Le origini dei mutanti nel Marvel Cinematic Universe dopo l'arrivo di Namor

Come la origin story di Namor potrebbe cambiare le origini dei mutanti nel Marvel Cinematic Universe

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a cura di Manuel Enrico

Dei tanti aspetti di Black Panther: Wakanda Forever che hanno entusiasmato i fan del Marvel Cinematic Universe, uno dei più chiacchierati resta ancora oggi l’aver introdotto ufficialmente i mutanti nel franchise. Dopo alcune sottili menzioni al gene X nelle recenti produzioni della saga, è all’interno del film diretto da Ryan Coolger che troviamo la conferma che i Figli dell’Atomo sono parte del Marvel Cinematic Universe, affermazione che ha il volto di Namor, interpretato da Tenoch Huerta. La storia del re di Talokan è una comprensibile rielaborazione della vita fumettistica del personaggio, ma all’interno di questo adattamento è stato inserito un dettaglio apparentemente innocuo, ma che in realtà fa sì che le origini di Namor modifichi il concetto di mutanti nel Marvel Cinematic Universe.

Sin dal primo Iron Man, abbiamo imparato ad accettare che il Marvel Cinematic Universe non sia una riproposizione verbatim del canone fumettistico marveliano. Diversi personaggi hanno visto le loro origini venire adattate a un diverso medium e a un pubblico differente rispetto ai fumetti, dando vita a un contesto narrativo capace di mostrare grandi avventure, in cui le nuove origin story sono state utilizzate per dare una coesione al franchise. Diverso è il discorso quando si parla dei mutanti, non una semplice squadra di supereroi, bensì una specie intera che all’interno del Marvel Universe fumettistico riveste un ruolo centrale. Motivo per cui il cambio del concetto di mutanti seguente le origini di Namor nel Marvel Cinematic Universe porta a chiedersi come i Figlio dell’Atomo saranno gestiti all’interno del franchise.

ATTENZIONE: quanto segue contiene spoiler su Black Panther: Wakanda Forever

La origin story di Namor potrebbe cambiare le origini dei mutanti nel Marvel Cinematic Universe

Per quanto incompresa e poco apprezzata, la Fase Quattro del Marvel Cinematic Universe è stata portatrice di promettenti novità che assicurano al futuro del franchise l’occasione di potere riaccendere la passione per il mondo cinematografico della Casa delle Idee anche nel cuore dei fan più sospettosi. Dall’arrivo della componente horror (con Werewolf by Night) sino all’introduzione delle Special Presentation come strumento di consolidamento della struttura narrativa della saga, la Fase Quattro ha cercato di traghettare la saga verso una nuova dimensione, figlia degli eventi conclusivi di Avenger: Endgame. All’interno di questo meccanismo non potevano mancare inserimenti di nuovi personaggi, avvenuti sia in modo diretto presentando figure come She-Hulk o Ms. Marvel, sia lasciando intendere l’arrivo di una genia di eroi particolarmente attesi, ossia i mutanti. Dopo averli sottilmente citati in diverse occasioni, è solo con Black Panther:Wakanda Forever che è stato canonizzato il fattore mutante nel Marvel Cinematic Universe.

I mutanti nei fumetti

Le origini dei mutanti nel Marvel Universe fumettistico risalgono agli anni magici della Silver Age, quando la Marvel Comics lanciava con una rapidità disarmante testate supereroiche. In questa prima fase, tutte le origin story dei diversi eroi, come Fantastici Quattro, Hulk o Spider-Man, erano figlie di una weird science, in cui i pericoli della scienza impazzita, specialmente quella atomica, venivano esorcizzati con la creazione di questi personaggi.

Una tendenza che non poteva continuare all’infinito, tanto che al momento di creare la prima supersquadra del Marvel Universe, al momento di scegliere un elemento che fosse condiviso tra tutti i personaggi come fonte dei loro poteri, Stan Lee, come raccontò in seguito, decise di rimanere volutamente sul vago:

Non potevo pretendere che fossero tutti morsi da ragni radioattivi o esposti ad esplosioni di raggi gamma. E così scelsi la strada più comoda e mi dissi ‘Perché non diciamo che sono mutanti? Sono nati in questo modo!’

L’idea era di chiamare anche la serie I Mutanti, ma Martin Goodman non era convito che il pubblico potesse comprendere il significato del nome. Serviva un qualcosa che fosse orecchiabile e che identificasse subito i personaggi. Goodman era convinto che fosse necessario un elemento che spiccasse sulla copertina, e voleva una grossa X rossa, cosa fattibile all’epoca, dato che la catalogazione delle riviste vietate, indicate dalle X, venne introdotta solo nel 1968. Lee non accetta subito di buon grado il cambio del nome della testa, convinto che ‘I Mutanti’ attirasse un target di lettori capaci di comprendere il nome. Soprattutto, a Lee non piace quel titolo perché lo trova slegato rispetto ai personaggi, ma alla fine trova una quadra: il professore a capo della scuola, l’unico personaggio adulto, si chiama Charles Xavier, ed il suo nome in codice, Professor X, potrebbe essere un buon richiamo per il nuovo titolo della serie.

Venne scelto il nome X-Men, anche se nel primo numero lo stesso Charles Xavier, ovvero il Professor X, che spiega così la denominazione della sua squadra di giovani eroi alla nuova alunna della particolare scuola, Jean Grey

Tu, come gli altri studenti di questa scuola esclusiva sei una mutante! Hai un potere extra…che la gente normale non ha! È per questo che i miei studenti si chiamano X-Men…Per i poteri extra!

Chiariti questi punti, si era pronti per andare in edicola, e il primo numero degli X-Men arrivò nelle edicole americane il 7 luglio 1963. Da questa prima uscita, il motivo della mutazione che porta degli adolescenti a manifestare poteri incredibili durante l’adolescenza viene più volte adattata alle esigenze del momento, mantenendo sempre un elemento distintivo: la mutazione è presente nel codice genetico.

Il famoso gene X, ribattezzato anche X-Factor, è una costante della saga degli X-Men, una predisposizione genetica che si attiva solo in alcuni individui, come conseguenza di un’evoluzione della specie umana, tanto che chi manifesta questi doni viene definito con un termine pseudo-scientifico homo superior. Una radice narrativa che si è sempre supposto sarebbe stata mantenuta anche per le origini dei mutanti nel Marvel Cinematic Universe, ma che alla luce delle recenti produzioni del franchise sembra non essere più una sicurezza.

Le origini mutanti di Namor

Dopo averci presentato alcuni mutanti minori (come El Aquila e Mister Immortus) o l’aver reso Kamala Khan una mutante, cambiando le sue origine fumettistiche che la vedevano come una Inumana, il Marvel Cinematic Universe ha introdotto ufficialmente i mutanti con Black Panther: Wakanda Forever. Rifacendosi a uno dei tratti più controversi della dimensione fumettistica di Namor, si è scelto di rendere proprio l’antieroe subacqueo il primo mutante del Marvel Cinematic Universe, rendendolo potenzialmente anche il più antico della Terra.

Come raccontato dallo stesso Namor, la sua mutazione, che lo rende diverso dal resto della popolazione di Talokan, è legata a un capitolo tragico del passato del suo popolo. La madre di Namor era una donna che viveva nello Yucatan nel 16esimo secolo, quando i conquistadores spagnoli iniziarono a colonizzare l’America Centrale. Nel disperato tentativo di fermare l’avanzata degli spietati europei, gli indigeni decisero di utilizzare le particolari proprietà di una pianta locale che cresceva su terreni intrisi di vibranio, creando una pozione che consentisse loro di vivere sott’acqua.

La madre di Namor, pur essendo timorosa di assumere questa pozione in quanto incinta, alla fine seguì il destino del suo popolo, sotto l’insistenza dello sciamano. Al momento della sua nascita, Namor mostrò dei tratti che lo distinguevano dal resto del popolo di Talokan, come le piccole ali alle caviglie o le sue orecchie appuntite. Questi tratti, secondo quanto Namor racconta a Shuri, sono stati causati dalla mistura ingerita dalla madre, le cui conseguenze lo hanno reso un mutante.

Nel racconto di Namor, sembra evidente come le sue diversità rispetto al resto degli abitanti di Talokan siano conseguenza della pozione ingerita dalla madre. Quanto fatto dal popolo indio per sfuggire dai conquistadores sembra avere una certa attinenza con la prassi wakandiana di creare una nuova Pantera Nera tramite l’erba a forma di cuore, anch’essa nata dalla presenza del vibranio. Quello che sorprende è la scelta di vedere la fonte della mutazione di Namor nella pozione ingerita dalla madre, che sembra diventare una spiegazione piuttosto sbrigativa sull’origine delle mutazioni nel Marvel Cinematic Universe.

I mutanti al cinema prima del MCU

Ben prima della nascita del Marvel Cinematic Universe, i mutanti sono stati protagonisti di una fortunata serie di film che, a partire dal 1999, ha sviluppato un contesto narrativo indipendente rispetto a quanto vediamo oggi nel Marvel Cinematic Universe. Nati sotto 20th Century Fox, divenuta ora parte dell’impero dell’entertainment marchiato Disney, i film della saga dei mutanti sono stati gestiti rimanendo quanto più fedeli possibile al canone fumettistico, mantenendo quindi l’origine dei poteri degli X-Men legata alla sua matrice scientifica di evoluzione della razza umana, come spiegava Charles Xavier nell’intro del primo X-Men:

La mutazione è la chiave della nostra evoluzione, ci ha consentito di evolverci da organismi monocellulari a specie dominante sul pianeta. Questo processo è lento e normalmente richiede migliaia e migliaia di anni, ma ogni centinaio di millenni l'evoluzione fa un balzo in avanti. 

Anche in questa trasposizione, che si basa sia sulla versione Ultimate che su alcune delle saghe più amate dei mutanti (Dio ama l’uomo uccide, La Saga di Fenice Nera, Giorni di un futuro passato), viene ribadito come la mutazione non sia un fattore esterno, bensì la manifestazione di una potenzialità insita nel personaggio.

Distinzione fondamentale, che, come nei comics marveliani, pone gli X-Men su un piano diverso rispetto ad altri eroi le cui origini scaturiscono da incidenti, come per Spider-Man. Una diversità che impatta anche sul piano etico basti pensare alla ricerca di una cura (X-Men: Last Stand) e alle sin troppo metaforiche rappresentazioni di politiche segregazioniste viste in Giorni di un futuro passato.

Come cambieranno le origini dei mutanti nel Marvel Cinematic Universe

Pur avendo visto uno dei mutanti più celebri del passato cinematografico degli X-Men in Doctor Strange nel Multiverso della Follia, complici le sin troppo lusinghiere possibilità offerte dal multiverso, è ancora da chiarire come il concetto di mutazione sarà trattato nel franchise. Al momento, tolte le apparizioni minori, sono solamente due i mutanti confermati del Marvel Cinematic Universe: Namor e Kamala Khan.

Come per il re di Talokan, anche la giovane eroina del New Jersey scopre di avere dei poteri legati a una mutazione, come veniva svelato nell’ultimo episodio di Ms. Marvel. Mutazione, tuttavia, non legata al suo genoma ‘umano’, bensì al fatto che la famiglia di Kamala discende da una specie di viaggiatori dimensionali. Anche in questo caso, dunque, la mutazione viene ricondotta a un elemento esterno al concetto di evoluzione spontanea tipica della tradizione degli X-Men e del contesto mutante.

Questo dettaglio sembra indicare che nel Marvel Cinematic Universe le origini dei mutanti non saranno così restrittive come avvenuto nel contesto fumettistico. Nel Marvel Universe, infatti, pur avendo ricevuti poteri legati a una mutazione, personaggi come Fantastici Quattro e Spider-Man non sono considerati mutanti, in quanto le loro capacità sono derivate da un elemento scatenante fortuito, non riconducibile quindi all’evoluzione umana. Questa pare essere la discriminante utilizzata per stabilire quale eroe possa essere considerato mutante, ribadita anche nella figura di Deadpool, che nonostante la sua ostinazione nel voler esser accettato mutante, non viene considerato tale dagli X-Men in quanto i suoi poteri sono conseguenza degli esperimenti del progetto Arma X e non doti innate.

Tornando al Marvel Cinematic Universe, le recenti esperienze con Namor e Kamala sembrano indicare come l’approccio al concetto di mutante sarà più blando. L’inclusione di questi due personaggi nel genere mutante porta a supporre che l’utilizzo del gene X come elemento cardine dell’epica mutante sia stato accantonato, preferendo una più inclusiva visione in cui il concetto di evoluzione, da sempre alla radice del mito degli X-Men, lasci il posto a una più pratica ibridazione del genoma umano con altre specie superumane, quasi si volesse avvicinare i mutanti agli Inumani. Scelta che può pagare in termini di meccaniche narrative, rendendo più agevole l’introduzione di personaggi anche esterni alla tradizione mutante accogliendoli nella X-Family, ma che rischia di impoverire il valore etico e narrativo dei Figli dell’Atomo.

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