Per chi vi scrive, incontrare James O'Barr è come incontrare quella rockstar che segui da tutta una vita ed a cui, per un motivo o per un altro, hai sempre desiderato stringere le mano, per farci due chiacchiere.
Autore di indiscusso talento, ma purtroppo non molto prolifico, O'Barr è conosciuto principalmente per aver dato vita al mito de “Il Corvo”, straordinario esempio di fumetto underground nato nel 1988 e consacratosi anche al cinema grazie al cult tragico con Brandon Lee.
Avevo inseguito O'Barr nel 2015, alla sua prima Lucca Comics & Games, ed in quell'occasione non riuscii, per vari motivi ad intervistarlo. Dire, quindi, di essere andato a Lucca solo per incontrarlo, intervistarlo e stringergli la mano, è quanto di più simile ci sia alla realtà.
Scusate quindi se questa intervista vi risulterà quanto mai personale, tanto da aver usato la prima persona per raccontarvi dell'incontro, ma credo mi capirete. Il cappotto di pelle, il cerone bianco, le magliette nere e strappate: la sintesi di quello spirito gotico che ha percorso buona parte del mondo del fumetto anni '90 è anche merito suo.
Vorrei iniziare dicendole che per me è un onore poterla incontrare e avere, finalmente, un’intervista con lei. Ho letto Il Corvo per la prima volta quando ero molto giovane e allora non capii fino in fondo cosa volesse comunicare a noi lettori. L'ho poi riletto varie volte, ma è stato quattro anni fa, in concomitanza di alcuni problemi personali, che l'ho riletto un'ultima volta capendone fino in fondo il dolore e la sofferenza nascosti nelle sue pagine. Da qui la mia domanda: si può dire che sia il dolore, il cuore della sua opera? O è solo un mezzo attraverso il quale ci racconta la sua personale tragedia da cui, poi, è nato Il Corvo?
In merito a quei tragici giorni… (il corvo è stato ispirato dalla tragica morte della fidanzata dell'epoca di O'Barr ndr) ci pensa tuttora? Sono sempre impressi nella sua mente?
Cosa ne pensa di questo nuovo “Il Corvo Memento Mori”? Per noi è un moto d’orgoglio, essendo un prodotto italiano, ma crede che il suo universo immaginario, il suo Corvo, sia ancora in grado di comunicare qualcosa anche senza la sua storia personale alle spalle?
Si aspettava l’enorme successo ottenuto dalla sua opera, quando la scrisse?
Credo che l’unica analogia nell’industria del fumetto si trovi nelle Tartarughe Ninja. Tra i pochi prodotti che, come il suo, sono arrivati alla popolarità da una radice profondamente underground.
Pensa che una situazione del genere sia ancora possibile?
Una delle curiosità che ricordo in merito alla sua storia è che alcuni nomi dei personaggi, come Top Dollar, derivano dai graffiti della tua città, Detroit.
Ma non sa nulla di loro, giusto?
Che rapporto ha con la sua città? Qui in Italia abbiamo la percezione che Detroit sia una città molto… difficile.
Ne sente la mancanza?
Perché pensa che il lavoro svolto con Il Corvo possa ancora considerarsi contemporaneo? Per quale motivo crede sia possibile? Dopotutto Il Corvo è la sua storia personale, le appartiene.
Cosa pensa in merito a un possibile reboot del film? Sembra maledetto. Crede che il problema sia l’industria cinematografica o la storia?
Sta pensando di scrivere qualcosa di nuovo?
Può parlarcene?
Parlando di Eric, qual è stata la sua prima idea nei suoi confronti? Perché la maschera?
Un aspetto in particolare che ho amato di Memento Mori è il lavoro svolto da Werther Dell’Edera. Sono un suo grande fan e sì, il suo stile può essere piuttosto gotico ma ovviamente è qualcosa di completamente diverso rispetto al suo lavoro. Anzitutto perché è a colori.
Condivide, magari anche in minima parte, la sua visione del Corvo?
E a proposito del personaggio? Cosa ne pensa?
Prima ha parlato dell’Italia e dell’accoglienza che ha sempre trovato. Mi piacerebbe sapere la sua impressione sul nostro Paese.
Gliel’ho chiesto perché quando penso al Corvo, ritengo che uno dei protagonisti della vicenda sia proprio la città di Detroit, dove si svolgono gli eventi. Non sono molti i fumetti a farlo, la maggior parte si limita a dare un contesto vago mentre noi sappiamo che la storia di Eric si colloca con precisione.
Ed è la stessa cosa che ha fatto Recchioni scrivendo Memento Mori. Lo trovo bellissimo perché è la seconda storia del Corvo che si avvicina a una storia d’amore attraverso una specifica città e il suo contesto. Detroit è famosa per determinate cose, Roma per altre. Per questo credo che Memento Mori non voglia limitarsi a raccontare una strana storia d’amore, ma abbia piuttosto l’obiettivo di essere una seconda perfetta versione del suo lavoro.
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