Nathan Never lo sa. Sembra ieri che le edicole italiane furono invase da manifesti che stuzzicavano la curiosità dei lettori di fumetti, alludendo a misteriose creature e a scenari fantascientifici, creando una grande aspettativa per l’ultimo nato di casa Bonelli. A conti fatti, quel ‘ieri’ è avvenuto nel 1991, quando un trio di giovani autori, incassata la fiducia dell’editore meneghino, andava ad arricchire una proposta fumettistica che comprendeva Indagatori dell’Incubo e Detective dell’Impossibile con un investigatore del futuro, Nathan Never. Sono passati trent’anni dall’esordio, avvenuto con Agente Speciale Alfa, ma il Musone, come è stato ribattezzato affettuosamente Nathan, ancor oggi è al centro di un universo futuro che ha saputo proporsi come un banco sperimentale per la casa editrice, che proprio con Nathan Never ha voluto cimentarsi con dinamiche narrative differenti rispetto alle precedenti produzioni.
Oggi giorno, pensando al pantheon dei personaggi bonelliani, siamo portati a vedere nell’agente Alfa il simbolo stesso della fantascienza della casa editrice. Un primato che Nathan Never si è meritato non solo per esser stato la prima serie sci-fi marchiata Bonelli, ma per aver mostrato di sapere interpretare diversi generi della tradizione della narrativa d’anticipazione, aprendo, in un certo senso, la strada ad altre serie che hanno poi fatto della sci-fi la propria essenza, come Gregory Hunter o Orfani. Ma il Musone è il personaggio fantascientifico per eccellenza dell’editore milanese, e non possiamo ignorare come questo traguardo sia il culmine di una lunga presenza di elementi sci-fi nella produzione bonelliana.
Nathan Never, l'investigatore del futuro che ha portato la fantascienza nell'universo bonelliano
- La fantascienza bonelliana prima di Nathan Never
- Agente Speciale Alfa
- Burocrazia imperiale e società galattica
- L’Universo Alfa
La fantascienza bonelliana prima di Nathan Never
Non che in casa Bonelli la fantascienza fosse mancata prima dell’arrivo dell’universo di Nathan Never. Testate storiche, come Zagor, avevano stuzzicato la curiosità dei lettori affidandosi alla presentazione di villain che fossero un chiaro omaggio alla narrativa sci-fi classica, mentre personaggi dalla vita avventurosa e mysteriosa declinavano la fantascienza secondo una chiave narrativa che puntava al mistero e all’inspiegabile, raccogliendo l’eredità di serie televisive come The Twilight Zone e anticipando di diversi anni un cult come X-Files. All’interno di questa ricchezza di storie e personaggi, la fantascienza bonelliana era quasi un divertissement con cui si voleva spingere i personaggi verso lidi inesplorati, ma non era realmente il fulcro principale della narrazione.
Ripensando a figure come Hellingen, o alle storie di Altrove e alle indagini mysteriose del BVZM, la percezione è che la sci-fi in casa Bonelli fosse solo lievemente sfiorata, appellandosi a una visione della fantascienza dal gusto classico, fortemente influenzata dall’era pulp e da una concezione avventurosa e, volendo, romantica. Va concesso che questa presenza nella produzione bonelliana era frutto dell’esperienza di autori cresciuti con opere classiche, ancora prima della grande rivoluzione del canone narrativo fantascientifico avvenuto a cavallo di fine anni ’70 e i primi anni ’80. Un terreno fertile che aveva portato alla comparsa di grandi cult come Alien, Blade Runner o la rinascita di Star Trek, che furono capaci di suggestionare una nuova generazione di narratori.
D’altronde, la rivoluzione sci-fi vista nella letteratura e nel cinema non poteva che dare nuovi spunti, segnando una nuova interpretazione anche nei comics. Come spesso viene rilevato parlando della fantascienza, il dipingere mondi futuri rappresenta una perfetta metafora del mondo contemporaneo, seguendo la lezione di maestri come Dick o correnti letterarie come il cyberpunk, che proprio negli anni ’80 stava imponendosi come la ‘nuova fantascienza’ grazie ad autori come William Gibson. Questo rinnovato gusto per la letteratura d’anticipazione non poteva che tradursi anche in nuova dialettica del genere in ambito fumettistico, capace di offrire nuove potenzialità.
Di sicuro, queste nuove tendenze fecero presa su tre giovani appassionati sardi, che fecero della loro passione per la fantascienza e per il mondo dei comics la scintilla vitale di un nuovo personaggio: Nathan Never.
Agente Speciale Alfa
Nel 1985, in Bonelli fecero il loro ingresso tre autori sardi: Antonio Serra, Michele Medda, Bepi Vigna, ribattezzati preso il ‘trio dei sardi’. Le prime esperienze del trio erano legate a Martin Mystère e Dylan Dog, ma nelle loro idee era già presente un personaggio che mirava a esser il punto di riferimento della fantascienza a fumetti italiana. Animati dalle suggestioni della fantascienza del periodo, letteraria e cinematografica, il loro approccio alla narrativa sci-fi era fortemente influenzata dal cyberpunk e dal nuovo linguaggio del grande schermo, dove cult come Blade Runner avevano imposto un nuovo immaginario collettivo. Un lavoro di modellazione del personaggio, che culmina quando nel 1989 i tre propongono all’editore il pitch di una nuova pubblicazione, dedicata a un investigatore del futuro.
La formazione culturale dei tre autori è stata probabilmente il vero valore aggiunto di Nathan Never. Contrariamente alla precedente generazione di sceneggiatori, il trio sardo non ha avuto modo di crearsi un immaginario sci-fi basato sulla produzione americana (cinematografica e letteraria), ma ha goduto anche del rinnovamento del genere dato dallo sviluppo di una nuova concezione di fumetto supereroico, specie marveliano, durante la Silver Age, oltre ad approcciare il fumetto di genere francese ed esser tra i primi ad assistere all’invasione del fumetto e dell’animazione nipponica. In un certo senso, Nathan Never è figlio tanto di Blade Runner quanto di Akira, un figlio di più mondi che hanno esercitato una profonda influenza sul trio autoriale, che ha compiuto un’accurata opera di sintesi nel sapere cogliere le giuste sfumature di questa pluralità di stimoli per dare vita a una figura concreta e definita.
Modellato sulla figura del Rick Deckard di Blade Runner, il personaggio, provvisoriamente battezzato Nathan Nemo, viene affidato allo studio grafico di due disegnatori, Claudio Castellini e Dante Bastianoni. Il primo nome scelto, tuttavia, non convince Alfredo Castelli, creatore di Martin Mystére e storico autore bonelliano, che sollevando un’obiezione scaramantica (legata al nome di una casa editrice fallita) propone un’alternativa: Nathan Never. Dei due progetti grafici, alla fine viene scelto quello di Claudio Castellini, che oltre a disegnare il primo numero (Agente Speciale Alfa) diviene anche copertinista ufficiale della serie. Dopo una prima avventura di 14 pagine, il Numero Zero, pubblicato nella primavera del 1991 da Alessandro Distribuzioni, l’esordio ufficiale in edicola avviene nel giugno dello stesso anno.
Dal punto di vista del racconto, Nathan Never rappresenta un punto di svolta per la narrativa tipica della casa editrice milanese. Le precedenti serie, sia quelle storiche che le proposte più recenti in quel periodo (Martin Mystère e Dylan Dog) erano strutturate come libere, prive di una continuity serrata che desse alla struttura delle collane una solidità tipica, invece, del fumetto superoico, in cui i personaggi crescono, assieme al loro mondo, con l’evolversi della serie. La passione del Trio dei Sardi per questa tipologia di narrazione aveva spinto a voler tentare questo approccio differente, specialmente su insistenza di Antonio Serra, che vedeva in una continuity serrata e dinamica un punto a favore del loro progetto. Non è dunque un caso che in proprio in Nathan Nerver abbiamo un personaggio mobils in mobile, ossia in evoluzione all’interno di un ambiente sociopolitico che muta nel tempo, sia come conseguenza di azioni intraprese dal personaggio sia per fattori non direttamente a lui imputabili ma che avranno, a loro volta, impatto diretto sulla sua vita. Che si tratti di maxi-saghe, altro concetto introdotto dal Musone in Bonelli e figlio della passione per comics supereroico degli autori, o di personaggi ricorrenti, la narrazione della serie è un flusso persistente, che cerca di mantenere una propria linearità, creando un mondo, anzi un universo, coerente.
Altrettando importante è la modalità con cui si crea un rapporto di empatia con il lettore, tramite un citazionismo garbato e mai pretenzioso. In casa Bonelli la vena citazionista era già presente all’interno di alcune storie di Dylan Dog, ma in questa fase si potrebbe parlare più che altro di strizzatina d’occhio con cui Sclavi ammiccava al lettore, solitamente per alleggerire con un buon tempo comico situazioni complesse. In Nathan Never, questo elemento viene rielaborato al fine di renderlo sinergico alla narrazione, lavorando su due piani: costruzione di un immaginario condiviso e omaggio.
Nel primo caso, nel dare forma e visione al mondo in cui muove Nathan, i tre autori si sono lasciati ispirare da elementi a loro cari e traslati nella loro essenza all’interno della narrazione (vedi il corpus narrativo di Asimov relativo ai robot), oppure hanno rielaborato concetti noti in una forma innovativa (l’ameba parassita Strikeshape è un omaggio allo xenomorfo di Alien). Questa impostazione non scivola mai nel citazionismo ruffiano, ma cerca di costruire un mondo vivo e facilmente assimilabile dagli appassionati di fantascienza, che possono quindi ritrovare punti di riferimento su cui creare una propria esperienza con il personaggio, dando al contempo degli spunti a lettori neofiti, che possono altresì scoprire nuovi concept narrativi approfondendoli altrimenti.
Diversa meccanica rispetto all’omaggio, che viene utilizzato dagli autori come una sorta di inside joke con i lettori. Ad iniziare dal primo numero, dove alla fine compare il nome di Aaron N. Stack (‘la N sta per Nathan, spero non ti dispiaccia’), che cita con delicatezza il Machine Man kirbyano. Ma questa condivisione di passione tra autori e lettori prosegue in alcuni titoli di albi, da Il monolito nero (storia di Bepi Vigna, Michele Medda, Antonio Serra, disegni di Germano Bonazzi) a Io, Robot (storia di Antonio Serra, disegni di Dante Bastianoni), o inserendo espedienti narrativi che omaggiano monumenti della pop culture, come la scelta di inserire degli androidi dotati dei poteri dei Fantastici Quattro in L’ora della Vendetta ( storia di Federico Memola e Antonio Serra, disegni degli Espositi Bros) o introdurre un personaggio come l’androide Link in L’orrore sopra di noi, con una serie di evidenti richiami a Star Trek: The Next Generation.
Il mondo di Nathan Never
Come detto, a fare da teatro alle avventure di Nathan Never è un mondo futuro credibile. La volontà di creare una fantascienza possibile ha fatto sì che per quanto ci risulti avulso alla nostra contemporaneità, l’universo in cui si muove Nathan sia comunque figlio dei nostri tempi, evolva concetti che oggi possono esser ancora in uno stadio iniziale o ancora pura teoria, mostrandoci quelle che possono possibili sviluppi futuri. Dal viaggio nello spazio alla manipolazione genetica, grandi classici della narrativa fantascientifica sono traslati in Nathan Never con accuratezza, dando al lettore la sensazione di futuribile, di probabile. Complice l’introduzione, nei primi numeri, di una rubrica, al termine del volume, battezzata non a caso ‘Il mondo di Nathan Never’, in cui venivano presentati schemi tecnici di veicoli, o si presentavano dettagli specifici di questo mondo del mondo, contribuendo a creare una base pseudo-scientifica con cui dare ulteriore concretezza all’ambientazione.
Il mondo è profondamente cambiato rispetto ai nostri giorni, dopo che un cataclisma ha mutato in modo evidente la geografica del pianeta, con conseguenti disastri ecologici, e nel nuovo ordine sociale che è scaturito da questa tragedia, il governo mondiale ha promulgato il Callaghan Act, legge che consente la creazione di agenzia di pubblica sicurezza e vigilanza, che si affiancano ai tradizionali organi di polizia per far fronte a una criminalità sempre più intraprendente e attrezzate. A una di queste agenzie, l’Alfa, appartiene Nathan Never.
In passato militare nel corpo della Fanteria dello Spazio, Nathan lascia l’esercito per entrare nella polizia militare, animato dalla volontà di esser il migliore, approcciandosi anche con spavalderia al suo ruolo. Sposato con Laura e padre della piccola Ann, Nathan cede alla passione per un sostituto procuratore, Sara McBain, una scelta che lo porterà a esser lontano dalla famiglia quando un criminale, Ned Mace, per vendicarsi ucciderà la moglie e rapirà la figlia. Devastato da questo dolore, Nathan lascerà la Terra per ritirarsi presso il tempio Shaolin di Tersicore, dove viene raggiunto da Edward Reiser, direttore dell’Agenzia Alfa, che gli offre un lavoro come agente investigativo per pagare le spese necessarie per curare la figlia Ann, ritrovata recentemente e rimasta traumatizzata dall’esperienza al punto di sviluppare una forma di autismo.
Eccellente combattente e dotato di un acume investigativo non indifferente, Nathan non è il tradizionale eroe dei fumetti. Contrariamente a una tradizione che vede personaggi dal chiaro approccio eroico, Nathan spicca per la sua umanità, valorizzata principalmente nelle sue ombre. Storie come il doppio episodio L’Abisso delle Memorie - L’undicesimo comandamento (storia di Michele Medda, disegni di Nicola Mari) contribuiscono infatti a darci una visione netta dei tormenti umani di Nathan, lontani dalla ferita originaria tipica del comics supereroico, ma declinati in un’accezione più concreta e percepibile epidermicamente dal lettore, contribuendo a rendere Nathan uno dei character più realistici del pantheon bonelliano.
L’Universo Alfa
La genesi concettuale dell’investigatore del futuro bonelliano ha fatto sì che i suoi autori sviluppassero per Nathan Never non un semplice mondo, ma un vero e proprio universo. Affidandosi a concetti tradizionali della narrativa fantascientifica, come viaggi nel tempo e universi paralleli, quello che avrebbe potuto essere un classico ambiente circoscritto viene espanso in una più ampia visione della continuity del personaggio, consentendo di dare vita anche a serie spin-off, sia dedicate a personaggi vicini a Nathan che immaginando universi alternativi, in quello che potremmo definire Universo Alfa (come una delle collane legate al mito di Nathan Never).
All’interno di questa impostazione rivoluzionaria per la casa editrice, viene valorizzato il concetto di saghe, complessi archi narrativi che interessano Nathan anche per mesi, ponendo le basi per rivoluzioni in seno al suo universo. Capitoli come la Saga Alfa, la Guerra dei Mondi o la presenza di nemici capaci di far sentire la propria importanza su ampi orizzonti temporali, come i Tecnodroidi o Aristote Skotos, sono punti essenziali della continuity di Nathan Never, consentendo agli autori di mostrare come anche la serialità italiana fosse in grado di offrire una complessa opera di world building.
L’impatto di questo cambio di paradigma narrativo ha consentito a Nathan Never di divenire uno dei personaggi più amati e apprezzati della casa editrice milanese. Non solo perché capace di attirare gli appassionati di sci-fi grazie a un intelligente intreccio di citazionismo e rielaborazione personale di spunti classici del genere, ma per la valorizzazione emotiva del protagonista e dell’universo che ruota attorno a lui, in costante crescita ed evoluzione. Un successo che ha consentito a Nathan Never di venire scelto come volto di importanti collaborazioni della casa editrice con enti e istituzioni, portando l’Agente Alfa a esser protagonista di volumi in cui, in collaborazione con l’ASI (Agenzia Spaziale Italiana), ci ha guidati alla scoperta dell’avventura spaziale, portando ancora una volta Nathan Never dove nessun personaggio bonelliano era mai giunto prima.