Nota del curatore. Oggi Marco Violi torna a scrivere per Retrocult dopo un’assenza di parecchi mesi. Mi auguro che lo rivedremo presto in questa nostra rubrica settimanale, o almeno che scriva un articolo articolo su qualcosa che mi piace.
Già, l’occasione odierna è forse quella per un inopportuno coming out da parte mia: detesto la scrittura di George R.R. Martin, la trovo eccessivamente prolissa, un’orgia di parole inutili e pesanti, una mancanza di rispetto verso il lettore, una violenza verso la sua pazienza, un abuso del tempo e della buona volontà che mostra quando comincia un romanzo. Giusto per cominciare.
Ovviamente la maggior parte dei lettori non sarebbe d’accordo, me ne rendo conto e non pretendo che si plauda il mio giudizio. E non è che non mi mi piacciano gli autori che scrivono molte parole (tra le letture che ricordo con più affetto c’è Yo el supremo), né mi spaventano i tomi voluminosi. Ho le mie ragioni per non amare Martin, ma di fatto è un giudizio limitato a qualche centinaio di pagine - di più non ho resistito.
Il che mi dà una buona occasione per tornare su un mio vecchio cavallo di battaglia: nel dibattito sulle opere narrative (su tutta l’arte direi) abbiamo sempre il diritto di dire non mi piace, e dovremmo farlo più spesso e con più leggerezza. Troppe volte leggo commenti in cui qualcuno cerca argomentazioni insensate pur di dare un qualche senso “oggettivo” ai suoi mal di pancia. Il che poi spinge qualcun altro a rispondere con un ragionamento che tenta di essere disarmante, e nove volte su dieci finisce in rissa (virtuale).
Naturalmente non ce n’è bisogno. Il dibattito può essere utile e piacevole di per sé, non si tratta di vincere o perdere una discussione, né di stabilire chi sia più forte tra Goku o Kal-El, perché dopotutto chissenefrega … il bello è la discussione che ci costruiamo sopra.
Ecco, impariamo a goderci quello che gli altri possono dire sulle cose che amiamo, senza smania di scontri ridicoli. E impariamo e dire “comunque mi fa schifo”, senza sentirci obbligati ad aggiungere corollari che cominciano con “perché oggettivamente è …”. Sono convinto che il mondo potrebbe diventare un pochino migliore, se ci riuscissimo.
Buona lettura e alla settimana prossima
Valerio Porcu
Marco Violi
Marco Violi nasce a Roma nel 1992. Da sempre appassionato di fantascienza, come ogni critico è diventato tale per la sua cronica incapacità di scrivere qualcosa di originale e preferisce parlare del lavoro degli altri. Quindi siate carini con lui
Era il 1996 quando nelle librerie arrivava un romanzo fantasy di uno scrittore statunitense pressoché sconosciuto al pubblico europeo, ma che in patria aveva già conquistato diversi riconoscimenti significativi per gli autori fantasy e fantascientifici. Il romanzo è una versione più ampia di quello che l’anno successivo otterrà il Premio Hugo nella categoria “Romanzo Breve”, dal titolo “Sangue di Drago” (Blood of Dragon), ossia: la storia di Daenerys Targaryen.
Si tratta, come avrete capito, del primo capitolo di A Song of Ice and Fire di George R.R. Martin, oggi venduto con il titolo Il trono di spade: 1. Il primo dei libri sui quali è basata la popolare serie TV Il Trono di Spade.
Trama
Westeros, Essos e Sothoryos sono i tre continenti che compongono il mondo nel quale ci stiamo per addentrare, ma la storia si svolge quasi esclusivamente nei primi due. Westeros è il territorio dei Sette Regni, tutti governati da un Re, Robert Baratheon, mentre Essos è diviso tra le Città Libere, sulla costa, e il Mare Dothraki, nell’entroterra. Il mare Dothraki è una vastissima porzione di terra che prende il nome dal popolo che ci vive, ovvero i Dothraki, i Signori dei Cavalli, un popolo nomade e selvaggio.
La maggior parte della storia è ambientata a Westeros e riguarda le lotte di potere dei lord e della dinastie locali. Il resto si svolge a Essos e tratta di Daenerys Targaryen, che ambisce a riprendersi il Trono di Spade, ovvero i Sette Regni, che furono sottratti a suo padre, Re Aerys II Targaryen detto “Il Folle”.
Ma tutto questo probabilmente lo sapete già, perché questi fatti sono anche quelli narrati nella serie TV.
Un po’ di geopolitica fantasy
Westeros è molto simile alla Gran Bretagna, non solo geograficamente. C’è persino una sorta di Vallo di Adriano a nord (la Barriera), che separa i lord inglesi e gallesi dai “Bruti” scozzesi. La Barriera è sorvegliata dai Guardiani della Notte: una milizia formata da reietti provenienti da ogni ceto della società e pochi volontari.
La Barriera fu costruita secoli prima da Bran “il Costruttore” ed è intrisa di una qualche magia, per cui si dice che gli Estranei (ci torneremo) non possano oltrepassarla. Attraversa Westeros per circa quasi 500 km da est a ovest e ha un’altezza di più o meno 200 metri.
Letture consigliate, di George R.R. MartinGame of Thrones, cofanetto 5 libri, cartaceoGame of Thrones, cofanetto 5 libri, ebookIl mondo del ghiaccio e del fuoco. La storia ufficiale di Westeros e del Trono di spade.Il cavaliere dei Sette RegniFuoco e sangue
Martin ha dichiarato che Westeros ha una superficie simile a quella del Sud America, mentre i territori oltre la Barriera sarebbero paragonabili al Canada. I fan più accaniti hanno fatto calcoli precisi, prendendo come termine di paragone proprio la Barriera, e hanno calcolato le dimensioni del continente: da sud (dove si trovano Dorne e la Casa Martell) alla Barriera corre una distanza di 4824.17 km, mentre i territori oltre la Barriera si estendono verso nord per 3001.75 km.
Altra cosa importante: il ciclo delle stagioni di questo mondo è diverso dal nostro. Estati e inverni si alternano, dalla durata dell’una dipende la lunghezza dell’altro. Potremmo bonariamente dire: a un’estate breve corrisponde un inverno corto, mentre a un’estate lunga corrisponde un inverno più duraturo. All’inizio del romanzo sta per finire la lunga estate, alla quale seguirà un inverno che porta con sé oscuri presagi.
Le Casate più importanti dei sette Regni sono:
Casa Baratheon: casa di re Robert e dei suoi fratelli minori Stannis e Renly. Il loro stemma è un cervo nero su sfondo dorato, il loro motto è “Ours is the fury” (Nostra è la furia). Robert risiede nella Fortezza Rossa ad Approdo del Re (King’s Landing), dove Renly lo accompagna in qualità di maestro delle leggi, mentre Stannis è nominato lord di Roccia del Drago (Dragonstone). Il loro dominio ancestrale è Capo Tempesta (Storm’s End). Robert è sposato con Cersei Lannister e ha tre figli: Joffrey, Tommen e Myrcella; Stannis è sposato con Selyse Florent e ha una figlia, Shireen; Renly è celibe (e segretamente omosessuale).
Casa Stark: casa di Lord Eddard detto anche Ned. Il loro stemma è la testa grigia di un metalupo su sfondo bianco, il loro motto è “Winter is coming” (L’inverno sta arrivando). Il metalupo è un animale che vive a nord della Barriera, è simile a un lupo, ma “meta” nel senso greco del termine, corrispondente al moderno inglesismo “super”: in pratica è un lupo più grosso e intelligente, molto protettivo e leale nei confronti del proprio (eventuale) padrone.
Risiedono a Grande Inverno (Winterfell). Casa Stark è la più importante del nord, di cui Eddard è nominato protettore dal re. Il nord è il più grande dei Sette Regni e ciò conferisce agli Stark prestigio e rispetto. Eddard è sposato con Catelyn Tully e i due hanno cinque figli: Robb, Sansa, Bran, Arya e Rickon. Con loro vivono anche Jon Snow, figlio bastardo di Eddard, e Theon Greyjoy, figlio di Balon Greyjoy, lord delle Isole di Ferro (che nove anni prima tentò una ribellione contro re Robert).
In quanto unico figlio maschio di Balon, Eddard prese con sé Theon era in tenera età per stroncare altri eventuali tentativi di ribellione da parte dei Greyjoy. Ned aveva un fratello maggiore, (Brandon, ucciso diciassette anni prima dal Re Folle insieme al padre, Rickard) e ha un fratello minore, Benjen, arruolatosi volontariamente nei Guardiani della Notte.
Il Trono di Spade, cofanetto Stagioni 1-7
Casa Lannister: casa della bellissima regina Cersei. Risiedono a Casterly Rock (Castel Granito), il loro motto è “Hear me roar” (Ascolta il mio ruggito). Il loro stemma è un leone rampante dorato su sfondo rosso. Il patriarca di famiglia è Lord Tywin, sua moglie, Joanna, morì partorendo il loro terzogenito, Tyrion, affetto da nanismo. Cersei ha anche un fratello gemello, Jaime, Guardia Reale. Jaime è soprannominato “Kingslayer” (Sterminatore di Re) perché durante la ribellione di Robert uccise Re Aerys Targaryen, infrangendo il suo giuramento. Per questo motivo, Jaime è disprezzato da molti, compreso lo stesso Robert, tuttavia commise quel gesto per salvare l’intera popolazione di Approdo del Re, cui il re folle intendeva dare fuoco.
Casa Targaryen: la casata di Daenerys e del re folle. Attualmente non hanno domini, precedentemente erano la casata dei re e del conquistatore di Westeros, Aegon Targaryen, che conquistò il continente con le sue sorelle/mogli Rhaenys e Visenya e i loro draghi.
Secondo la leggenda, infatti, i Targaryen discendono direttamente dai draghi, e la casata porta fieramente avanti questo credo: il loro motto è “Fire and Blood”, il loro stemma un dragone rosso a tre teste su sfondo nero. Proprio per preservare la purezza del sangue di drago, i Targaryen si sono sempre accoppiati tra consanguinei.
I draghi sono ritenuti estinti da tempo, i loro teschi sono poco più che un arredo delle segrete della Fortezza Rossa di King’s Landing. Gli ultimi due Targaryen sono Viserys e Daenerys, che vivono in esilio a Essos. I due avevano un fratello maggiore, Rhaegar, ucciso da Robert durante la ribellione. Un adagio comune a Westeros recita: “Every time a new Targaryen is born, the gods toss the coin in the air and the world holds its breath to see how it will land.” (“Ogni volta che nasce un Targaryen gli dèi tirano una moneta e il mondo trattiene il respiro”).
Oltre a queste, vi sono decine di altre casate. Martin, inoltre, non teme di affrontare e approfondire la tematica della religione. Oltre ai nobili, ai lord, ai cavalieri e tutti gli altri, compaiono decine di altri personaggi.
Un ulteriore punto di forza della narrazione, poi, è il suo realismo: se si raduna un esercito immenso, subito viene analizzato il problema del suo sostentamento e del suo costo in una sorta di mix tra romanzo fantasy e racconto storico.
Draghi, Estranei, Lord, Regine, Principesse e Cavalieri
Partiamo dal presupposto che il fantasy, con rare eccezioni, al cinema e in televisione non è mai stato un genere di grandissimo richiamo. Questo nonostante l’enorme successo di pubblico e critica avuto dalla trasposizione cinematografica del Signore degli Anelli. Anche dal punto di vista della letteratura, sono ben poche le opere che osiamo comparare a quella di Tolkien.
A Song of Ice and Fire, probabilmente, deve il suo successo proprio al fatto di fuggire qualsiasi termine di paragone. Il romanzo di Tolkien iniziava in un’atmosfera di festa, per l’attesa dei preparativi del compleanno di Bilbo Baggins in mezzo agli hobbit strafatti di erbapipa; il Trono di Spade, invece, comincia con tre Guardiani della Notte in esplorazione oltre la Barriera che vengono sgozzati dopo aver trovato dei corpi umani massacrati.
Se Il Signore degli Anelli si concentra sul lato positivo degli esseri viventi (uomini, elfi o nani) che riescono a coadiuvare le forze di fronte al Male assoluto, il Trono di Spade, invece, mostra il lato meno utopistico della razza umana: quello avido e bramoso di potere e sangue.
Gadget e merchandisingIl Trono di Spade Il Gioco da TavoloMaglietta “Dracarys”Funko Pop Tyrion LannisterFunko Pop Night's KingFunko Pop Drogon e DaenerysFunko Pop Cersei Lannister
Questo soltanto per dirvi di non cercare un termine di paragone tra le due opere fantasy più conosciute del XX secolo, perché sono totalmente diverse l’una dall’altra.
Detto ciò, va specificato che A Song of Ice and Fire è un’opera che trascende il suo genere, come del resto quasi tutte le storie di successo, divenendo difficilmente inquadrabile in una specifica categoria. Molti rivedono nelle vicende degli Stark e dei Lannister le lotte per il trono che sconvolsero la Gran Bretagna per gran parte del primo millennio. Alcuni ritengono che Martin si sia ispirato alla dinastia dei Plantageneto (della quale faceva parte anche Riccardo cuor di leone) che regnò oltremanica per quasi 300 anni, tra il 1189 ed il 1485.
Il culto del Dio Rosso R’hllor, invece, parrebbe ispirarsi allo zoroastrismo, la religione del profeta Zarathustra (noto anche come Zoroastro), sviluppatasi in Asia centrale tra il VI secolo a.C. e il X secolo d.C. e che vedeva nel fuoco il mezzo purificatore del male nel mondo; mentre il culto principale di Essos si rifà sia alle credenze dei popoli mesopotamici, sia a quelle dell’estremo oriente.
Allo stesso modo, il terribile inverno su cui il motto di casa Stark ci ammonisce, potrebbe rifarsi al fimbulvinter della mitologia nordica: l’inverno che segna l’arrivo del Ragnarǫk e la fine del mondo. Con il fimbulvinter (o fimbulvetr, spesso anglicizzato in “fimbulwinter”) arriveranno gli Jotnar: i giganti del ghiaccio.
Sempre dai miti norreni è tratta la figura del Corvo dai tre occhi: sembrerebbe molto simile ai corvi Hugin e Munin, che permettevano a Odino di vedere qualunque cosa.
Sì, ma perché è tanto fico?
Innanzitutto, perché la salvezza del mondo resta un tema secondario. Il cuore dell’opera è la lotta per il trono di spade, per il potere temporale.
Anche per questo motivo le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco hanno avuto un successo così grande, prima nelle nostre librerie che sulle nostre televisioni: perché non riguardano un mondo fantastico popolato da maghi ed elfi, ma parlano del nostro passato, dei passi mossi dai nostri avi verso il mondo in cui viviamo oggi.
Poi, perché non è affatto scontato: i personaggi che amiamo di più spesso muoiono in modi atroci, quelli che odiamo sopravvivono e impariamo ad amarli, con le loro debolezze e le loro forze. Perché non c’è un vero cattivo o un vero buono. Ci sono personaggi che ci sembrano più cattivi, ma forse sarebbe meglio dire che sono solo più cinici di altri.
Non c’è neanche un protagonista vero e proprio, poiché i romanzi sono narrati da innumerevoli punti di vista. E questo aiuta senza dubbio Martin nel far immedesimare il lettore: come Tyrion e Jon, chiunque ha avuto un conflitto con il padre o la madre; come Cersei e Catelyn, qualunque genitore farebbe di tutto per il bene dei figli; come Jaime, chiunque è stato disprezzato da altri per un’azione che gli pareva la più giusta; come Eddard molti si ritengono uomini o donne d’onore; come Sansa molti siamo stati innamorati di mostri; come Arya chiunque avrebbe voluto ergersi a difesa del più debole e non tutti ci siamo riusciti; come Robb chiunque avrebbe voluto vendicare un’offesa mossa al padre o alla madre; come Robert chiunque scatenerebbe una guerra per difendere la donna o l’uomo che ama; come Stannis e Renly, chiunque vorrebbe uscire dall’ombra di suo fratello maggiore; come Daenerys chiunque è disposto a tutto per sopravvivere e tutti vorremmo raddrizzare ciò che è storto nel mondo.
La maestria di Martin sta proprio in questo: nel prendere le nostre emozioni più remote e metterle per iscritto in un mondo in cui, tramite ambizione, giochi di potere e intrighi di palazzo, qualunque cosa è possibile.
Martin è un grande narratore, intreccia trame meravigliosamente ed è talmente meticoloso nella scrittura che l’attesa per i suoi nuovi libri diventa spesso estenuante. Basti sapere che se tra i primi tre capitoli (A Game of Thrones, A Clash of Kings e A Storm of Swords) sono passati circa 4 anni, tra il terzo e il quarto ne sono passati 5 (A Feast for Crows è uscito soltanto nel 2005, il capitolo precedente nel 2000); il quinto capitolo, infine, sarebbe dovuto uscire nel 2006, ma arrivò nelle librerie soltanto nel 2011. Il sesto, invece, dal titolo The Winds of Winter è uscito nel… non lo sappiamo, perché non è ancora uscito.
E oltre a questo, è prevista l’uscita anche di un settimo capitolo, nel quale la storia dovrebbe concludersi: A Dream of Spring. In una recente doppia intervista con Stephen King, Martin ha parlato proprio di questo: della sua difficoltà nell’intrecciare le storie di tanti personaggi, senza forzare il fil rouge che ne connette i destini.
Ma se posso darvi il mio modesto parere, il finale di questa storia non lo leggeremo mai scritto da Martin. Perché A Song of Ice and Fire è per lui quello che la Sagrada Familia era per Gaudì: il capolavoro di una vita, cui ha lavorato per quasi un terzo della sua esistenza.
Perché i personaggi per un autore sono un po’ come i figli per un genitore: vengono dalle loro menti, dai loro cuori, dalle loro sensazioni e dai loro turbamenti. Nelle menti degli scrittori, i personaggi sono vivi, respirano, pensano. Li vedono nascere, crescere e, spesso, morire. E quando una storia è complessa, piena di difficoltà, di alti e bassi, è allora che ci conquista.
E se ha conquistato il pubblico, perché non dovrebbe conquistarne l’autore, che l’ha vissuta in prima persona, per mille volte, nella sua testa?
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