Gli X-Men sono uno dei simboli della Casa delle Idee, un supergruppo costretto sin dai suoi esordi a confrontarsi con l’odio e la diffidenza dell’homo sapiens, incapace di accettare il passo successivo dell’evoluzione, ossia i mutanti, gli homo superior. Anche editorialmente, i pupilli di Xavier non ebbero vita facile, come ben sappiamo dai tempi della nostra scoperta di Seconda Genesi; l’arrivo di una figura importante come Chris Claremont è stato il passaggio essenziale per il mito dei mutanti di casa Marvel, una lunga avventura che è passata per tappe fondamentali come la prima graphic novel del mondo mutante: Dio ama, l’uomo uccide.
Raccontare gli X-Men in un modo nuovo
Prima di arrivare a questo capitolo tragico della vita dei pupilli di Xavier, bisogna inquadrare la vita dei mutanti. Claremont era riuscito a riportare gli X-Men ad un livello narrativo incredibile, scrivendo pagine importanti della loro storia. In breve tempo, infatti, i lettori dei mutanti avevano conosciuto momenti epici come la Saga di Fenice Nera e Giorni di un futuro passato. Storie importanti e che avrebbero profondamente segnato Ciclope e compagni per gli anni a venire, ma che si esaurivano all’interno della serie regolare.
Serie che poggiava interamente sulle spalle di Claremont e della sua spalla ai disegni, Dave Cochrum. Una spalla di tutto rispetto, ma che soffriva di un problema che spesso affliggeva gli artisti di casa Marvel: il rispetto delle scadenze! Cochrum non era in grado di tenere il passo delle pubblicazioni e delle idee di Claremont, una situazione che costringeva spesso X-Chris a ricorrere a storie extra, che affidava ad altri disegnatori, spesso giovani che cercavano una possibilità. Per capirci, grazie a queste situazioni si fece notare anche un giovane Bill Sienkiewicz, che lungi dall’essere il Necro-Bill che oggi conosciamo ebbe la possibilità di aiutare il buon Chris a lanciare un’altra testata mutante: i Nuovi Mutanti.
Portare ulteriori avventure a base di Gene X in edicola era un pallino dell’editor in chief di Marvel, Jim Shooter, che dopo un’iniziale titubanza dovuta alla paura che ulteriori X-Serie portassero a sminuire il mondo mutante, venne convinto dalle grandi richieste dei lettori a dare vita ad un’altra testata mutante. Claremont ebbe quindi via libera per i suoi Nuovi Mutanti, complice il terreno preparato sulla serie degli X-Men, dove aveva fatto sparire nello spazio i ragazzi di Xavier. L’arrivo dei Nuovi Mutanti fu un importante passo nella creazione dell’universo mutante, ma al contempo era necessario realizzare una storia particolare degli X-Men, che rientrasse all’interno di un nuovo formato lanciato dalla Marvel con La morte di Capitan Marvel: il graphic novel.
Abituati a leggere le storie degli X-men all’interno di ampi archi narrativi, con il citato Giorni di un futuro passato, i fan dei mutanti erano ora invitati a conoscere le imprese dei propri beniamini in una nuova forma, soggette a diverse regole, ovviamente diverse rispetto al canone seriale. Dio ama, l’uomo uccide era nata sin dall’inizio come una storia avulsa dal contesto seriale, e quindi soggetta a regole stringenti: essere autoconclusiva e facilmente fruibile anche da chi non ha familiarità con gli X-Men. Claremont decise di lanciarsi in questa impresa aggiungendo un tocco ulteriore, cercando una narrazione dai toni più maturi e seri rispetto a quanto si leggeva nella serie regolare. Seguendo questi punti fermi, Dio ama, l’uomo uccide voleva anche porsi come un buon punto di ingresso nell’universo mutante.
Rendere reali gli incubi dei mutanti
Quando Claremont dovette scegliere il disegnatore di Dio ama, l’uomo uccide si mise in cerca di un artista che interpretasse al meglio la sua idea. Il sodalizio con Cochrum era già in bilico sulla serie regolare, quindi X-Chris volse il suo sguardo altrove.
La prima scelta fu un artista che conosceva molto bene il mondo mutante: Neal Adams. Disegnatore delle ultime storie della prima vita editoriale degli X-Men, Adams era una scelta intelligente, ma all’epoca il disegnatore era impegnato con un altro supereroe: Batman.
Non potendo arrivare a Adams, Claremont decise di puntare ad autore emergente: Brent Anderson. Fu la matita di Anderson, infatti, a ritrarre la tensione e il forte senso di pericolo vissuto dagli X-Men, aiutato da Steve Oliff che colorò le sue tavole con acquerelli scuri e in linea con le suggestioni narrative di Claremont.
Questa sinergia portò alla creazione di una delle pietre miliari della storia mutante, capace di esaltare quelli che erano tratti essenziali dei mutanti sin dalla loro creazione. Quelle che erano state le origini immaginate a suo tempo dalla fucina artistica nascosta nella mente di Jack Kirby vengono rielaborate da Claremont e spinte verso una definizione più oscura, figlia anche dei tempi in cui Claremont si ritrovava a scrivere questa avventura degli X-Men.
L'odio si abbatte sugli X-Men
Una minaccia incredibile minaccia gli X-Men. La paura dei mutanti diventa un’ossessione per il reverendo William Stryker. Il suo odio per gli homo superior ha una radice profonda e personale, fonte di una determinazione che lo spinge a creare una setta che mira ad uccidere i mutanti, primo passo di una crociata che mira a rendere i mutanti il bersaglio di un odio razziale senza eguali. Gli X-Men si ritrovano ad affrontare una minaccia che non fa appello solo al loro eroismo, ma che li colpisce sul vivo, sul piano emotivo e sulla loro aspirazione ad esser finalmente accettati in un mondo che continua a vederli come scherzi di natura, come una minaccia.
Claremont lavora mirabilmente nell’enfatizzare l’emotività dei suoi personaggi. Ci mostra una Kitty Pryde che perde le staffe per colpire un ragazzo che appoggia pubblicamente Stryker, un contrasto forte con la figura delicata e quasi fanciullesca che caratterizzava Sprite, nonostante il suo ruolo centrale in Giorni di futuro passato (avvenuto cronologicamente prima di Dio ama, l’uomo uccide).
Soprattutto, fa effetto vedere il cedimento apparente di Xavier una volta catturato da Stryker. L’umanizzazione dei personaggi è un tratto essenziale della scrittura di Claremont, che in Dio ama, l’uomo uccide tocca vette uniche. Abituati a vedere l’ostinazione di Xavier nel perseguire il suo sogno di convivenza pacifica, ritrovare questa figura essenziale del mito dei mutanti alle prese con dubbi e la tentazione di cedere è spiazzante, ma ha il merito di rendere ancora più avvincente il suo ruolo.
Divenuto prima un’arma contro i suoi stessi simili e poi afflitto dalle perplessità sulla propria visione di una società inclusiva, Xavier per la prima volta è costretto a vedere le proprie idee messe in discussione, non da altri ma da sé stesso. Il momento centrale, potrebbe essere la fine del Sogno, della missione stessa degli X-Men, ma Claremont ci ricorda che i suoi mutanti sono eroi non perché dotati di poteri straordinari, ma per via dei loro principi, della loro ostinata determinazione a non perdere il loro bene più prezioso: la loro umanità.
L’intelligenza di Claremont è quella di utilizzare come strumento narrativo il ritratto sociale di un’America ancora profondamente divisa, dal punto di vista razziale. Negli anni ’80 le battaglie per i diritti civili sembrano esser un ricordo del passato, ma nel tessuto profondo della società americana sono ancora radicati vecchi pregiudizi, con un serpeggiante razzismo che ancora oggi non è completamente debellato. Claremont intreccia questo aspetto della società statunitense con la proverbiale spinta religiosa cara ad una larga fetta della popolazione americana, capace di trovare all’interno della Bibbia o di precetti religiosi una spiegazione al razzismo.
Non è un caso che Stryker, predicatore e uomo di Dio, venga contrapposto a Kurt ‘Nightcrawler’ Wagner, mutante dall’aspetto demoniaco, eppure umanamente il più emotivo, ironicamente l’X-Men più religioso, al punto di prendere i voti in futuro. Dio ama, l’uomo uccide è mosso da un trama che Claremont sviluppa giocando mirabilmente sulle contrapposizione tra un’ideologia forte, capace di animare le masse ma scaturita da ignoranza e paura, e una squadra di giovani uomini e donne costretti a giustificare la propria esistenza, capaci di non fuggire di fronte al confronto, ma affrontando anche la morte in nome di un’ideale di integrazione e rispetto dell’altro.
Come dice Scott Summers a Stryker
“I pregiudizi sono più importanti del modo in cui viviamo le nostre vite? Quel che pensa si pensa che siamo è più importante di quel che siamo in realtà?”
Sono interrogativi che Claremont mette in bocca ad un uomo disperato, che lotta per la sua sopravvivenza, incapace di scendere al suo livello di violenza e odio, ma intenzionato a riaffermare il suo diritto di vivere, di esser accettato. A Ciclope spetta un ruolo fondamentale in Dio ama, l’uomo uccide: essere la coscienza degli X-Men.
Non solo parlando a Stryker, ma anche ricordando a Xavier, nel suo momento di debolezza, quale sia il vero insegnamento dato ai suoi ragazzi: la violenza, l’odio non sono il mezzo per vincere, sono la sconfitta dei loro ideali. Un momento in cui l’allievo prediletto sembra esser il maestro
“Provo molta…vergogna”“Per essersi dimostrato umano, imperfetto e vulnerabile come tutti noi? Che c’è da vergognarsi?”
Dio ama, l’uomo uccide è uno dei momenti più cupi della storia degli X-Men. Le conseguenze di questo graphic novel si propagano per i decenni successivi, i Purificatori di Stryker torneranno in futuro ad attaccare i ragazzi di Xavier. L’importanza della storia di Claremont è tale che anche il canone cinematografico dei mutanti ha colto i suoi elementi narrativi adattandoli per il secondo film degli X-Men, in cui la figura di Stryker perde il suo manto di uomo di fede in favore di una visione più militare, ma lasciando invariato il suo piano ed il suo odio. Claremont con Dio ama, l'uomo uccide ha creato l’ennesimo tassello del suo universo mutante, forse il momento più autentico e ispirato del mito degli X-men.
Se siete appassionati del mito degli X-Men, non potete fare a meno di leggere Dio ama, l'uomo uccide