Fantasmi infelici che pretendono soddisfazione, conti che, sorpresa!, in realtà sono dei vampiri, esseri creati ricucendo cadaveri che “sicuramente” non potrebbero fare del male a nessuno, nelle immancabili cornici di castelli medievali, abbazie, rovine antiche. Il tutto, condito da passioni e romanticismo, fanciulle vittime di uomini che intendono irretirle e uomini che iniziano a porsi più di qualche domanda sulla propria razionalità e umanità. Forse non tutti sanno che proprio in queste premesse è possibile rintracciare le fondamenta che sono state gettate nell’erigere non solo il genere horror, ma anche in generale il concetto di letteratura di consumo come lo intendiamo oggi.
È infatti nella letteratura gotica che hanno origine i capisaldi di ciò che, diversi anni più tardi, sarebbe rientrato nella definizione di horror espandendosi a macchia d’olio dalla carta stampata alla pellicola in celluloide. Ma cosa significa realmente il termine “gotico”? In quale contesto sociale si è sviluppato questo genere letterario? E qual è stato il passo successivo che ci ha portati da Walpole, Shelley, Stoker a Poe, Lovecraft e King?
Letteratura gotica: tutto quello che c'è da sapere
- Passione gotica
- Tutto ebbe inizio con un romanzo...
- Come si evolve la letteratura gotica?
- Dalla letteratura gotica, il passaggio all’horror moderno
Passione gotica
Per capire meglio con quali modalità è nata la letteratura gotica e perché proprio nel periodo tra il XVIII e il XIX secolo, bisogna fare un piccolo passo indietro e comprendere tanto la cultura dominante dell’epoca, quanto le cause che hanno spinto gli intellettuali ad etichettare tale genere letterario come “gotico”, in buona sostanza spesso con un’attitudine spregiativa. In gran parte dell’Europa di metà ‘700, infatti, la cultura e le arti assimilano il pensiero prevalente che vede nella razionalità e nel ragionamento scientifico gli unici fondamenti accettabili per una società civile. Ci troviamo dunque in pieno illuminismo, l’era del “lume della ragione”, in cui il principio della razionalità come unico metro di giudizio applicabile si estende anche alle arti figurative, alla musica e alla letteratura, con un particolare gusto per l’armonia studiata nel dettaglio tipica del classicismo, decretando così il sorgere della cultura neoclassica.
Va da sè che dai principi illuministici viene messo al bando tutto ciò che potrebbe derivare dal sentimento o dalla semplice percezione sensoriale e di conseguenza non attendibile e indimostrabile. Non sono stati fatti i conti, tuttavia, con quella fetta di artisti e intellettuali che rifuggono una tale concezione dell’esistenza e per contrasto riscoprono invece la bellezza delle passioni e dell’irrazionalità spesso connaturata nell’uomo, del fascino magnetico trasmesso dall’oscurità, dal mistero, dal tetro e dal sovrannaturale. Alla volontà di indagare l’esistenza avvalendosi della “luce” della ragione, si contrappone il sorgere della tendenza a esplorare il mondo del fantastico e dell’inspiegabile, delle passioni, della paura, attraverso il gusto per la cultura, le arti e l’architettura di un particolare periodo definito per lungo tempo “oscuro”: il medioevo.
I castelli, le rovine e in generale l’architettura d’epoca medievale suscitano un’attrazione irresistibile, così come le storie di fantasmi, antiche profezie e storie d’amore finite in tragedia che sovente accompagnano certi luoghi, caricandoli di un’aura di fascinoso mistero e terrore a un tempo. Non è un caso, dunque, se nella letteratura gotica che sorge di qui a poco tempo sulla base di queste tendenze le ambientazioni predilette siano proprio i tetri corridoi dei castelli, le loro segrete, i passaggi nascosti di antichi manieri o gli anfratti di vecchie abbazie. Sulla spinta delle emozioni suscitate da simili influenze, risulta chiaro come la letteratura gotica che ne deriva sia composta in larga parte da uno dei sentimenti più antichi e profondi dell’animo umano: la paura, spesso mescolata alle passioni e ai sentimenti amorosi.
Questo gioca un ruolo chiave nell’attribuzione di un’etichetta a questo nuovo genere letterario che prende rapidamente piede. “Gotico” è un riferimento alla particolare architettura gotica tipica del periodo medievale, ma anche a un’attitudine “barbarica”, mossa dalle pulsioni e dalle emozioni piuttosto che dalla razionalità, con un’accezione negativa derivata dall’idea che i goti dei paesi germanici che conquistarono parte dell’Europa centro-meridionale fossero una popolazione barbara e irruenta. L’ “oscurità” medievale e l’ispirazione alle sue location, così come la tendenza all’esaltazione del mistero, del macabro, del sovrannaturale, e dunque di un ambito sensoriale mosso da paura e trasporto, diventano componenti imprescindibili per identificare le opere appartenenti alla sfera della letteratura gotica.
Tutto ebbe inizio con un romanzo...
La riscoperta dell’arte gotica e la sua esaltazione prendono il nome di gothic revival, la vera e propria rinascita di una tendenza culturale antitetica e allo stesso tempo analoga a quella avvenuta con il neoclassicismo, la quale si manifesta nell’architettura prima ancora che nella letteratura. Basti pensare a Horace Walpole: quando si parla di letteratura gotica si fanno risalire canonicamente le sue origini a un’opera specifica, che ha spianato la strada definendo le componenti essenziali per l’ispirazione dei successivi romanzi, ovvero Il Castello di Otranto, di Walpole, pubblicata nel 1764. Ma prima di allora, l’autore si mostra il pioniere del neogotico con la costruzione di una villa, a partire dal 1749, che segue i canoni architettonici ed estetici dello stile gotico: si tratta della villa di Strawberry Hill, maniero che ha ispirato Walpole per la stesura de Il Castello di Otranto.
Nelle sue prime edizioni, Il Castello di Otranto viene presentata dal suo autore come la traduzione di un antico manoscritto italiano risalente all’epoca delle Crociate, rinvenuto nella biblioteca di una famiglia inglese. Si tratta ovviamente di una finzione narrativa, che spinge Walpole ad assumere persino lo pseudomino di William Marshal, ovvero il presunto traduttore del manoscritto. L’opera contiene in realtà tutta l’inventiva di Horace Walpole nel delineare i fondamenti di una narrazione che sarà presa a modello dagli autori venturi: ambientato in Italia nella cittadina pugliese che da il titolo al romanzo, Il Castello di Otranto si compone di eventi sovrannaturali, apparizioni di fantasmi e visioni fantasmatiche, fughe attraverso passaggi segreti, profezie e misteri. Senza tralasciare la componente passionale e la figura, che diventerà ricorrente, della fanciulla verso la quale vengono mossi tentativi di circuizione.
Da Walpole in poi si assiste al sorgere di un numero crescente di opere che ne ricalcano gli stilemi e talvolta ne riscrivono i paradigmi pur mantenendo la sostanza della letteratura gotica: un passaggio che, se da un lato decreta il fiorire di una vera e propria corrente letteraria, dall’altro si colloca entro quella che potrebbe essere definita la letteratura di genere nell’accezione moderna del concetto. Non bisogna dimenticare infatti che sul finire del ‘700 e verso la metà dell’800 l’alfabetizzazione tende a diffondersi maggiormente rispetto al passato e la letteratura non è più appannaggio esclusivo della nobiltà e della borghesia colta, ma assume molto gradualmente i tratti di un prodotto di consumo. Si vorrebbe forse negare il fascino immortale suscitato da ghost stories, racconti di orrori inspiegabili e misteri?
Prolifera il senso di inquietudine e suspense che lega i romanzi pubblicati in questo lasso di tempo. Segue ad esempio Clara Reeve con il suo Il Vecchio Barone Inglese, considerato da molti diretto discendente de Il Castello di Otranto, una storia che coinvolge un’ala abbandonata di un antico castello infestata dai fantasmi; Matthew Gregory Lewis, che con il suo Il Monaco viene sottoposto a un’aspra censura a causa dei temi trattati, comprendenti un monaco dedito alla lussuria, alla stregoneria e l’evocazione di presenze demoniache; e poi ancora John William Polidori che pubblicando Il Vampiro pone le basi per una letteratura dedicata all'omonima figura d’orrore, ispirando Bram Stoker per il suo Dracula; o Charles Robert Maturin, con una storia agghiacciante riguardante un uomo che ha venduto la propria anima pur di continuare a calcare la terra per l’eternità, Melmoth l’Errante.
Non smette di affascinare nemmeno l’ambientazione italiana, forte delle bellezze cupe e delle leggende tetre che i giovani aristocratici apprendono attraverso i Grand Tour che tanto vanno di moda in quest’epoca. A dimostrazione di ciò, vi è ad esempio Romanzo Siciliano di Ann Radcliffe: un racconto fitto di intrighi e orribili misteri nella cornice del castello di Mazzini, tra passaggi labirintici, luoghi nascosti e segreti incoffessabili che l’artistocrazia siciliana custodisce vergognosamente. Ma anche gli stessi italiani cedono al magnetismo della letteratura gotica, come nel caso di Antonio Fogazzaro con il suo Malombra, storia di una giovane donna che si autoconvince di essere la reincarnazione di una lontana parente e di doverne vendicare l’assassinio.
Come si evolve la letteratura gotica?
Un fatto riguardante la letteratura gotica è certo: la sua rapida evoluzione già nei primi anni dell’800 e poi lungo tutto il secolo con nuove, fortunate sperimentazioni che diventeranno dei classici immortali. Un esempio tra tutti? Frankenstein o Il Moderno Prometeo, di Mary Shelley, pubblicato nel 1818 e ancora oggi caposaldo della letteratura gotica, e non solo. Shelley contamina infatti il genere mettendo da parte la prerogativa fantastica e superstiziosa e inserendovi invece una componente “scientifica”, che rende di fatto il romanzo uno tra i primissimi horror fantascientifici della storia. Frankenstein, con la sua creazione della vita oltre la morte, concorre inoltre a sollevare importanti quesiti etici e morali, attraverso una creatura che al di là dell’interesse scientifico che suscita, gode ancora oggi di una forte risonanza nella cultura pop.
C’è ancora lo zampino della scienza nel romanzo gotico Lo Strano Caso del Dottor Jekyll e del Signor Hyde, di Robert Louis Stevenson, in cui il senso di paura causato dall’angosciosa storia dell’uomo che terrorizza Londra incontra anche elementi tipici dei gialli e dei thriller. Nel romanzo di Stevenson, oltre alla componente di una spiegazione razionale all’orrore rappresentata dal composto creato in laboratorio dal dottor Jekyll, riveste un ruolo fondamentale anche l’indagine che viene intessuta attorno al caso degli omicidi compiuti da un misterioso uomo in grado di incutere terrore con un solo sguardo. In quello che appare come un semplice scontro tra bene e male, Stevenson non tralascia nemmeno d’esplorare la psicologia umana: il dottor Jekyll e il signor Hyde incarnano la dualità umana, la naturale dicotomia che spinge costantemente l’uomo a scegliere il bene o il male.
Anche la letteratura gotica dedicata alla figura del vampiro, introdotta da Polidori, subisce un’evoluzione con il Dracula di Bram Stoker. Riprendendo il personaggio del vampiro aristocratico che miete vittime tra la popolazione altolocata, non più quindi mero demone folkloristico, Stoker attribuisce persino una sorta di attendibilità storica all’identità del suo Dracula. Quest’ultimo sarebbe infatti il famigerato Vlad III di Valacchia, voivoda rumeno del XV secolo della famiglia Drăculești noto anche come l’Impalatore. In Dracula, oltretutto, vengono raggiunte vette dell’orrore forse ancora mai sperimentate prima, grazie alla figura di un vampiro in grado di mantenere le sue vittime designate in un costante stato di terrore e minaccia: un demone in forma d’uomo capace di risucchiare via la vita bevendo il sangue delle sue vittime, che si nasconde dietro la maschera di un conte gentiluomo. Inutile dire che una figura tanto terrificante quanto carismatica ha ispirato decenni di letteratura e cinematografia, incarnato per lungo tempo nel volto del Dracula di Bela Lugosi o del Nosferatu ideato da Murnau.
Dalla letteratura gotica, il passaggio all’horror moderno
Che la letteratura gotica, visto il grande favore del pubblico, funga da ispirazione e crei ramificazioni di sè attraverso nuovi generi letterari, diventa pressoché inevitabile. D’altra parte:
Il sentimento più forte e più antico dell'animo umano è la paura, e la paura più grande è quella dell'ignoto (H.P. Lovecraft)
Il passaggio a un’evoluzione più orrorifica è quasi obbligato e se ne hanno delle avvisaglie già nei primi decenni dell’ ‘800 con un autore di Boston che, se da un lato vanta un’invidiabile produzione gotica, dall’altro può essere considerato come il creatore di un nuovo canone: Edgar Allan Poe. Con Poe le paure ataviche dell’uomo affiorano in pochi casi per cause sovrannaturali, fantasmi o maledizioni, ma sono causate piuttosto da esperienze orrorifiche concrete o dalla follia degli stessi protagonisti di cui l’autore racconta, portatori di fobie e disturbi capaci di aggregare attorno ad essi terrore e raccapriccio. Non è un caso poi che Poe venga indicato spesso come il padre del giallo moderno: oltre ad aver scritto diversi racconti gialli, l’autore si serve di un metodo più scentifico nello spiegare l’orrore anche nelle sue produzioni squisitamente gotiche.
È tuttavia con Howard Phillips Lovecraft che viene compiuto “il salto”, nei primi decenni del ‘900. Seppur risentendo della risonanza che la letteratura gotica propaga ancora in questo periodo, Lovecraft si discosta gradualmente dal macabro per dedicarsi a una sfera orrorifica che esuli dal semplicistico sovrannaturale, spostandosi sul piano dell’inconoscibile, del vuoto siderale, di divinità innominate e innominabili. In poche parole, l’orrore cosmico, che mescola gli elementi precipui dell’horror a quelli della fantascienza e di una nuova, agghiacciante mitologia:
Il vero racconto misterioso ha qualcosa di più del delitto segreto, delle ossa insanguinate, o della sagoma vestita di un lenzuolo che fa risuonare le catene secondo le regole. Deve essere presente una certa atmosfera di terrore inesplicabile e mozzafiato verso forze esterne e ignote […]
Le atmosfere cupe e oscure, il forte senso di inquietudine e angoscia, misteri inspiegabili e agghiaccianti segreti, fanno le valigie e si trasferiscono dai castelli e le abbazie verso fattorie su cui piombano inquietanti colori giunti dallo spazio, cime montuose in Antartide dove dimorano antiche creature e città dormienti, cittadine costiere in cui la popolazione compie sacrifici in nome di divinità occulte. Siamo qui all’apice del terrore e possiamo considerare gli anni ’20 e ’30 come quelli in cui la letteratura gotica cede il testimone all’horror nel senso stretto del termine.
Da qui in poi l’horror moderno conosce una rapida scalata, grazie all’ampia rete di amicizie di cui gode Lovecraft (autori che lo ispirano e ne sono ispirati a loro volta), ma soprattutto grazie al cinema che materializza finalmente sul piano visivo paure e angosce che fino a questo momento erano rimaste relegate sulla carta stampata. Bisognerà attendere tuttavia ancora diversi anni perché la letteratura conosca nuovi, veri innovatori: parliamo in questo caso di Stephen King ed Anne Rice, autori che, certamente ispirati da quella letteratura gotica ormai imprescindibile se si parla di orrore, riscrivono i paradigmi del genere e diventano autentici maestri dell’horror moderno.