Lucca Comics & Games 2018, la nostra intervista a James O'Barr, creatore de Il Corvo
Durante il Lucca Comics & Games 2018, noi di Tom's Hardware abbiamo scambiato quattro chiacchiere con il creatore de "Il Corvo" James O'Barr... Ecco com'è andata!
Per chi vi scrive, incontrare James O'Barr è come incontrare quella rockstar che segui da tutta una vita ed a cui, per un motivo o per un altro, hai sempre desiderato stringere le mano, per farci due chiacchiere.
Autore di indiscusso talento, ma purtroppo non molto prolifico, O'Barr è conosciuto principalmente per aver dato vita al mito de “Il Corvo”, straordinario esempio di fumetto underground nato nel 1988 e consacratosi anche al cinema grazie al cult tragico con Brandon Lee.
Avevo inseguito O'Barr nel 2015, alla sua prima Lucca Comics & Games, ed in quell'occasione non riuscii, per vari motivi ad intervistarlo. Dire, quindi, di essere andato a Lucca solo per incontrarlo, intervistarlo e stringergli la mano, è quanto di più simile ci sia alla realtà.
Scusate quindi se questa intervista vi risulterà quanto mai personale, tanto da aver usato la prima persona per raccontarvi dell'incontro, ma credo mi capirete. Il cappotto di pelle, il cerone bianco, le magliette nere e strappate: la sintesi di quello spirito gotico che ha percorso buona parte del mondo del fumetto anni '90 è anche merito suo.
Vorrei iniziare dicendole che per me è un onore poterla incontrare e avere, finalmente, un’intervista con lei. Ho letto Il Corvo per la prima volta quando ero molto giovane e allora non capii fino in fondo cosa volesse comunicare a noi lettori. L'ho poi riletto varie volte, ma è stato quattro anni fa, in concomitanza di alcuni problemi personali, che l'ho riletto un'ultima volta capendone fino in fondo il dolore e la sofferenza nascosti nelle sue pagine. Da qui la mia domanda: si può dire che sia il dolore, il cuore della sua opera? O è solo un mezzo attraverso il quale ci racconta la sua personale tragedia da cui, poi, è nato Il Corvo?
No, siamo di fronte a una storia d’amore. Il dolore serve a ricordare di non dare questo amore per scontato. Apprezzalo finché ce l’hai, non dopo che è andato perduto.
In merito a quei tragici giorni… (il corvo è stato ispirato dalla tragica morte della fidanzata dell'epoca di O'Barr ndr) ci pensa tuttora? Sono sempre impressi nella sua mente?
Non puoi superare una cosa del genere, solo imparare a conviverci. Ho ancora dei vuoti nel mio cuore ma sono piccoli. Posso ancora essere felice e lo sono molto, adesso.
Cosa ne pensa di questo nuovo “Il Corvo Memento Mori”? Per noi è un moto d’orgoglio, essendo un prodotto italiano, ma crede che il suo universo immaginario, il suo Corvo, sia ancora in grado di comunicare qualcosa anche senza la sua storia personale alle spalle?
Assolutamente sì. Le tematiche sono universali, chiunque può percepirle: la perdita e il dolore che ne deriva sono sentimenti aperti all’interpretazione.
Si aspettava l’enorme successo ottenuto dalla sua opera, quando la scrisse?
No (ride). Sono passati circa trent’anni ormai e all’epoca non si producevano fumetti di questo tipo, fumetti estremamente personali. Non è una storia lineare, parte dal mezzo per poi tornare indietro, e in quegli anni era un libro molto difficile da leggere. Sapevo che ci sarebbero state persone, là fuori, in grado di comprenderlo ma non ero sicuro che sarebbero riuscite a trovare quel messaggio… soprattutto in un fumetto.
Credo che l’unica analogia nell’industria del fumetto si trovi nelle Tartarughe Ninja. Tra i pochi prodotti che, come il suo, sono arrivati alla popolarità da una radice profondamente underground.
Sì. Di fatto sono loro (la casa editrice Mirage Studios ndr) ad aver reso tutto possibile, perché furono i primi a pubblicare un fumetto che non fosse legato a Marvel o DC, e forse fu anche grazie a un po’ di fortuna che raggiunse il pubblico. Prima, se non eri Marvel o DC, i distributori non si interessavano al tuo fumetto ma loro riuscirono e diventare un enorme fenomeno e vendettero milioni di copie: il messaggio per cui tu, autore generico, potessi essere preso in considerazione dai distributori e pubblicato passò grazie a loro.
Pensa che una situazione del genere sia ancora possibile?
Era indubbiamente l’età dell’oro per i fumetti, un tempo veramente prospero. Adesso è possibile, sì, ma tutti possono disegnare e avere la loro copia stampata. È un po’ come la musica, se mi concedi l’analogia: chiunque abbia un laptop può diventare un musicista. Lo stesso vale per il fumetto, ci sono persone che non hanno idea di come si realizzi, non capiscono la mole di lavoro che c’è dietro, eppure lo fanno. Questo porta a un oceano di pessime produzioni. Il potenziale per un’altra età dell’oro ci sarebbe ma poiché oggi gli strumenti sono accessibili a tutti, e sì come dici tu anche internet gioca la sua parte, è difficile trovare la rosa nel mare di melma che ci circonda.
Una delle curiosità che ricordo in merito alla sua storia è che alcuni nomi dei personaggi, come Top Dollar, derivano dai graffiti della tua città, Detroit.
Nel mio fumetto sono tutte persone vere, non le ho inventate.
Ma non sa nulla di loro, giusto?
Potrei averle incontrate.
Che rapporto ha con la sua città? Qui in Italia abbiamo la percezione che Detroit sia una città molto… difficile.
Era conosciuta come la capitale degli omicidi, negli Stati Uniti. Ora è solo una città abbandonata, vuota, se ne sono andati tutti. L’intera città era costruita attorno alla produzione di automobili, non c’era altro, ma ormai tutte le case automobilistiche hanno abbandonato Detroit. Io sono andato via dieci anni, non rimaneva più nulla. I posti in cui sono cresciuto, i negozi, i posti in cui andavo ad ascoltare musica e ballare… non ci sono più.
Ne sente la mancanza?
No perché ho dei nuovi posti lì dove vivo ora. Mi sono trasferito a Dallas, in Texas, una città meravigliosa con un ottimo panorama artistico e musicale. Mi rattrista pensare a Detroit perché, letteralmente, è un agglomerato di strade ed edifici vuoti.
Perché pensa che il lavoro svolto con Il Corvo possa ancora considerarsi contemporaneo? Per quale motivo crede sia possibile? Dopotutto Il Corvo è la sua storia personale, le appartiene.
Perché chiunque può passare attraverso una situazione simile. L’hai detto tu stesso, hai sofferto, e nel fumetto hai trovato una certa risonanza con il tuo vissuto. Tutti siamo destinati a perdere qualcuno che amiamo, è un dato di fatto: può essere un genitore, un fratello o una sorella, il nostro amore… perderemo qualcuno a un certo punto.
Cosa pensa in merito a un possibile reboot del film? Sembra maledetto. Crede che il problema sia l’industria cinematografica o la storia?
Credo dipenda dall'industria cinematografica, la storia non c’entra. Sanno che un nuovo film del Corvo sarebbe un successo d’incassi perciò chiunque lavori dietro le quinte, i produttori, si stanno litigando una fetta di questo possibile trionfo. Nulla a che vedere con la sceneggiatura o il regista. È l’avidità di queste persone.
Sta pensando di scrivere qualcosa di nuovo?
Sì, ho alcuni fumetti sui quali sono concentrato ora.
Può parlarcene?
Non finché non ho un contratto con l’editore. Ma in questo fumetto (Il Corvo Memento Mori ndr) ho realizzato dieci nuove pagine per il Corvo ed è solo per l’Italia, un Paese che è sempre stato accogliente nei miei confronti nel corso degli anni.
Parlando di Eric, qual è stata la sua prima idea nei suoi confronti? Perché la maschera?
Pensai che sarebbe stato ironico, per l’uomo più triste del mondo, avere un sorriso sempre stampato in volto. Un concetto che si applica a molte persone: sono tristi ma pretendono di essere felici. Queste dieci pagine rappresentano il mio commiato a Eric e Shelley. Lavorerò ad altri fumetti ma con personaggi diversi.
Un aspetto in particolare che ho amato di Memento Mori è il lavoro svolto da Werther Dell’Edera. Sono un suo grande fan e sì, il suo stile può essere piuttosto gotico ma ovviamente è qualcosa di completamente diverso rispetto al suo lavoro. Anzitutto perché è a colori.
Sì, anche se è molto monocromatico. Ci sono pochi sprazzi di colore. Mi piace molto.
Condivide, magari anche in minima parte, la sua visione del Corvo?
Fino a questo weekend non avevo incontrato né Recchioni né Dell'Edera, ma come te sono cresciuti leggendo Il Corvo. Devo dire che come artisti mi piacciono molto.
E a proposito del personaggio? Cosa ne pensa?
Una bella storia. E prende un’ottima piega.
Prima ha parlato dell’Italia e dell’accoglienza che ha sempre trovato. Mi piacerebbe sapere la sua impressione sul nostro Paese.
Tutti sono concordi che l’Italia sia bellissima, al punto da far diventare questo concetto un cliché. Non posso parlare per chiunque nel mondo ma negli Stati Uniti si parla molto della sua bellezza, del cibo, anche delle donne. Da noi è nella lista dei posti dove andare in vacanza.
Gliel’ho chiesto perché quando penso al Corvo, ritengo che uno dei protagonisti della vicenda sia proprio la città di Detroit, dove si svolgono gli eventi. Non sono molti i fumetti a farlo, la maggior parte si limita a dare un contesto vago mentre noi sappiamo che la storia di Eric si colloca con precisione.
Tutti i posti nel fumetto sono reali. Negozi, bar, i nomi delle strade, tutto.
Ed è la stessa cosa che ha fatto Recchioni scrivendo Memento Mori. Lo trovo bellissimo perché è la seconda storia del Corvo che si avvicina a una storia d’amore attraverso una specifica città e il suo contesto. Detroit è famosa per determinate cose, Roma per altre. Per questo credo che Memento Mori non voglia limitarsi a raccontare una strana storia d’amore, ma abbia piuttosto l’obiettivo di essere una seconda perfetta versione del suo lavoro.
Sì, e lo apprezzo per questo.
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