Questa non è missione difficile, è missione impossibile, difficile è una passeggiata per lei. Non ci è certo andato leggero il comandante Swanbeck di Anthony Hopkins quando in Mission: Impossible 2 metteva alle corde il suo miglior agente, Ethan Hunt (Tom Cruise). Per quanto espressa all’interno di un dialogo poco piacevole, questa è probabilmente la migliore definizione con cui ritrarre uno dei simboli del cinema spionistico contemporaneo, Mission Impossible, franchise che dal 1996 tiene i fan con il fiato sospeso grazie alle incredibili avventure di Ethan Hunt. Pur essendo divenuta una delle saghe più famose del grande schermo, Mission Impossible ha una storia molto più longeva che risale al periodo d’oro della spy story cinematografica.
Nonostante oggi associamo Mission Impossible alla concezione moderna delle avventure spionistiche del grande schermo, affiancando la figura di Ethan Hunt a quelle di personaggi come Jason Bourne o James Bond, le origini di questi incredibili agenti segreti risale agli anni ’60, quando la serialità televisiva americana puntava a spostare l’attenzione degli spettatori verso nuove storie, offrendo un’alternativa alle tradizionali avventure western o sit-com. E il mondo contemporaneo non era certo avaro di spunti su cui lavorare.
Mission Impossible, dalla serie TV alla saga cinematografica con protagonista Ethan Hunt
- Spionaggio e cinema: da James Bond a Mission Impossible
- Mission Impossible, agenti nell’ombra
- Questo messaggio si autodistruggerà tra dieci secondi
- Il Ritorno di Missione Impossibile
- Mission Impossibile, l’era di Ethan Hunt
Spionaggio e cinema: da James Bond a Mission Impossible
Dopo la conclusione della Seconda Guerra Mondiale, il nuovo clima di contrapposizione silenziosa tra le due grandi potenze, U.S.A. e U.R.S.S., divenne una delle principali fonti di tensioni sociali. La paura costante del pericolo atomico andava di pari passo con una nuova concezione di guerra, lo spionaggio, che proprio a partire dal secondo dopoguerra iniziò a divenire un concept narrativo particolarmente gradito. Pur se percepita su un piano romanzato, la guerra delle spie, con la sua natura di gioco tra le ombre, era un elemento narrativo magnetico e accattivante, eco delle ansie dei cittadini comuni che stavano iniziando a concepire come dietro le grandi manovre delle superpotenze potesse esserci un gioco oscuro portato avanti da uomini capaci di affrontare missioni ad alto rischio, animati solamente dall’amore per la patria e da avventurosi stratagemmi.
Erano gli anni in cui in Inghilterra James Bond riusciva a passare dalle pagine dei libri di Ian Fleming al grande schermo, un momento epocale per il genere, che proprio grazie all’agente segreto di Sua Maestà si ritaglia uno spazio nell’immaginario collettivo. La guerra di spie non viene più mostrata come una lotta fatta solo di assassinii e violenza, ma si colora di altre sfumature, come l’intraprendenza del singolo o la presenza di gadget che all’epoca sembravano pura fantascienza. La spia diventa quindi una sorta di eroe invincibile, capace di uscire da qualsiasi situazione con l’ingegno e il fascino, con il giusto pizzico di violenza che sapesse dare agli spettatori il brivido finale.
Questo consolidarsi della figura della spia sul grande schermo non poteva certo lasciare indifferente il mondo della serialità televisiva. Sempre in cerca di nuovi stimoli, negli anni ’60 il comparto televisivo era pronto a lanciarsi verso nuove frontiere, occasione che consentì a Bruce Geller di presentare una serie basata sullo spionaggio che fosse la summa di diverse ispirazioni. Alla base della sua idea c’era una suddivisione della narrazione basata su dialoghi minimal, sostenuto da una colonna sonora particolarmente presente, sulla scia del successo del film Topkapi. Pellicola del 1964, Topkapi utilizzava questa insolita dinamica per raccontare una storia con protagonisti dei criminali che riuscivano, tramite una serie di incredibili trovate, a realizzare un colpo eccezionale.
Questa loro impresa fu d’ispirazione per Geller, che immaginò al posto dei ladri una squadra di agenti segreti impegnati in missioni che nessuno poteva compiere altrimenti. Per Geller, il cuore della storia non doveva essere tanto la precisa caratterizzazione dei personaggi, quanto le loro capacità e come queste si adattassero alle esigenze dell’incarico affidato, al punto che fece espresso divieto agli sceneggiatori di inserire momenti privati dei protagonisti. Tutto doveva essere focalizzato sulla loro missione come agenti segreti, non dovevano avere una personalità o una vita privata che potesse influenzare la loro vita.
Lavorando su questo spunto, Mission Impossible divenne una delle serie più iconiche del periodo. Sostenuta dalla citata passione per lo spionaggio, la serie creata da Geller si distingueva per la sua creazione di una dinamica specifica in cui non si ricorreva alla violenza, quanto piuttosto a un’intraprendenza dei singoli personaggi, accuratamente selezionati per via delle loro capacità. Un concept innovativo, che nelle prime battute dello sviluppo mirava a creare una serie basata sulla presenza di una solo figura ricorrente, una sorta di referente, che di volta in volta avrebbe scelto l’agente migliore per la missione da compiere. Idea innovativa che venne mantenuta anche nella versione finale della serie, seppure in maniera più contenuta, consentendo non solo di poter inserire la presenza di numerose guest stars, ma anche di agevolare l’eventuale ricambio delle figure principali.
Trovandosi in un periodo particolarmente ‘caldo’ per lo spionaggio, Mission Impossible doveva dosare con attenzione le missioni dei suoi agenti. LA Guerra Fredda era sicuramente l’elemento contemporaneo, ma l’obiettivo di Geller era quello di non rendere il contesto reale l’unica fonte di avventure per i suoi agenti segreti. Motivo per cui raramente viene menzionato il nemico comunista, mentre si preferì creare una sorta di ‘mondo fittizio’, in cui gran parte dei nemici erano nascosti in paesi non meglio definiti (come la ‘Repubblica Popolare Europea’, ‘Repubblica dell’Europa Orientale’), in cui veniva parlata una lingua simile allo slavo, frutto di una contaminazione tra diversi idiomi dell’Est Europa che venne ribattezzato ‘Gellerese’, che fosse comunque facilmente interpretabile da persone all’oscuro delle lingue slave per avere un contesto ambientale. Parole come police in gellerese diventavano poliicia o poliia, mentre le stazioni di rifornimento riportavano la scritta Gäz, facilmente riconducibile al gas americano.
Mission Impossible, agenti nell’ombra
La Impossibile Mission Force (IMF) è una divisione top secret, il cui intervento viene richiesto da una misteriosa braca dei servizi segreti americani, la Divisione Sette, quando i tradizionali canali spionistici non possono operare. Questo pone la IMF oltre il controllo di qualsiasi agenzia segreta americana, tanto che nei celebri messaggi di ingaggio viene sempre specificato che il governo, in caso di cattura di un agente, negherà qualsivoglia coinvolgimento.
A conferma di questa estraneità al normale iter delle agenzie spionistiche, gli uomini e le donne della IMF non sono i soliti agenti. Le forze della IMF sono composte da individui con particolarità uniche, che li rendono perfetti per infiltrarsi oltre le linee nemiche o per crearsi nuove identità con cui ingannare i nemici. I primi agenti erano Rollin Hand (Martin Landau), attore trasformista e illusionista, Cinnamon Carter (Barbara Bain), attrice e modella, Barney Collier (Greg Morris), inventore geniale, e Willy Armitage (Peter Lupus), il braccio del gruppo. A guidare questo gruppo era Dan Briggs (Steven Hill), che si occupava di ricevere le indicazioni dall’agenzia selezionando quindi gli agenti ideali per il caso.
La formazione iniziale durò solo per le prime quattro stagioni, quando il ruolo di Dan Briggs venne trasferito su Jim Phelps (Peter Graves), a causa di problemi tra Hill e la produzione. Anche gli altri attori del cast vennero pian piano sostituiti da nuovi attori, che, pur interpretando nuovi personaggi, preservarono le caratteristiche dei loro predecessori. Questi cambi portarono alla presenza di altri volti noti della serialità del periodo, come Leonard Nimoy, lo Spock di Star Trek che sostituì Martin Landau. A consentire questo ricambio era anche la presenza dei set di altre serie televisive nelle vicinanze dei teatri di posa di Mission Impossible, agevolando quindi il meccanismo di guest starring. Una funzione insita da sempre nel meccanismo della serie, tanto che sin dalle prime battute era stata inserita un’apposita scena, battezzata dossier scene, in cui l’agente capo della IMF selezionava una serie di agenti analizzando le loro schede personali.
Questo messaggio si autodistruggerà tra dieci secondi
A rendere celebre Mission Impossible fu anche la creazione di particolarità specifiche di una comunicazione segreta che fecero subito facile presa sul pubblico. Inconfondibile è la scena in cui viene comunicata la missione alla IMF, tramite un nastro che, al termine del messaggio, si autodistrugge, idea che venne ripresa dai romanzi della serie Nick Carter- Killmaster, in cui il protagonista riceve le proprie missioni tramite questo stratagemma. È innegabile che questa peculiarità sia divenuta una delle più note caratteristiche della serie, tanto da comparire anche nelle sue più recenti declinazioni, seppure aggiornata a moderne tecnologie, complice l’esser divenuta patrimonio dell’immaginario collettivo, tanto da esser ripresa e omaggiata in diverse opere successive.
Una tradizione che ha consentito anche alla celebre scena iniziale, accompagnata dalle note del tema composta da Lalo Schiffrin, di non mancare mai nelle diverse iterazioni di Mission Impossible. Al pari della gunbarrell sequence di James Bond, l’accensione della miccia che sfrigola davanti agli occhi dello spettatore è uno dei tratti più noti di Mission Impossible, la caratteristica sigla che anticipava alcune scene dell’episodio mentre la miccia completava la propria corsa. Non un’invenzione totalmente originale, ma che grazie al convincente utilizzo fatto in Mission Impossible divenne un canovaccio a cui si rifecero diverse serie successiva, come quelle britanniche realizzate dai coniugi Anderson (Thunderbirds, UFO, Spazio 1999), o all’americana Battlestar Galactica.
Il Ritorno di Mission Impossible
Mission Impossible iniziò il proprio mito nel settembre 1966, concludendo il suo primo arco narrativo nel 1973. A portare a questa conclusione fu una progressiva perdita di interesse da parte degli spettatori nel genere in conseguenza alle nuove storie della serie, che a partire dalla quinta stagione, su richiesta della Paramount, abbandonarono lo spionaggio interazionale, rinunciando quindi a costi impegnativi per la realizzazione di costumi e set ad hoc, concentrandosi invece su missioni domestiche, in cui la IMF divenne principalmente una squadra di indagine incaricata di ritrovare prove da utilizzare in tribunale contro nemici interni dello stato, abbandonando la tendenza storica a mettere i nemici l’uno contro l’altro e introducendo l’elemento della confessione registrata, ottenuta con l’astuzia.
A dare un ulteriore colpo di grazia alla serie intervenne anche la presenza di una diversa situazione politica internazionale, specialmente con lo scoppio del conflitto in Viet-Nam, che allontanò il pubblico da questa tipologia di serie. Mission Impossibile venne quindi chiusa nel 1973, ma ebbe una seconda occasione quando, a fine anni ’80, uno sciopero degli sceneggiatori costrinse le major a ricorrere al recupero di vecchie idee e sceneggiature per supplire alla mancanza di nuove idee. Paramount decise allora di utilizzare nuovamente Mission Impossibile, iniziando immaginando un reboot della serie, ma optando in fine per un seguito in cui solo Jim Phelps (Robert Graves) fosse ancora presente, mentre gli altri personaggi sarebbero stati nuove figure che avrebbero proseguito le avventure della IMF. Complice una serie di allocazioni all’interno del palinsesto della ABC, Il Ritorno di Mission Impossible ebbe ascolti talmente bassi da venire chiuso dopo la seconda stagione. Questa breve rinascita della IMF, avvenuta nel biennio 1989-1990, è stata comunque fondamentale nel riportare in auge il nome della serie, in attesa che una delle star di Hollywood decidesse di dare alla sua serie preferita una nuova vita sul grande schermo.
Mission Impossible, l’era di Ethan Hunt
Non è un mistero che Tom Cruise sia l’artefice del successo del nuovo corso di Mission Impossible. Se da un lato la sua interpretazione di Ethan Hunt è divenuta iconica, non va trascurata la sua passione per la serie originale, che lo ha sempre spinto a volerne realizzare un film. Mosso dalla passione per la tradizione della IMF, Cruise, dopo aver incontrato il regista Brian de Palma mentre girava Intervista con il vampiro, non esitò ad abbandonare la sua precedente idea di un film sui Mission Impossible con Sidney Pollack per dedicarsi a questo progetto con de Palma. Fu proprio il regista a convincere Cruise ad ambientare gran parte della storia a Praga, mentre l’attore, deciso a realizzare una spy story avvincente ma al contempo realisticamente convincente, si impegnò al massimo non solo nell’interpretazione, ma anche nell’utilizzare tecnologie e strumentazioni che consentissero di creare una visione concreta delle missioni della IMF.
Per questo ritorno in scena della IMF, avvenuto nel 1996, si era inizialmente pensato di creare una sorta di legacy, ricollegandosi direttamente alla serie originale. Idealmente, tutti gli attori sarebbero dovuti tornare brevemente in azione, venendo eliminati da un avversario misterioso e motivando la nascita di una nuova formazione della IMF guidata da Ethan Hunt. Tuttavia, a creare una spaccatura tra il cast originale e la nuova incarnazione della IMF fu la decisione di trasformare Jim Phelps (interpretato da Jon Voight) in un traditore decisione che mandò su tutte le furie non solo lo storico interprete del personaggio, Robert Graves, che rifiutò di riprendere il ruolo, ma tutto il cast originale, che non esitò a usare parole al vetriolo contro il film, come fece Martin Landau in un’intervista del 2099:
Quando avevano iniziato a lavorare al primo film, quindi non sulla sceneggiatura utilizzata alla fine, volevano che la squadra originale venisse eliminata, un agente alla volta, scelta che non mi vedeva d’accordo. Era sostanzialmente un film d’azione, mentre Mission Impossibile è una sfida mentale, avevano cambiato tutto. Dovevamo offrirci volontari per far suicidare i nostri personaggi? Non mi interessava, e la sceneggiatura non era nemmeno buona
All’epoca della sua uscita, Mission Impossible ottenne un buon riscontro, pur incassando anche alcune critiche relative alla sceneggiatura, che mostrava una serie di passaggi poco convincenti. Ad essere universalmente apprezzata fu l’interpretazione di Tom Cruise nei panni di Ethan Hunt, una sinergia tra personaggio e autore che portò alla nascita di uno dei franchise più amati del cinema contemporaneo.
Mission: Impossibile (1996)
Al termine di una missione a Kiev, il veterano della Impossibile Mission Force Jim Phelps (Jon Voight) e la sua squadra vengono inviata a Praga per impedire a un agente traditore, Alexander Golitsyn, di rubare la lista degli agenti C.I.A. sotto copertura per passarla ai servizi segreti rivali. Durante questa missione, la squadra di Phelps viene decimata, lasciando come unico sopravvissuto il suo pupillo, Ethan Hunt (Tom Cruise). Miracolosamente sopravvissuto, Hunt si incontra con il direttore Kettridge in un ristorante di Praga, dove viene aggiornato su caccia alla talpa, scoprendo come ora il sospettato principale sia proprio Hunt. Dopo una rocambolesca fuga, Hunt decide di muoversi autonomamente per scoprire chi sia la talpa in seno alla IMF e vendicare il suo mentore, scoprendo invece un complesso intreccio di tradimenti e lealtà tradite.
Mission: Impossibile 2 (2000)
Lo scienziato Vladimir Nerkhorvich invia una richiesta di aiuto al suo amico Dmitri, agente speciale della IMF, per impedire che un virus letale venga trasformato in un’arma. Dmitri è in realtà il nome di copertura di Ethan Hunt, ma non potendo intervenire per dare supporto all’amico, la IMF invia al suo post l’agente Sean Ambrose (Dougray Scott), che dopo aver recuperato il virus Chimera, realizzato dalla Biocyte Pharmaceutical, tradisce la IMF per vendere il virus al miglior offerente. Per fermare l’agente traditore prima che utilizzi il Chimera come arma, Ethan Hunt viene inviato dal direttore Swanbeck (Anthony Hopkins) ad arruolare la ladra internazionale Nyah Nordoff-Hall (Thandiwe Newton), ex fidanzata di Ambrose, per utilizzarla come spia nell’organizzazione di Ambrose.
Mission: Impossibile 3 (2006)
Ethan Hunt non è più un agente operativo della IMF, ma si limita a fare l’addestratore. Condizione che gli permette di crearsi una famiglia con Julia (Michelle Monaghan), che sta per sposare, ma all’improvviso il vice direttore dell’IMF John Musgrave (Billy Cudrup) lo contatta per recuperare un’agente della IMF, Lindsey Farris, catturata dal nemico. Durante la missione di recupero, Hunt si scontra con il trafficante d’armi Owen Davain (Philip Seymour Hoffman), che per vendetta rapirà la futura signora Hunt, costringendo Ethan a recuperare per lui un prezioso oggetto. Costretto ad agire fuori dalle regole, Ethan dovrà guardarsi dall’IMF, che lo considera un traditore, cercando di salvare la donna amata e fermare Davian.
Mission Impossibile - Protocollo Fantasma (2011)
Durante una missione in territorio sovietico, Ethan Hunt rimane coinvolto in una missione incaricata di recuperare i codici di lancio di un’arma sconosciuta, nome in codice Cobalt. Catturato e tenuto prigioniero a Mosca, Ethan riesce a fuggire, non senza una spettacolare esplosione che costringe il presidente americano a dichiarare il Protocollo Fantasma: la IMF viene ufficialmente considerata sciolta, ma ufficiosamente è incaricata di completare la missione. Durante un rendez vouz con il direttore della IMF, questi rimane ucciso durante un attacco dell’agente della SRV, Sidorov, colluso con Cobalt, che si rivela essere Kurt Hendicks,un esperto di guerra nucleare, intenzionato a creare un conflitto da U.S.A. e Russia.
Mission Impossible - Rogue Nation (2015)
Dopo aver scoperto durante Mission Impossibile – Protocollo Fantasma dell’esistenza del Sindacato, Ethan Hunt è deciso a distruggere questo pericoloso cartello criminale. Questo tentativo lo porta ad assistere a un attacco diretto del Sindacato, che uccide davanti ai suoi occhi una giovane agente dell’IMF, prima di addormentarlo. Un’azione che spinge il direttore della C.I.A. Alan Hunley (Alec Baldwin) a dubitare dell’esistenza del Sindacato, ottenendo di assorbire le forze della IMF all’interno della C.I.A. Costretto ad operare fuori dalle regole di ingaggio, Ethan viene catturato dal Sindacato e liberato da una loro ex agente, Ilsa Faust (Rebecca Ferguson), che lo aiuterà a fermare i piani di Solomon Lane, ex agente dell’MI6 e ora capo del Sindacato. Fermando i piani del Sindacato, Hunt e la sua squadra riabilitano il nome della IMF che può quindi tornare a operare con l’appoggio del governo.
Mission Impossible - Fallout (2018)
Dopo la sconfitta di Solomon Lane, il Sindacato è divenuto un’organizzazione terroristica nota come gli Apostoli, operando anche come mercenari. In questo ruolo sono stati assunti dall’estremista John Lark, intenzionato a creare tre armi atomiche da utilizzare per altrettanti attacchi. Hunt e la sua squadra dell’IMF sono incaricati di fermare questo piano, ma non riescono a completarlo quando Ethan decide di salvare Luther Stickwell (Ving Rhames), amico di lunga data e collega, consentendo la fuga di alcuni sospetti. Insoddisfatta della missione, la direttrice della C.I.A. Erika Sloane affianca a Hunt l’agente speciale August Walker (Henry Cavill), che si rivelerà essere un traditore affiliato agli Apostoli. Nel tentativo di fermare i piani della setta terroristica, Hunt sarà costretto a liberare Solomon Lane, salvo poi intraprendere una missione disperata per impedire a Lane e Walker di compiere.