Mission: Impossible Fallout è finalmente arrivato nei cinema italiani. L'attesa è stata lunga, complice la volontà della distribuzione nostrana di evitare il botteghino estivo, e di far uscire il film con circa un mese di ritardo rispetto all'uscita originale.
Poco male, perché quello che andrete a vedere in sala è una summa di buona parte della serie Mission: Impossibile e, in quanto tale, è forse uno dei miglior action movie degli ultimi anni, se non uno dei migliori di sempre.
L'azione, la forsennata sequenza di scene che - da un certo punto del film - si sussegue in un climax incalzante, restituisce allo spettatore un tripudio visivo di rara bellezza, in cui ogni scena sembra essere confezionata per essere memorabile.
Abbiamo visto il film per voi e siamo pronti a restituirvi il nostro parere anche se, francamente, vale subito la pena togliersi il dente: Fallout è un film bellissimo, che va visto senza indugi!
Fallout ritesse le sue fila direttamente dall'ultimo capitolo della serie, il bellissimo e ispirato Rogue Nation, che aveva visto l'IMF alla caccia della cosiddetta "Congrega", un gruppo terroristico con l'idea di sovvertire l'ordine mondiale, cui Hunt e la sua squadra si erano contrapposti nel precedente film.
Solomon Lane, l'ex MI6 la cui cattura era stata al centro della trama del precedente film, fa quindi il suo ritorno. Il personaggio è palesemente il corrispettivo in salsa action di quel James Moriarty che da Sherlock Holmes ha poi ispirato una gran quantità di villain raffinati e machiavellici.
Il film parte con un ritmo inzialmente sincopato. La prima parte del film (considerato il minutaggio forse sarebbe meglio dire, il primo terzo) comincia con un ritmo lento, proponendo allo spettatore quei giochi di spionaggio che, pur non essendo più ai livelli del primissimo film, sono da sempre un distintivo marchio di fabbrica della saga.
Eppure nonostante questo la trama si fa intrigante da subito, per quanto apperentemente sembri un po' meno ispirata, salvo poi letteralmente esplodere con una sequenza di scene da capogiro. Forsennate, ritmate, adrenaliniche.
Mission: Impossible Fallout sembra non avere mai un momento di stanca. Procede col suo ritmo assurdo e si ferma solo quando non ha altro da mostrare allo spettatore, ovvero sui titoli di coda.
Come da tradizione, Hunt viene sbattuto da una parte all'altra del mondo, mostrando un Tom Cruise che ormai ben oltre i 50, sembra più giovane e indiavolato che mai.
Il suo personaggio, il suo Ethan, è ormai l'archetipo perfetto dello stunt actor, originariamente in competizione con un altro grande mito dello stunt "fatto in casa", ovvero l'inossidabile Jackie Chan, oggi più che mai in vetta alla classifica del genere action.
Ethan, ma meglio dire Tom, pilota un elicottero (e lo fa davvero, cosa che gli è costata 2 anni di lavoro), salta tra i palazzi della skyline di Parigi, si prodiga in combattimenti in spazi angusti (per altro in coppia con un ottimo Henry Cavill) sullo stile del cinema cinese. Lo fa sempre con una innaturale disinvoltura, a testimonianza di quanto Cruise sia ormai lanciato, e a suo agio, nel campo del genere action.
Cruise è inarrestabile, Ethan un po' meno. Hunt spesso si perde, sogna il suo passato (o il suo futuro?) e vive una stanchezza che non si esprime a parole, ma trapela nelle espressioni languide, nelle incertezze sull'azione.
Capita spesso che il personaggio confermi a sé stesso e allo spettatore di agire non più d'impulso, ma quasi a caso, come se ormai si fosse rassegnato a una vita che, per quanto avvincente, lo costringe verso una serie di stenti emotivi e affettivi. Lo si legge negli occhi di Ethan, come in quelli delle donne che incontra, che paiono sempre sospese tra affetto, compassione e pietà.
Sono attimi, che fanno da base alla trama emotiva di Hunt, mentre a contorno si accerchiano i (pochi) amici di sempre e i tanti nemici, tra vecchi e nuovi, tra cospiratori e Intelligence. Ma poi si va avanti, perché non c'è tempo di perdersi in chiacchiere: il mondo potrebbe finire da un momento all'altro.
Il che non significa che in questo Fallout non ci siano dialoghi, non ci sia lo sviluppo di Hunt, o non ci siano momenti più squisitamente introspettivi. Semplicemente tutto avviene nel bel mezzo dell'azione, del caos, del marasma.
Un qualcosa che, a pensarci bene, non è affatto semplice (specie per una serie come Mission: Impossible), ma che invece non solo funziona, ma è sempre perfettamente leggibile.
Il merito è certamente tanto della scrittura quanto della regia. Proprio quest'ultima si dimostra sempre convinta, estrosa, quasi maniacale, a conferma di quanto Christopher McQuarrie sia ormai a suo agio con il brand dopo la precedente (ottima) prova.
L'azione costituisce, di fatto, la vera narrazione di Mission: Impossible Fallout. La sua è una sintesi di trama in favore di un'azione esplosiva. McQuarry si gioca ogni carta per farcelo capire e per stamparcelo bene in testa attraverso sequenze memorabili, che di volta in volta hanno un aspetto così fenomenale ed esplosivo da sembrare quasi innovative (e in parte lo sono), se non inedite.
Poi a sfondo la musica, sempre incalzante e galvanizzante, e una fotografia chiara e pulita, che restiuisce in qualunque frangente un'immagine distinta e seguibile, ma soprattutto la cifra attoriale di Cruise, un attore che nonostante le critiche, le cadute e finanche l'odio, riesce con grande carisma a dimostrarsi sempre oltre la media di Hollywood.
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