In Marvel la morte è una compagna costante nelle famiglie dei personaggi della Casa delle Idee. Più di una volta i supereroi marveliani hanno dovuto vivere la perdita di compagni e amici, salvo poi vederli ricomparire nei modi più strani e, spesso, incredibili. D’altronde, come diceva quel mattacchione di Stan Lee
“L’aldilà dell’universo Marvel ha le porte girevoli”
E senza andare a scomodare abituè della risurrezione, come la mutante Jean Grey, meglio nota come Fenice. In questi andirivieni dall’altromondo sono passati numerosi eroi della famiglia Marvel, ma una figura storica della Casa delle Idee ha legato indissolubilmente alla morte il proprio mito: Mar-Vell, il primo Capitan Marvel. Un evento, l’addio a questo alieno che scelse di vivere nel nostro mondo, divenuto un momento di grande narrativa a fumetti grazie a La morte di Capitan Marvel, realizzato da colui che gli aveva garantito il successo: Jim Starlin. Per comprendere l'impatto che questa morte ha avuto all'interno del Marvel Universe, basti pensare a quanto, negli anni seguenti, il mito di Mar-Vell si sia protratto in altre forme, comparendo anche in altri media legati all'universo della Casa delle Idee, non ultima l'action figure Hasbro Marl Legends Series - Mar-Vell
Salvare Capitan Marvel…
Prima di causarne la morte, Starlin era divenuto l’artefice della rinascita di Capitan Marvel. Personaggio nato quasi per un capriccio di Martin Goodman, patron di Marvel, l’alieno noto come Mar-Vell rappresentava per la casa editrice la possibilità di introdurre un protagonista che consentisse di esplorare maggiormente l’ambito fantascientifico.
Nato, quindi, quasi come sgarbo alla concorrenza, Capitan Marvel divenne in breve un eroe difficile da gestire, incapace di trovare un degno autore, sino all’arrivo di un emergente: Jim Starlin. E pensare che prima di lui ci si erano confrontati nomi del calibro di Roy Thomas, che però faticarono a trovare la giusta quadra per portare Capitan Marvel al successo. Per un simile eroe serviva qualcuno che riuscisse a interpretare le suggestioni del periodo e le inserisse all’interno delle storie, osando dove altri autori avevano invece pensato di muoversi su terreni sicuri.
Ironicamente, nel momento in cui Marvel si apprestava a chiudere la testata, venne concesso a questo giovane sceneggiatore di prendere in mano la testata, quasi un salto nel buio. Una follia, se vogliamo, che grazie alla fantasia e alla creatività di Jim Starlin (e a qualche concessione ‘chimica’) consentì a Captain Marvel di arrivare al successo, mostrando finalmente tutto il potenziale del personaggio.
Una valorizzazione che pur portando Mar-Vell a confrontarsi con i nomi ‘forti’ della Casa delle Idee, come i Vendicatori, non riuscì mai a rendere il personaggio un eroe di prima fascia della Marvel. Tuttavia, è su Capitan Marvel che per la prima volta si vede un autore ‘completo’, quando a Starlin vengono concesse sia le storie che i disegni, un riconoscimento del suo incredibile talento.
Difficile, infatti, non vedere in questo giovane artista una potenzialità futura incredibile. Starlin, all’epoca ed anche in periodi successivi, è stato il miglior interprete delle storie ‘spaziali’ di casa Marvel, contribuendo alla creazione di epiche che sono culminate in quella maxi saga nota come Infinity War, che tanto ha dato anche alla Marvel cinematografica. Per questo, quando venne il momento di realizzare il primo graphic novel Marvel, si pensò a Starlin e al suo capitano alieno.
Scelta con coincide con la decisione di Marvel di chiudere la serie di Capitan Marvel, che con vendite non soddisfacenti si avvicina anche alla fine della gestione di Jim Starlin, con il numero 34 della collana. Una delle eredità raccolte in questa breve cura editoriale del personaggio da parte di Starlin è la visione del corpo dell’eroe come un mezzo narrativo importante.
Roy Thomas, nella sua seconda gestione di Captain Marvel, aveva introdotto le nega-bande espediente narrativo che consentiva di effettuare uno scambio di post tra Capitan Marvel e il suo amico umano Rick Jones. Un’alternanza che sanciva anche un rapporto molto stretto tra i due personaggi, e che assunse un ruolo essenziale nell’ultima storia ‘regolare’ di Captain Marvel, Spazzato Via.
In Spazzato Via, Capitan Marvel affronta il criminale Nitro, in uno scontro durante il quale viene liberato un gas velenoso. Per evitare che si diffonda, Mar-Vell cerca di fermare il diffondersi della tossina, rimanendo però esposto a lungo all’agente chimico. Ma come nota Rick Jones, qualcosa non va nell’eroe al termine dello scontro:
“Ben fatto Marv…ma tu stai bene? Non sembri molto in forma!Ehi, tu puoi sopportare quel gas vero? Voglio dire…Marv, puoi resistere a quel gas vero?”
L’eroe crolla senza rispondere, lasciando al lettore una profonda inquietudine. Sensazione che è all’origine de La morte di Capitan Marvel.
… per uccidere Mar-Vell
Si arriva al marzo 1982, quando compare in fumetteria il primo graphic novel della Casa delle Idee. La copertina del volume è foriera di una tragedia imminente, forte di un’impostazione grafica che ricorda la Pietà michelangiolesca. La vera rivelazione fu però la gabbia delle tavole e la realizzazione di Starlin, che si avvicinava più al concetto di fumetto francese che non alla tradizione del comics americano.
La dipartita di Mar-Vell, voluta da Jim Shooter e realizzata da Starlin, era il primo esperimento di graphic marvelliano, una novità per gli appassionati della Casa delle Idee, che ben si adeguava allo spirito dell’opera: celebrare l’ultima storia di un eroe.
Esperimento fatto con poco rischio, onestamente. Capitan Marvel non era un personaggio fondamentale del Marvel Universe, la sua morte non avrebbe quinto rovinato equilibri narrativi portanti in seno alla continuity marvelliana, tuttavia diventa il perfetto tramite con cui affrontare un tema da sempre delicato nel mondo dei comics: la morte.
Nel corso della storia dei fumetti supereroistici, la morte è sempre stata una situazione temporanea. Nella Golden Age non era minimamente considerata come evento traumatico per i personaggi, mentre la Silver Age, spinta da toni più adulti e vicini alle emozioni reali, aveva investito la morte di un valore emotivo di maggior rilievo nella costruzione emotiva dei supereroie.
Una ricostruzione del tema della perdita culminata con La notte in cui morì Gwen Stacy, evento luttuoso che colpì Spider-Man, considerata la ‘perdita dell’innocenza’ del mondo dei fumetti. Per quanto tragica, però, la morte di Gwen era paragonabile a quella dello zio Ben: una perdita che caratterizza l’animo del protagonista.
L’idea di Starlin, invece, fu quella di raccontare la morte di un personaggio principale. In fondo se la serie deve chiudere, che lo faccia col botto! Starlin racconta quindi le conseguenze del gesto eroico di Mar-Vell visto in Spazzato via, rispondendo finalmente all’angosciato pensiero di Rick Jones: Capitan Marvel non poteva resistere a quel gas!
La conseguenza di quell’esposizione è il cancro, che divora lentamente Mar-Vell. Lui che ha affrontato ipericoli cosmici, che ha tenuto testa a Thanos, non muore come un eroe epico, ma come un qualunque mortale. È una decisione epocale, che stravolge tutte le regole del fumetto del periodo.
Pur iniziando in modo abbastanza canonico, con Mar-Vell che sta registrando le sue memorie, la storia de La morte di Capitan Marvel prende il suo slancio quando, durante un’ultima avventura con i suoi sodali, l’eroe Kree inizia a manifestare una debolezza fisica dopo uno scontro in cui non è stato mai colpito da un nemico. E’ l’inizio di uno straziante viaggio che, tramite la reazioni dei diversi personaggi Marvel che appaiono in questa ultima avventura di Mar-Vell, attraversa tutti gli stadi dell’elaborazione del lutto.
Starlin delinea un commiato straziante ed indimenticabile, mostrando la forza di Mar-Vell davanti agli altri eroi e lasciando trapelare la sua paura nei momenti in cui è nascosto alla vista. È un delicato gioco di equilibri, che tocca il proprio apice nel rapporto con Rick Jones, il più caro amico umano dell’alieno.
In un primo momento il giovane reagisce con rabbia alla notizia, spaventato dell’impotenza nel dover assistere alla morte del suo compagno di mille avventure. Ed è la sua finale accettazione a segnare uno dei due momenti più emozionanti della storia di Starlin, il cedere alle lacrime di fronte ad un Mar-Vell oramai prossimo alla morte e scavato nel volto, costretto a letto dalla sua debolezza.
Nel mostrare il declino fisico di Mar-Vell, Starlin segna un’altra tappa fondamentale dell’evoluzione della narrazione fumettistica. Non si è mai visto un eroe spegnersi, la morte è sempre stata una fiammata eroica o una tragedia improvvisa. Capitan Marvel è il primo supereroe che segue un percorso di decadimento, ne è conscio e ha il tempo di poter gestire questa sua ultima, cupa avventura. Dopo avere affrontato un viaggio nei ricordi dell’eroe, dal sapore epico, Starlin offre al suo personaggio una morte umana, debole, tradito dal suo stesso corpo.
Ed è in questa sua pacifica rassegnazione che si sviluppa un altro punto focale della storia: l’arrivo di Spider-Man. Non poteva essere che Peter Parker ad incarnare il senso di impotenza e rassegnazione nel vedere il morente Mar-Vell. L’uomo che ha nella sua stessa genesi la morte, che ha visto morire la donna amata non riesce a reggere l’immagine di questo eroe in fin di vita.
Ma quelle due perdite, per quanto tragiche, non ledono all’invulnerabilità del supereroe, ne hanno acuito la caratura morale e la tempra. Ecco perché Starlin decide quindi di utilizzare proprio Spidey, l’ingenuo e umano eroe dall’animo sensibile, per dimostrare come sinora la morte di un eroe non era minimamente pensabile, d’altronde
“Noi moriamo per colpa di pallottole, bombe, non per qualcosa come il cancro, non è possibile”
È un messaggio forte, l’accettazione della mortalità dell’uomo dietro la maschera. Non a caso Mar-Vell è ora privo del suo costume, incredibilmente umano nella sua condizione.
Una realtà che nonostante lo sforzo di alcune delle più brillanti del mondo eroistico, da Iron Man a Bestia degli X-Men a Dottor Strange, non può essere cambiata. E come dice proprio Hank McCoy cercando di consolare lo sconfortato Spidey
“In caso tu non te ne sia accorto, sotto questi bei costumi e nonostante i nostri poteri, siamo mortali. Nessuno di noi può sapere quale sarà la propria fine.”
Starlin, in questo passaggio, sancisce per la prima volta l’umana mortalità dell’eroe. Ed è questo il fulcro de La morte di Capitan Marvel: mostrare la fine di un eroe nella sua umanità.
La morte è solo l’inizio
Come già fatto nella serie regolare di Capitan Marvel, Starlin si concede una divagazione psichedelica, onirica, rendendo il coma pre-morte di Mar-vell un limbo in cui l’eroe affronta per un’ultima volta i suoi nemici, incarnazione della morte, della sua paura di lasciare la vita terrena abbracciando la fine.
Nella sua narrazione lisergica, Starlin riporta in gioco la nemesi di Mar-Vell, Thanos, dandogli il ruolo di guida in questo suo ultimo viaggio. Scelta comprensibile, considerato il rapporto che lega il Titano Folle e Lady Morte, un momento di comunione tra due vecchi nemici, con Thanos che tranquillizza il suo vecchio avversario, avvicinandolo alla Morte
“Ci mostrerà che questa non è la fine, ma solo l’inizio”
E queste parole, precedute dall’ultimo battito del cuore di Mar-Vell, segnano il trapasso dell’eroe, non segnato da un qualcosa di incredibile, ma da un silenzio rotto dalla voce di Mentore, due semplici parole per un commiato definitivo
“E’ morto”
A ben vedere, La Morte di Capitan Marvel si presenta come una storia di profonda rottura con la tradizione supereroistica. Laddove solitamente l’eroe è messo alle corde ma alla fine si salva, in un universo narrativo in cui la morte non è mai definitiva, Starlin cambia le regole del gioco, riporta l’eroe alla sua dimensione umana, costringendolo ad affrontare i suoi limiti ultimi. Per farlo, Starlin lavora sul corpo dell’eroe, quello che lo rende più che umano ora diventa il simbolo stesso della sua umanità.
Una scelta narrativa, quella di Starlin, che cambia profondamente il fumetto supereroistico. Probabilmente, senza questa sua rivisitazione del concetto di morte in ambito fumettistico non avremmo mai avuto storie in cui la perdita è centrale, come il ciclo di Miller su Daredevil con la tragica morte di Elektra. Quello che rimane, indubbio, è l’incredibile impatto di una storia che ha aperto in Marvel la stagione dei graphic novel, che sarebbe proseguita a breve con Dio ama, l’uomo uccide, ma che ha dimostrato come una morte incredibilmente umana possa il capitolo finale migliore per un supereroe.
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