Sono passati più di dieci anni dall’ultima volta che Obi-Wan Kenobi si è accomiatato dai fan di Star Wars, dopo il tragico epilogo de La Vendetta dei Sith. Per quanto consci di come si sarebbe conclusa la Trilogia Prequel, assistere alla Caduta dei Jedi, alla nascita dell’Impero e del villain per eccellenza del cinema di fantascienza, Darth Vader, fu nel 2005 un colpo emotivamente devastante. Finalmente aveva conosciuto la Repubblica tanto idealizzata in Una nuova speranza, ma ancora mancava un tassello: come si era passati dall’Obi-Wan della Trilogia Prequel al vecchio Ben di Alec Guinness? Cosa era accaduto al Jedi negli anni trascorsi tra l’ascesa di Palpatine e la distruzione della prima Morte Nera? Interrogativo a cui vuole rispondere Obi-Wan Kenobi, l’attesa serie live action di Star Wars disponibile su Disney Plus.
Una miniserie in sei episodi che i fan hanno atteso per molto, troppo tempo. Il ritorno di Ewan McGregor nei panni del Jedi è stato caldeggiato da anni, e probabilmente senza il successo di The Mandalorian l’attesa sarebbe stata ancora più lunga. Il contesto seriale si adatta perfettamente al compito di consolidamento del Canon, la complessa e minuziosa continuity attuale di Star Wars, consentendo di andare a inserirsi all’interno degli spazi vuoti tra i film con un’offerta di grandi avventure che riportano in auge volti noti della saga o presentandone di nuovi. Con tutti i rischi del caso, come ha dimostrato la tiepida accoglienza di The Book of Boba Fett, serie che ha scalfito duramente la fiducia del fandom, trasformando Obi-Wan Kenobi, ironia del destino, in una nuova speranza.
Obi-Wan Kenobi: sopravvivere all'Impero
Speranza che si contrappone a disperazione e rassegnazione. Sono infatti queste due emozioni a dominare l’animo di Kenobi nei primi due episodi della serie, presentati da Disney+ come viatico per questa nuova avventura. Nelle opere corollarie abbiamo visto nuovamente Kenobi affrontare spettri del proprio passato, come Darth Maul, ma non avevamo mai esplorato quel suo esilio volontario su Tatooine, come guardiano del giovane Luke Skywalker. La scarsa considerazione della Trilogia Prequel (La Minaccia Fantasma, L’Attacco dei Cloni, La Vendetta dei Sith) ha impedito di valorizzare la crescita emotiva di Obi-Wan Kenobi, da padawan a maestro, impedendoci di comprendere appieno le chiavi di lettura ideali per interpretare questo personaggio.
Soprattutto, uno dei passaggi più drammatici de La Vendetta dei Sith, il momento finale dello scontro tra Anakin e Obi-Wan, che l’adattamento italiano ha purtroppo penalizzato con una traduzione che ne cambia il significato alla radice:
“I’ve failed you, Anakin, I’ve failed you”
Ti ho deluso, non ho fallito. Obi-Wan (Ewan McGregor) sente di aver deluso Anakin, il suo padawan, ma anche di aver deluso il suo maestro Qui-Gon Jinn, cui aveva promesso di addestrare il Prescelto. È questo senso di fallimento, l’aver mancato ai propri doveri e l’aver condannato con la propria inadeguatezza la galassia che anima l’Obi-Wan che vediamo in questi primi due episodi della serie.
Rifugiatosi su Tatooine, per adempiere al suo incarico di protettore di Luke Skywalker, Obi-Wan si fa ora chiamare Ben, vivendo come un eremita e cercando di guadagnare qualche credito con piccoli lavoretti. Profilo basso e state lontano dal mondo civile sono una necessitù per chi è braccato dall’Inquisitorium, l’agenzi imperiale dedita alla caccia di Jedi sopravvissuti all’Ordine 66, che hanno seguito la pista di Kenobi sino a Tatooine. Un arrendevole e rassegnato Kenobi si sottrae a questa spietata caccia, particolarmente sentita dall’inquisitrice Reeva Savander (Moses Ingram), decisa a stanare il leggendario maestro Kenobi.
Nonostante la sua ferrea volontà di non farsi più coinvolgere dal mondo esterno, Kenobi è costretto a rispondere alla chiamata di aiuto del suo vecchio amico Bail Organa (Jimmy Smith): qualcuno ha rapito Leia, l’altra figlia segreta di Anakin Skywalker. Dopo un’inziale titubanza, Obi-Wan decide di brandire nuovamente la sua spada laser e correre in aiuto della piccola.
Obi-Wan Kenobi si inserisce subito con decisione nella continuity di Star Wars, con un rapido ma straziante ricordo dell’Ordine 66, oltre a mostrare i ricorrenti incubi che infestano il sonno di Kenobi. Tutto mira alla costruzione emotiva di un uomo distrutto, spaventato e roso dai propri sensi di colpa, magnificamente reso da un Ewan McGregor che sembra essere in simbiosi totale con il suo personaggio. Sguardo dimesso, pose stanche e una recitazione misurata, specchio di un uomo che reprime istinti affievoliti e oramai disilluso. La definizione di questo momento dell’esistenza di Kenobi è perfetta, costruita con una sinergia tra character e ambientazione, interagendo al meglio con una realtà lontana dai fasti della Repubblica, oramai radicata nell’oscurità imposta dal regime imperiale. +
Da Obi-Wan a Ben, la (ri)nascita di un simbolo di Star Wars
Affidata interamente a Deborah Chow, Obi-Wan Kenobi promette di essere un capitolo fondamentale non solo della storia del personaggio, ma anche della continuity del franchise. L’epoca dell’Ascesa dell’Impero è stata solo scalfita con The Bad Batch e Star Wars Rebels, con questa serie abbiamo modo di seguire Kenobi alle prese con una società in mutamento verso una dimensione più oscura, che sarà centrale in Una Nuova Speranza. Una demarcazione emotiva che passa anche dalla splendida realizzazione degli scenari in cui si muove Obi-Wan, dalle lande desolate e dimesse di Tatooine all’oscuro e criminale mondo in cui vediamo Kenobi nel secondo episodio. L’intento della serie è netto, curato nel dettaglio per enfatizzare questo aspetto della serie, ricongiungendo spettatori e personaggio.
Tuttavia, non si possono ignorare alcune pecche, che stridono davanti a una realizzazione così curata e che sa affidarsi a un’intelligente gestione degli easter egg, non solo visivi ma anche emotivi. L’antagonista designata, Reeva, sembra essere estremizzata nella sua ossessione per Kenobi, risultando a tratti quasi macchiettistica, complice dei dialoghi poco ispirati e stereotipati, penalizzata anche da una delle scene di inseguimento tra i tetti della cupa metropoli in cui quello che dovrebbe esser uno sfoggio di addestramento e affinità con la forza trasmette la sensazione di una sequenza priva di mordente, con riprese che anziché imprimere spettacolare dinamismo lasciano trapelare quasi una goffaggine stridente con la tenacia che ci si attenderebbe dalla Terza Sorella.
Due episodi non sono sufficienti per dare un giudizio, ovviamente, ma al netto delle pecche riscontrate è innegabile che poter vedere nuovamente in azione Obi-Wan Kenobi, assistere al passaggio dall’irriverente maestro Jedi della Trilogia Prequel al più saggio e misurato Ben di Alec Guinness rappresenta un irresistibile invito a continuare la visione di questa serie.