Joker vince il Leone D'oro: i fumetti diventano arte?

Joker di vince il Leone D'Oro di Venezia. Siamo di fronte allo sdoganamento del mondo dei comics verso il grande pubblico?

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a cura di Manuel Enrico

Joker vince il Leone D'oro. A vincere la 76esima Mostra del Cinema di Venezia è stato un film, Joker, che ha dovuto convivere con una difficile identità: essere un cinecomic. L’idea stessa che un film ispirato ad un fumetto possa competere ad una kermesse così importante e addirittura, se non il premio di maggior rilievo, vincere almeno uno dei riconoscimenti in palio sembrava irrealizzabile al popolo dei lettore di fumetti, che ha gioito di questa vittoria come un riconoscimento a lungo atteso del valore dei fumetti.

Ma deve esser un cinecomic a legittimare il fumetto? Secondo noi no!

L’inganno di questa vittoria è pensare che finalmente sia giunto il momento in cui il fumetto viene riconosciuto come un contenuto artistico, dopo anni in cui è stato sempre sminuito e spesso ridotto a metro di paragone per denigrare qualunque concetto. Non è passato molto tempo dalle varie polemiche legato all'utilizzo di Topolino come simbolo di una pochezza di contenuto e valore da sfoderare come arma per ridurre l’importanza di una persona sgradita o per sminuire un concetto non condiviso.

Joker, un premio che ha fatto discutere

Ironicamente, proprio durante la presentazione di un altro film ispirato ad un fumetto, 5 è il numero perfetto, a Venezia si è riaccesa una querelle in seno allo stesso mondo del fumetto, legata all’uscita poco felice di Toni Servillo nel distinguere il valore del fumetto da quello dei graphic novel. Diatriba rientrata in beve tempo, con ovvi chiarimenti e spiegazioni da parte dell’autore, colpevole di non esser avvezzo al mondo delle nuvole parlanti, ma con l’attenuante di non esser stato guidato da chi, quantomeno, dovrebbe esser abituato alla gestione della comunicazione.

In questo contesto, si colloca la premiazione del film di Todd Phillips, ad una delle fiere cinematografiche più prestigiose del mondo. Premiato, a quanto sembra, perché meritevole, perché ha saputo raccontare una storia umana, prima che fumettistica, osando distaccarsi dal canone fumettistico del personaggio. Cose già tentate in passato, con risultati a volte disastrosi (vedi Catwoman) o eccelsi (la Trilogia di Batman di Nolan).

Il vero scoglio da superare, per Joker, era emanciparsi da quell'orrenda etichetta che spesso viene assegnata per dileggio e disprezzo: fumettone. Se una cosa ha poca sostanza ma eccessiva pienezza visiva, è come un fumetto ipermuscolare, un fumettone insomma. Discorso che in partenza pare ingiusto. L’utilizzo del fumetto come metro di paragone riduttivo è frutto di una scarsa, o quanto meno, prevenuta visione del medium, che viene ricollegata alle incursioni infantili nel mondo delle nuvole parlanti, spesso associate al topo dalle grandi orecchie di casa Disney.

Il fumetto, però, ha mostrato nei suoi più d cent’anni di vita ufficiale di essere più di un semplice divertimento infantile, ma di avere la forza di mostrare tutta la sua valenza di contenuto artistico. Ai detrattori di Topolino basterebbe citare l’immortale lavoro di Don Rosa su Paperon de’ Paperoni, avviando un percorso nel fumetto d’eccellenza che inevitabilmente condurrebbe a Eisner, Spiegelman, Miller, Moebius o Bablet, solo per citare alcuni nomi.

La legittimazione del fumetto?

La questione è che il fumetto non deve esser legittimato da un film tratto da un fumetto. Altrimenti la questione sarebbe già stata risolta quando nel 2003 Era mio padre, tratto da un graphic novel di Max Allan Collins, si conquistò la statuetta come miglior fotografia, dopo aver concorso per ben altre 5 categorie. I cinecomic, come sono chiamati i film ispirati ai fumetti, sono una creatura artistica differente dai fumetti da cui traggono origine.

Fumetto e cinema, per quanto si possa credere diversamente, si muovono su una dimensione narrativa differente. Portare un fumetto al cinema e chiamarlo cinecomic è come prendere un buon romanzo e battezzarne la trasposizione cinebook. Sono ambiti diversi, uniti da una storia che ha una base comune, ma che per la differenza tra i due media viene gestita diversamente, lavorando con differenti strumenti e toccando anche corde emotive diverse.

Un buon libro, ad esempio, può dare vita ad un film non eccelso. Un buon film tratto da un libro mediocre, allo stesso modo, può esser un’ottima pellicola, ma non cambierà il valore dell’opera originale.

Questo perché, come detto, ci si muove in ambiti diversi, con differenti regole. E lo stesso vale per i fumetti, che sono una creazione artistica con proprie regole e che spesso, nella proprio libertà espressiva, ha saputo ispirare registi visionari. Ma si rimane nell’ambito della suggestione, della condivisione di una visione, le nature dei due media rimangono marcatamente distinte.

La vittoria di Joker a Venezia o la statuetta di Black Panther agli Oscar non sono un momento di rivalsa del fumetto verso chi lo ha sempre contestato. O meglio, non dovrebbero esserlo. Perché non si riconosce il valore del fumetto come arte, ma si nobilita, qualora fosse necessario, il cinecomic come film autoriale degno di un premio.

Il fumetto non è contemplato in questa premiazione, come giusto che sia. Soprattutto, perché non deve esser una giuria di esperti di cinema a stabilire che il fumetto può esser un contesto letterario valido e meritevole di rispetto.

Gli appassionati di fumetto che hanno trovato in questo Leone d’Oro a Joker una legittimazione alla loro passione per metaumani ed eroi di carta hanno dimenticato che a dare lustro ai fumetti e alle belle storie che ci offrono non devono esser i premi di una mostra del cinema, ma l’emozione che queste avventure ci regalano. L’importanza di un fumetto come Maus o Una ballata del mare salato non può esser giudicata in un cinema, ma può trovare una più degna consacrazione negli occhi di un bambino che sfoglia avidamente le pagine nella propria camera, mentre immagina di respirare pura salsedine con Corto Maltese o sogna di fermare ancora una volta Magneto assieme agli X-Men.

Dove il fumetto diviene arte

Non è un film che può mostrare agli scettici e ai detrattori che i fumetti sono arte. Sono i disegni di gente come Talami, Castellini, Jim Lee o Romita, sono le storie di Claremont, Serra, Nocenti ed altri grandi nomi che hanno saputo portare il mondo delle nuvole parlanti in un contesto narrativo fatto di emozioni ed immagini indimenticabili.

L’errore, se proprio vogliamo chiamarlo così, è cercare ad ogni costo una legittimazione del fumetto, volerlo consacrare ad ogni costo anche agli occhi di chi non lo apprezza, per motivi personali. È condivisibile il fastidio nel vederne sminuito il valore, specie per chi di quello campa e investe anima e cuore nella realizzazione, ma voler ad ogni costo trovare appigli per ribaltare la situazione è controproducente.

Il fumetto dovrebbe venire apprezzato in primis da chi lo ama in modo totale, con la consapevolezza che non tutti potrebbero condividerne il fascino o la passione. Non importa, è loro diritto non gradire o comprendere ciò che a noi appassionati sembra meraviglioso dei fumetti, possiamo provare a coinvolgerli e spiegare il perché fumetto è arte. Ma a conti fatti, la legittimazione del fumetto come arte e come letteratura avviene ogni giorno, ogni qualvolta versiamo una lacrima con Spidey che piange per Gwen Stacy, quando esultiamo nel veder Batman rialzarsi o nel sorridere per l’ennesima battuta assurda di Groucho. La propria legittimazione il fumetto la riscopre ogni qualvolta riesce ad emozionare un appassionato o a sedurre un nuovo lettore.

Ben vengano i premi ai bei film ispirati ai fumetti come Joker, ma non vediamoli come una legittimazione delle nuvole parlanti, l’unica vera e immutabile consacrazione dei fumetti la possono decidere gli amanti degli eroi di carta.

Come direbbe un vecchio amico, ‘nuff said.

Se dopo avere visto Joker avrete voglia di ritrovare una versione a fumetti dell'istrionico nemico di Batman di spessore, il consiglio è di recuperare Batman: The Killing Joke!
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