Difficilmente ci è capitato di leggere quest'anno un'opera così densa di simboli come lo straordinario “Le Terre dei Giganti Invisibili” di Giada Tonello, autrice veneta vincitrice dell'edizione 2017 del Lucca Project Contest, premio che le ha poi permesso la pubblicazione attraverso Edizioni BD.
“Straordinario” perché al suo esordio Giada Tonello ci consegna un'opera prima che, al netto forse di qualche piccola difficoltà d'approccio, e di qualche passaggio non proprio chiarissimo, si configura come un racconto eccezionale, avvolgente e carico di una passione selvaggia e primitiva, che pare riprendere a piene mani dal mythos più puro, riconsegnandoci una storia dall'aura solenne ed evocativa.
La storia è quasi adamitica, e si perde in un tempo lontano e indefinito, dove l'uomo e la sua razza non calcano ancora la terra. Al loro posto albergano sulla terra creature antiche e potenti, manifestazioni delle forze della natura come la terra, il vento e l'acqua. Il protagonista è dunque un gigante di pietra, silenzioso e inaspettatamente espressivo, risvegliatosi da solo su di una terra su cui albergano per lo più animali, taluni di dimensioni enormi e dalla forza straordinaria. Il gigante, diremmo “un titano”, comincerà quindi un viaggio alla ricerca di qualcosa che, praticamente fino alla fine del libro, non sarà quasi mai chiaro, perdendosi al contempo nella ricerca di sé stesso, intrecciando al contempo un legame saldo con una delle minacciose e gigantesche creature, simili a dei grifi, che inizialmente sembravano tutto fuorché amichevoli.
Ancora temporale per il lettore la presenza di una bambina, una ragazzina dei giorni nostri, la cui presenza ad apertura e chiusura della storia, darà un senso più profondo alla narrazione tutta, che nel suo incedere crea connessioni attraverso la storia, nella costruzione di un ciclo di eventi e sentimenti destinato a ripetersi per sempre.
La cosa curiosa è che il racconto è completamente privo di parole, come se si svolgesse in un tempo in cui il linguaggio non è stato ancora codificato. Ogni presenza in scena è muta, e si esprime solo per mezzo dell'azione, che la Tonello confeziona con una sapienza invidiabile, creando tavole dall'impatto straordinario, con un tratto graffiato ma solenne, ed una cura eccezionale per i dettagli espressivi che, specie attraverso gli sguardi e gli occhi dei personaggi, comunicano anche in assenza di qualunque parola.
L'effetto è strano, dapprima straniante, poi avvolgente e coinvolgente, seppur sia chiaro che nel suo ermetismo, e nella sua sintesi dell'azione, Le Terre dei Giganti Invisibili potrebbe non essere affatto un racconto per tutti, specie per quelli che necessitano di essere guidati per mano durante la lettura e l'interpretazione di un racconto. Che non è un peccato ovviamente, solo la realtà dei fatti.
Osservare il racconto senza potervi interagire se non per mezzo degli occhi, dover magari sfogliare di nuovo una pagina per studiarne il senso e la dinamica, trasporta il lettore in una dimensione nuova, diversa, non inedita per il mondo del fumetto, ma ancora straniante. Ci si ritrova a fruire di una storia attraverso l'uso di un solo senso, condendo la scena con la propria immaginazione, rifuggendo dallo stratagemma di una narrazione troppo esplicativa, e ricreando – seppur vagamente – l'idea di un racconto tramandato da un testimone ad un altro, nello spirito della tradizione orale classica. Una sensazione che abbiamo sperimentato, forse molto personale, ma che si è sposata benissimo con l'idea di essere spettatori di un racconto epico, mitico, incastrato chissà dove nel tempo prima del mito, prima dell'epos, prima della tradizione scritta, prima di qualunque altra cosa.
E così a racconto finito non si può non chiedere di “ascoltare di nuovo la storia”, di rileggerla e osservarla ancora, cercando di estrapolare da essa un po' di più, cercando di codificare ancor meglio il ricchissimo campionario di simboli ed allegorie con cui la Tonello presenta il suo mondo, i suoi personaggi e, forse, anche un pezzetto di sé stessa.
Se ti piace l'idea di un fumetto privo di parole, ma che con potenza sappia parlare comunque di sé, il nostro consiglio è di rivolgerti al bellissimo "L'approdo" dell'artista australiano Shaun Tan.