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Mistborn: Il Campione delle Ere, recensione: la conclusione dell'Era Uno della saga di Sanderson

Mistborn: Il Campione delle Ere, la conclusione della prima trilogia di Mistborn

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a cura di Manuel Enrico

In sintesi

Mistborn: Il Campione delle Ere, la conclusione della prima trilogia di Mistborn

Preferisco sempre un romanzo con un finale debole ma ottimi personaggi rispetto all’inverso. Difficile trovare una dichiarazione di intenti più netta di quella con cui Brandon Sanderson accoglie i lettori di Mistborn – Il Campione delle Ere, il capitolo finale della prima trilogia della sua saga fantasy più celebre. Va concesso che questa affermazione di Sanderson viene inserita nella prefazione di un’edizione che ripropone il suo romanzo, pubblicato originariamente nel 2008, che consente all’autore di avere uno sguardo distaccato rispetto al suo sé più giovane. Oggi, infatti, siamo abituati a riconoscere a Sanderson una vena autoriale inconfondibile, basata sulle sue tre celebri Leggi di Sanderson, ma quando il primo ciclo di Mistborn, meglio noto come Era Uno, muoveva i primi passi la meritata fama di Sanderson era ancora lontana.

L’occasione presentata da Mondadori di rileggere l’Era Uno di Mistborn (L’Ultimo Impero, Il Pozzo dell’Ascensione e Il Campione delle Ere), grazie a una stupenda riedizione all’interno della collana dei Draghi, consente di poter compiere questa analisi retrospettiva assieme all’autore. Prima di Mistborn, Sanderson aveva all’attivo alcuni racconti brevi e un romanzo, Elantris, che erano ben più contenuti rispetto alla creazione di un complesso meccanismo sociale come quello di Luthadel, teatro delle avventure di Vin, e dei suoi compagni allomanti.  Eppure, già in questa sua prima fase della sua carriera, lo scrittore americano sembra aver trovato una propria identità stilistica, capace di integrare al meglio le necessità di un accorto world building alla valorizzazione dei singoli personaggi.

Mistborn: Il Campione delle Ere, la conclusione della prima trilogia di Mistborn

Ripensando a serie fantasy coeve di Mistborn, salta all’occhio come la saga di Sanderson si concentri su un numero ristretto di personaggi. Contrariamente a cicli come Le Cronache del ghiaccio e del fuoco o La Ruota del Tempo (saga conclusa proprio da Sanderson alla morte dell’autore, Robert Jordan), Mistborn non cerca di trasmettere la complessità di questa ambientazione popolandola di innumerevoli personaggi da utilizzare all’occorrenza, ma concentra sulle figure essenziali tutti gli snodi narrativi necessari. Da L’Ultimo Impero a Il Campione delle Ere non assistiamo a un gonfiarsi del parterre di eroi e villain, la nostra attenzione viene mantenuta sulla stessa, ristretta cerchia di protagonisti, su cui viene intessuta una trama che si evolve in una relazione quasi simbiotica: come il mondo influisce sulle scelte dei protagonisti, questi agiscono direttamente sul mondo stesso.

Se nel primo capitolo questo era evidente, seguendo lo slancio rivoluzionario di Kelsier, con Il Pozzo dell’Ascensione diventa evidente che la nuova società di Luthadel abbia influenza diretta sui giovani protagonisti, Vin e Elendel. Soprattutto, il concetto di eroismo e vittoria dell’eroe viene scardinato, aprendo a una rivelazione che si rivela come uno dei tratti più interessanti della narrazione di Mistborn: non tutto è come sembra. Ad animare Kelsier prima e i suoi compagni, in seguito, è la convinzione di avere piena conoscenza della storia dell’Ultimo Impero, una sicurezza che li guida prima durante la rivoluzione e in seguito nel creare una nuova società. La grande verità de Il Pozzo dell’Ascensione è la perdita di questa sicurezza, il mostrare come lo studio degli antichi scritti e delle tradizioni non sia stato fonte di verità, ma anzi abbia, in una certa misura, fuorviato i protagonisti. Un radicale cambio di prospettiva che consente a Sanderson non solo di rimanere fedele al suo principio (ottimi personaggi) ma anche di proiettare i lettori verso un ottimo finale per questa sua trilogia. E per arrivare a questo scopo, Sanderson identifica un modus operandi che spesso viene tralasciato nell’epica contemporanea: il dubbio dell’eroe.

Aver sconfitto il Lord Reggente e aver posto in esser una società potenzialmente migliore suona come un traguardo eroico, ma se dietro questo nobile intento si nascondesse anche il seme della delusione? A mostrarlo è Sazed, il Custode, colui che più di tutti era depositario di conoscenze arcane e mente di alcune delle grandi macchinazioni della banda di Kelsier e Vin. Posto di fronte alla verità che molte delle sue convinzioni erano errate, costretto ad accettare anche la vacuità della perdita di persone care, Sazed è il personaggio più affascinante e drammatico de Il Campione delle Ere. Sanderson abilmente intreccia questa tematica emotivamente travolgente con un’analisi retrospettiva delle azioni del Lord Reggente, che passa dal ruolo di despota a quello di uomo sacrificatosi, divenendo il male minore per un mondo a rischio, capace di creare un percorso di salvezza che passa per la propria morte. Quasi una figura cristologica, resa tale in questo ultimo capitolo tramite la definizione dei protagonisti stessi della saga, costretti ad affrontare scelte simili prima dell’annichilimento del mondo.

La fine di un'era, l'inizio della successiva

Sanderson, con l’Era Uno di Mistborn, imbastisce un racconto in cui a esser centrale non è solo l’analisi sociale, quanto piuttosto l’impatto che religione e tradizioni, con le sovrastrutture culturali ed emotive, possono imporre. La figura del Lord Reggente era divenuto il fulcro di un regime teocratico, che aveva trasformato un uomo desideroso di salvare il proprio mondo in un essere divino, e il nuovo ordine nato dalla caduta dell’Ultimo Impero sembra muoversi nella stessa direzione. Con questa visione, Sanderson si consente un’analisi più ampia del proprio mondo, proiettandolo anche verso una versione più moderna, in cui il divino viene privato della sua aura mistica. Elemento che sarà cardine della Era Due, che dovrebbe proseguire la complessa trama della saga di Mistborn.

In attesa che anche in Italia Mondadori, che ha rilevato dal precedente editore i diritti di Sanderson, porti anche il primo capitolo della Era Seconda di Mistborn, La Legge della Lande, rileggere l’Era Prima è possibile grazie alla riedizione all’interno della collana di Draghi. Un’edizione di prestigio, con una grafica che rende pieno rispetto al contesto epico di Mistborn.

Voto Recensione di Mistborn - Il Campione delle Ere



Voto Finale

Il Verdetto di Tom's Hardware

Pro

  • - Conclusione perfetta dell'Era Uno di Mistborn

  • - Personaggi mai banali e ben caratterizzati

  • - Edizione di Mondadori impeccabile

Contro

  • - Non pervenuti

Commento

Sanderson, con l’Era Uno di Mistborn, imbastisce un racconto in cui a esser centrale non è solo l’analisi sociale, quanto piuttosto l’impatto che religione e tradizioni, con le sovrastrutture culturali ed emotive, possono imporre. La figura del Lord Reggente era divenuto il fulcro di un regime teocratico, che aveva trasformato un uomo desideroso di salvare il proprio mondo in un essere divino, e il nuovo ordine nato dalla caduta dell’Ultimo Impero sembra muoversi nella stessa direzione. Con questa visione, Sanderson si consente un’analisi più ampia del proprio mondo, proiettandolo anche verso una versione più moderna, in cui il divino viene privato della sua aura mistica. Elemento che sarà cardine della Era Due, che dovrebbe proseguire la complessa trama della saga di Mistborn.

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