No Normal. Con un titolo che rimanda uno dei cicli fumettistici simbolo di Ms. Marvel si è conclusa la prima stagione della serie del Marvel Cinematic Universe dedicata a Kamala Khan, la giovane eroina che, sulla carta, doveva rappresentare l’alter ego ideale per i giovani spettatori del franchise. Un ruolo che, nelle dinamiche marveliane, è sempre stato attentamente valutato, sin dagli albori del mondo supereroico della Casa delle Idee, dove questo ruolo di metafora del mondo adolescenziale era stato cucito addosso a un certo Peter Parker. Considerato come il Tessiragnatele del Marvel Cinematic Universe con Spider-Man: No Way Home si è emancipato dal ruolo di ragazzino, entrando in una dimensione più matura, questo ruolo era rimasto vacante, e Kamala era una perfetta pretendente. Eppure, nonostante un avvio promettente, la sensazione è che alla conclusione della prima stagione di Ms Marvel questo passaggio di consegne manchi di particolare enfasi.
L’idea di dare vita a una serie rivolta a un pubblico adolescenziale è una felice intuizione da parte di Marvel Studios. La pluralità di idee e suggestioni che stanno attraversando il Marvel Cinematic Universe, complice la presenza di una piattaforma come Disney+ che non solo permette di ampliare l’MCU verso direttrici sinora impensabili, ma si presta anche a essere uno spettacolare laboratorio sperimentale. Moon Knight ha mostrato, al netto dell’apprezzamento finale, che la piattaforma streaming Disney è perfetta per questo scopo, specie quando ci si addentra in properties di una certa risonanza, quali Marvel Cinematic Universe o Star Wars. I primi episodi di Ms. Marvel, come avevamo raccontato nella nostra anteprima, sembravano puntare a questa pluralità di potenzialità per dare vita a una serie fresca, libera da una narrazione oramai sin troppo consolidata del franchise, rivolgendosi a un nuovo pubblico, più giovane e attratto da suggestioni narrative più dinamiche e vivaci.
ATTENZIONE: quanto segue contiene spoiler su Ms. Marvel
Ms. Marvel, specchio di pregi e difetti del Marvel Cinematic Universe
Motivo per cui, i primi due episodi sembravano essere una gradevole novità all’interno del Marvel Cinematic Universe. La presenza di un metalinguaggio che interpretava l’interiorità di Kamala, quasi un’emulazione delle didascalie di un fumetto, rappresentava una gradevole novità, una conferma di una voglia sperimentale che in precedenza si era già apprezzata in progetti animati, come Spider-Man: Un nuovo universo o I Mitchell contro le macchine. Strana, per un prodotto seriale, ma comunque intrigante, al pari dell’esperimento metanarrativo dei primi episodi di WandaVision. Ma proprio come la serie dedicata ai due Vendicatori, anche Ms. Marvel sembra aver avuto timore di proseguire questa sua innovativa sfida, tornando presto all’interno di una narrazione più tradizionale, perdendo nella seconda parte della serie parte della propria natura.
Se i primi episodi ci hanno consegnato un’eroina in erba, ben inserita nella propria comunità, giunti al termine della prima stagione la sensazione è che i Marvel Studios stiano mostrando una certa difficoltà nell’arrivare alla conclusione delle proprie storie. Con Ms. Marvel si percepisce una difficoltà nel gestire al meglio la ricchezza di spunti introdotti, che nel caso della storia di Kamala non solo prettamente eroistici, ma si sono estesi anche a una definizione socio-culturale interessante. La presenza della cultura pakistana e della sua ancor oggi complessa integrazione nel tessuto sociale americano erano aspetti che, parte integrante dell’esistenza fumettistica del personaggio, potevano essere sfruttati meglio, ma che sono stati sacrificiati in una serie di brusche accelerazioni narrative che, purtroppo, hanno generato più confusione che coerenza. Il racconto sul passato della famiglia di Kamala, durante la fine degli anni ’40, era un capitolo molto intimo per la giovane protagonista ma è stato liquidato troppo rapidamente, condensando eccessivamente dei passaggi essenziali per la definizione della trama che hanno, come risultato, indebolito la costruzione emotiva del personaggio.
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Per quanto Iman Vellani sia stata perfetta nel trasmettere l’ingenua dolcezza di un’adolescente alle prese con la scoperta di essere molto più di una comune teen-ager, il dovere tenere in equilibrio questo suo ruolo con i rapporti personali della ragazza risulta fortemente sbilanciato, vittima di una necessità di condensare il tutto in una manciata di espisodi. Una scelta che può essere ininfluente per il pubblico di riferimento, avvezzo a una compressione dei tempi narrativi, ma che all’occhio di uno spettatore in cerca di maggior definizione dei personaggi e della loro vita potrebbe sembrare traballante. No Normal, il capitolo finale, se preso singolarmente è avvincente, pur essendo un episodio frenetico per trasmettere la sensazione di una fuga continua, ma ha il pregio di ricollegarsi con la giusta moderazione al linguaggio narrativo dei primi due episodi, non solo nel tono fortemente teen di alcune scene, ma anche nella caratterizzazione cromatica delle scene più intense, dove il manifestarsi dei superpoteri viene gestito con intelligenza. Ma è proprio questo suo rifarsi maggiormente ai primi due episodi della serie che acuisce il senso di profondo squilibrio di questa serie, che sembra essersi persa nella sua parte centrale per poi tentare una rapida chiusura in cui tutto deve essere portata alla degna conclusione, anche forzatamente, se necessario.
Non che questo condanni del tutto Ms. Marvel, che rimane una serie godibile e caratterizzata da momenti divertenti ed emozionanti, che sicuramente troverà in un pubblico adolescenziale i suoi maggiori sostenitori. Kamala, d’altronde, è entrata a far parte del Marvel Cinematic Universe nel momento adatto, considerato come la presenza di figura adolescenziali legate al mondo supereroico del franchise sia sempre più pressante, come abbiamo visto in Hawkeye o in Doctor Strange nel Multiverso della Follia.
La difficile rotta del MCU del futuro
La creazione di questa nuova generazione di eroi è un percorso che i Marvel Studios stanno seguendo con una oramai evidente attenzione, tanto da legare proprio a loro la possibilità di essere i tramiti per l’ingresso nel Marvel Cinematic Universe di figure del pantheon marveliano. Sotto questo aspetto, Kamala nell’ultimo episodio viene ulteriormente allontanata dalla sua controparte fumettistica, riscrivendone l’origine in modo da offrire un potenziale entry point per uno dei più attesi elementi del mondo Marvel, il mondo mutante.
Ms. Marvel rappresenta, quindi, i due diversi volti dell’attuale Marvel Cinematic Universe, un franchise che dopo anni di dominio incontrastato del mondo dell’entertainment sta mostrando i primi cedimenti proprio quando dovrebbe cercare nuove strade, nuovi spunti. Se da un lato l’avventura di Kamala, come il più bistrattato Moon Knight, mostra un timido ma significativo tentativo di esplorare nuove dinamiche narrative, dall’altro conferma la tendenza a perdere di lucidità nella gestione della trama complessiva della serie, lasciando emergere un senso di spaesamento.