentre la fanciulla avrebbe sviluppato in realtà un inaspettato sentimento d'amore per la bestia, nel corso del tempo. Inutile dire che l'idea non vide presto la luce, tenendo anche conto del fatto che nel frattempo altri film d'animazione dello Studio Ghibli vennero prodotti e portati al cinema.
Nel 1991 l'uscita di un altro film ritardò ulteriormente lo sviluppo di Principessa Mononoke: si trattava de La Bella e la Bestia della Disney, con una trama parecchio simile a quella che Miyazaki aveva pensato per il suo film. Lavorare alle altre opere dello Studio Ghibli, permise tuttavia al regista e maestro d'animazione di prendere il giusto distacco da Principessa Mononoke e rivedere così le proprie idee, proponendo così allo Studio un'opera dall'impianto più storico e mitologico. A ispirare ulteriormente Miyazaki nel prendere tale strada, pare che fu soprattutto il manga di Daijiro Morohoshi intitolato Mudmen e pubblicato nel 1979. Alcune delle illustrazioni di quest'opera mostrano infatti in maniera inequivocabile alcune similitudini con Principessa Mononoke e lo stesso Miyazaki ha confermato, in un'intervista, l'influenza che Mudmen ha esercitato sul suo lavoro.
Per la realizzazione del film, disegnato a mano in maniera tradizionale, sono stati utilizzati circa 144.000 fotogrammi e Hayao Miyazaki ne ha disegnati circa 80.000 tra questi. Il duro lavoro è stato ripagato con un guadagno in patria di circa 110 milioni di dollari al botteghino, rendendo Principessa Mononoke il film con il maggiore incasso in Giappone, fino a che il record non è stato infranto da Titanic nel 1998. Per poterne godere appieno in Italia, si è dovuto attendere il 19 maggio 2000, quando il film è stato distribuito in sala da Miramax, benché i dialoghi siano stati modificati sulla base di quelli in inglese. La versione più fedele a quella originale è stata quindi distribuita nel nostro paese nel 2014 a cura di Lucky Red, sebbene in questo caso il lavoro di adattamento sia stato orientato verso un registro eccessivamente aulico.
Uno scontro senza tempo
In un antico villaggio giapponese del periodo Muromachi vive la tribù degli Emishi e, tra essi, un giovane guerriero dall'animo nobile e puro, Ashitaka. Il villaggio viene però preso di mira dalla furia di una divinità, il cinghiale Nume, trasfigurato in un demone da una rabbia cieca. Dopo una dura lotta, Ashitaka sconfigge Nume salvando la sua gente, tuttavia viene ferito dal dio-cinghiale che lo infetta con il suo rancore sotto forma di piaga. Per impedire che la maledizione si diffonda in tutto il villaggio degli Emishi, il guerriero si mette in viaggio inoltrandosi nel paese alla ricerca di una cura a questo maleficio, che potrà essergli offerta solo da una sacra divinità della foresta. Il suo percorso lo conduce alle porte della Città del Ferro, Tatara: qui la popolazione è dedita all'estrazione del ferro dalle vicine montagne, utilizzato per produrre armi da fuoco, ed è qui che Ashitaka apprende come la collera del dio-cinghiale sia stata causata da una delle pallottole esplose dalle armi di questa città, dalle quali è stato ferito.
Le divinità animali che popolano la foresta circostante sono quindi in guerra contro Tatara e la sua padrona, Eboshi: alla spietata signora della città, si contrappone Mononoke, la "ragazza-spettro", come viene chiamata dagli abitanti del posto, una giovane guerriera cresciuta con i lupi che vive in prima persona la distruzione della foresta ad opera degli uomini. Anche la madre adottiva di Mononoke, il cui vero nome è San, viene infatti ferita dalle pallottole degli uomini e la ragazza intende scatenare la sua furia contro Eboshi, assassinandola. Ashitaka tuttavia si frappone tra San e il suo intento omicida, ritrovandosi così invischiato in un conflitto tra uomini e divinità, mentre scoprirà il suo amore per la ragazza-spettro e dovrà lottare non solo per placare l'inutile guerra che miete vittime innocenti, ma anche per salvare la propria vita, appesa a un filo a causa della maledizione.
Se c'è un elemento preponderante in Principessa Mononoke che risalta tra tutti, anche attraverso questo breve racconto della trama, è lo scontro tra uomo e natura, tra la civilizzazione e il mondo selvaggio, contrapposti dall'avanzare incessante della tecnologia. In questo conflitto senza tempo, Hayao Miyazaki sceglie di rappresentare in larga misura la natura: la foresta e le creature che la popolano sono le vere protagoniste del suo film d'animazione, riempiendo gran parte delle scene con la loro presenza maestosa e soprannaturale, benché al contempo vulnerabile e minacciata dal mondano ingegno degli uomini. Per dare quindi un maggiore risalto alla componente scenica del suo film, Miyazaki si è ispirato, come per altre sue pellicole, a un luogo reale del mondo: le foreste in Principessa Mononoke prendono infatti i loro tratti salienti da quelle presenti a Yakushima, un'isola a sud di Kyushu, in Giappone, ricoperta da boschi e rigogliosa vegetazione.
Lo stesso Miyazaki, tra le sue note di regia in merito a Principessa Mononoke, ha dichiarato:
Gli ambienti principali in cui si svolge la storia sono le impenetrabili foreste degli dei, il cui accesso è vietato agli esseri umani, e le fucine del clan Tatara, che somigliano ad una fortezza. I castelli, le città e i villaggi dediti alla coltivazione del riso, che di norma sono gli ambienti in cui si svolgono le storie in costume giapponesi, qui restano sullo sfondo. Al loro posto abbiamo cercato di ricreare l’atmosfera di un Giappone ancora coperto da fitte foreste, con pochi abitanti e nessun argine, con una natura ancora incontaminata, con montagne lontane e vallate solitarie, ruscelli di acqua limpida, stretti sentieri pietrosi e non battuti e una profusione di uccelli, animali e insetti.
Di dèi...
È chiaro come in Principessa Mononoke, capolavoro dello Studio Ghibli, un sottofondo costante è quello mitologico, con divinità dalle sembianze animali che giocano ruoli fondamentali nel disegno complessivo del mondo. Creature selvagge come imponenti lupi, grossi cinghiali e stambecchi da poter cavalcare, ma anche bestie scaturite dalla fantasia di Miyazaki, come il dio-cervo dall'imponente palco e il volto antropomorfo. Una peculiarità che ha reso questo film tanto importante è quindi anche la presenza di tali personaggi. All'uscita di Principessa Mononoke 24 anni fa, gli spettatori si sono trovati per la prima volta davanti a creature animali in una pellicola d'animazione che non erano protagoniste di gag o parlavano facendo buffe smorfie, ma comunicavano senza muovere la bocca, con un'espressività tendente alla fedeltà con la mimica delle reali bestie che popolano il mondo. Le divinità animali del film sono quindi creature solenni e maestose, dalla presenza tanto spirituale da richiamare la sacralità dei luoghi in cui la pellicola è ambientata e della natura nella sua complessità.
Non è un mistero che Hayao Miyazaki faccia spesso riferimento al credo shintoista nelle sue pellicole (vedi ad esempio Il Mio Vicino Totoro), così anche in Principessa Mononoke i principi fondamentali di questa religione creano una base per la trama del film. La venerazione dei kami, divinità spirituali che albergano in ogni elemento della natura secondo lo shintoismo, viene racchiusa così in questa pellicola: le stesse creature selvagge che abitano i boschi sono delle forme concrete di kami, dei quali il dio-cervo è il "padre" e custode, rappresentando lo spirito della foresta. Tra gli elementi mitologico-religiosi non si può fare poi a meno di menzionare i kodama: esserini bianchi dagli occhi e la bocca vuoti che richiamano, nell'aspetto, dei piccoli fantasmi e che nella cultura giapponese sono gli spiriti che risiedono all'interno degli alberi. Nel corso del film è evidente come questi diminuiscano sempre di più, man mano che l'avanzata dell'uomo si fa sempre più incalzante.
...e uomini
Sono gli uomini a ritrovarsi dall'altra parte di questa lotta descritta in Principessa Mononoke, in un periodo storico appartenente al Giappone feudale in cui, ai valorosi guerrieri e ai samurai, si affiancavano i fabbri e i minatori impegnati nella creazione delle prime micidiali armi da fuoco. Nel raccontare il suo Giappone, Hayao Miyazaki strizza sempre un po' l'occhio alla cinematografia statunitense e in questo caso lo ha fatto rivolgendosi all'epica western: qui, ritrae infatti una città di frontiera quale è Tatara e un eroe (Ashitaka) tra i due fuochi delle popolazioni civilizzate (come potevano esserlo quelle dei lavoratori frontalieri in America) e della natura selvaggia e incontaminata (il deserto e i suoi popoli indigeni), con figure prese dai margini della società e dei racconti filmici.
In questo film ci sono pochi di quei samurai, signori feudali e contadini che di solito appaiono nei film in costume giapponesi. E quelli che ci sono appaiono nei ruoli più marginali. Gli eroi principali di questo film sono i furiosi dei delle foreste della montagna, e quei personaggi che raramente fanno la loro comparsa sul palcoscenico della storia. Tra questi, i membri del popolo dei fabbri Tatara, gli artigiani, i braccianti, i minatori, i carbonai e i conducenti di carri, con i loro cavalli e i loro buoi. Portano armi e hanno quelli che potremmo definire come i sindacati dell’epoca, le loro corporazioni di arti e mestieri.
Non si farà di certo un torto nel dire che il titolo del film, Principessa Mononoke, sia adatto poi a omaggiare la vera protagonista umana della storia: San, giovane allevata dai lupi, spirito guerriero e indomito, che sa con certezza cosa vuole e come ottenerlo. Una principessa che dimostra, ancora una volta come in altre opere dello Studio Ghibli, la potenza della determinazione e dell'emancipazione femminile, sotto forma di una guerriera che combatte per difendere il proprio popolo senza paura nè compromessi.
Tra storia e magia
Come accennato in precedenza Hayao Miyazaki si è diretto, nei suoi piani per la sceneggiatura del film, verso un periodo storico del Giappone ben preciso: quello Muromachi, che va all'incirca dal 1333 al 1568. L'intenzione del maestro d'animazione era infatti quella di rappresentare un'epoca feudale, senza tuttavia i classici stereotipi presenti nelle cinematografia di genere, ma dando spazio alla natura selvaggia, alla sua carica spirituale e ai protagonisti umani meno "raccontati": lavoratori e artigiani. Benché poi la fantasia del regista cavalchi a briglia sciolta, rendendo Principessa Mononoke uno dei più magici film dello Studio Ghibli, i riferimenti storici reali non mancano di certo nella pellicola.
Sembra infatti, ad esempio, che il popolo degli Emishi sia realmente esistito in Giappone. Le tribù Emishi erano tuttavia molto più antiche del periodo Muromachi in cui è ambientata la trama, avendo vissuto nella parte nord-est dell'isola Honshu fino al X secolo d.C., perciò Ashitaka e il suo villaggio rappresentano una sorta di ultima, resistente discendenza di questo popolo. Pare, a questo proposito, che gli Emishi fossero caratterizzati da un forte orgoglio che li spinse a rifiutare per lungo tempo la supremazia dell'Impero giapponese, resistendo come tribù indipendenti grazie anche alle loro tecniche di combattimento. In particolare, si servivano di numerosi arcieri a cavallo che alternavano rapidamente attacco e ritirata, rendendo infruttuosi i tentativi di conquista degli eserciti giapponesi composti da fanteria pesante, che furono in grado di soverchiare gli Emishi solo nell'VIII secolo d.C.
https://youtu.be/sk1Hw7lt2Cc
Hayao Miyazaki si è dedicato quindi a un periodo storico reale del Giappone, così come nel suo Porco Rosso aveva dato spazio agli anni della Seconda Guerra Mondiale in Italia. Questo non gli ha impedito tuttavia di realizzare un'opera filmica densa di epica fantasia, magia e suggestione (disponibile per l'acquisto la versione Blu-Ray a questo link), in perfetto stile Studio Ghibli, che ancora una volta non avrebbe avuto forse le stesse atmosfere senza la presenza del compositore Joe Hisaishi: maestro e amico di Miyazaki che ha scritto la colonna sonora del film così come quella di numerose altre pellicole del celebre Studio.