Le aspettative su Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri: non sarà il Dungeons & Dragons che conosciamo (e non è un male...)

Quali aspettative abbiamo su  Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri ? Fedeltà assoluta o libertà espressiva?

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a cura di Manuel Enrico

Mesi di critiche spietate, analisi capillari dei trailer e crescenti ansie da parte dei più intransigenti appassionati dei Forgotten Realms stanno per arrivare al loro apice: Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri è sempre più vicino, pronto a invadere le sale italiane a fine marzo e confrontarsi direttamente con il pubblico. Innegabilmente, l’avventura della banda di improbabili eroi guidata da Chris Pine è uno dei film più attesi dell’anno, nuova iterazione del fantasy all’interno del mondo dell’entertainment, che nell’ultimo periodo sembra avere trovato in questo filone narrativo una delle sue maggiori ispirazioni. Sia in live action che tramite l’animazione, il fantasy sta facendo sentire la sua presenza nei servizi streaming, affidandosi a ispirazioni celebri (come Gli Anelli del Potere e House of the Dragon) o attingendo a declinazioni più giocose e irriverenti, sullo stile di The Legend of Vox Machina. Il primo vero tentativo di riportare dopo anni sul grande schermo una produzione fantasy di alto profilo sarà proprio il film diretto da Goldstein e Delay, un compito che non ha nulla da invidiare a una quest epica di Dungeons & Dragons, ma che deve essere approcciato con precise aspettative su Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri, che non sarà il Dungeons & Dragons che ci si aspetta.

Comprensibile come la presenza di un brand così amato e fondamento di buona parte della pop culture venga automaticamente visto dai custodi della lore come una pretesa di totale aderenza all’ambientazione di Wizards of the Coast. Insomma, quando il Marvel Cinematic Universe muoveva i primi passi, i Veri Credenti dei comics della Casa delle Idee non mancarono di farsi portatori veementi di tutte le mancanze del canone cinematografico marveliano dell’originale cartaceo (compreso il sottoscritto, lo ammetto), ma esattamente come in questo caso bisogna accettare la regola non scritta delle trasposizioni cinematografiche: un diverso linguaggio narrativo richiede una diversa visione della lore. Regola ancor più vera se si entra all’interno del fantasy di Dungeons & Dragons, che per sua natura non conta solamente su decenni di regole, modifiche e integrazioni, ma anche sull’assoluta preminenza del giocatore come narratore ultimo della storia che vive (con buona pace del sistema nervoso dei masters).

Quali aspettative abbiamo su  Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri ? Fedeltà assoluta o libertà espressiva?

L’arrivo di Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri al cinema è quindi un momento particolarmente vivace, considerato come ci siano diversi elementi che accompagnano questo esordio. Se da un lato la fan base è ovviamente il target di riferimento di questo film, non si può fare a meno di chiedersi quanto la rinnovata visibilità del fantasy sul piccolo schermo possa aver creato un nuovo pubblico potenziale, affamato di nuove avventure in questa declinazione tradizionale del fantastico. Per quanto siano abbondanti le proposte di diverse visioni del fantasy, come l’urban fantasy alla Shadow Hunter, sono gli impianti narrativi più tradizionali ad aver attirato maggiormente nuovi appassionati, come dimostrato dal tolkeniano Gli Anelli del Potere e dal prequel di Games of Throne, House of the Dragon. Eppure, fantasy e cinema non sono certo due sconosciuti.

Cinema e fantasy: una lunga storia

Ben prima che Peter Jackson consegnasse il mito de Il Signore degli Anelli a una nuova generazione di appassionati, il fantasy al cinema era diventato una delle suggestioni più presenti nel corso degli anni ’80. Dalla visione ispirati ai cicli cavallereschi come l’Excalibur di Boorman all’hyperboreano Conan di Schwarzenegger, dalle fiabesche atmosfere de La storia infinita e La storia incantata sino alle declinazioni più particolari di Willow e del cult Labyrinth, gli spettatori di quel decennio ebbero modo di sperimentare una ricchezza di atmosfere fantasy impressionante. Probabilmente, il periodo più generoso in tal senso, capace di dare una forma mentis ai giovani spettatori che svilupparono quindi un proprio gusto in tal senso, arricchendolo anche con piccole chicche come Dark Crystal, ma soprattutto avvicinandosi alla variante ludica di questa narrativa, Dungeons & Dragons. E sorvoliamo la complessità di vivere questa passione nel periodo del Satanic Panic in America, come ci ha ricordato l’ultima stagione di Stranger Things.

I citati titoli sono una dimostrazione di come il legame tra cinema e fantasy abbia uno storico importante, diluitosi negli anni seguenti in produzioni minori, attendendo il ritorno in grande spolvero con la trilogia tolkeniana diretta da Peter Jackson. Un’attesa che nel frattempo veniva colmata dagli appassionati riversando la propria passione nella dimensione ludica del gioco di Wizards of the Coast, soprattutto le dimenticabili trasposizioni tentate in quegli anni, come Dungeons & Dragons – Che il gioco abbia inizio (2000). Parentesi spesso presa come esempio di come non realizzare una trasposizione di Dungeons & Dragons, ma che possiamo considerare come sia incredibilmente complesso realizzare una storia che sia una perfetta riproduzione del materiale originario.

Pur tralasciando come lo stesso Jackson sia incorso nelle ire dei puristi tolkeniani per le libertà prese nel realizzare la sua versione della Terra di Mezzo, altri celebri ed attesi franchise si sono arrestati al primo tentativo di portare amati universi narrativi sul grande schermo. Esempio perfetto è Warcraft (2006), la trasposizione del videogioco fantasy per eccellenza, che nonostante una spettacolare resa visiva non è riuscito ad alimentare un ciclo cinematografico, penalizzato proprio dal tentativo di riprodurre pedissequamente la trama dei primi capitoli videoludici. Una difficoltà che, in ambito seriale, si è cercato di evitare nel trasporre ancor più complessi cicli letterari come Shannara o La Ruota del Tempo, che prendendosi libertà creative e narrative spesso marcate sono incappate nel problema opposto, ossia scontentare i fan per un radicale cambiamento di alcuni tratti delle opere originarie, arrivando persino, nel caso de La Ruota del Tempo, a rivedere tutto sotto un’incomprensibile chiave teen.

Una serie di problematiche che non può che lasciare comprensibilmente sospettosi gli appassionati di Dungeons & Dragons, dando allo stesso tempo alla produzione della nuova trasposizione cinematografica una serie di input che non possono essere semplicemente sorvolati.

Dai manuali al cinema: quali aspettative per Dungeons & Dragons - L'onore dei ladri?

Non è un mistero che adattare la ricchezza di dettagli dei Forgotten Realms sia un’impresa impossibile. Creature, popolazioni, magie e personaggi mitologici abbondano nei manuali e nei moduli delle avventure, rendendo quindi complesso scegliere come impostare un’avventura cinematografica che si fondi su questi presupposti. Per quanto il termine ‘adattamento’ possa esser visto come un salvacondotto per evitare l’accusa di mancanza di fedeltà al materiale originale, non si può comunque mancare di preservare lo spirito originario del materiale di partenza. E nel caso di un film ambientato in Dungeons & Dragons, questo può curiosamente risultare più facile che per altri franchise.

Contrariamente a opere letterarie, dove il lettore ha un apporto quasi inesistente nella creazione dell’immaginario narrativo, con Dungeons & Dragons la fantasia dei giocatori è parte fondante del percorso creativo. Che si tratti del dungeons master, intento a creare il telaio della quest, o dei giocatori, che con le loro scelte influenzano imprevedibilmente la narrazione, il rispetto di alcune regole prestabilite, spesso adattate alla bisogna dai masters più intraprendenti, non limita la creatività, ma anzi cerca di alimentarla il più possibile. Questo ha consentito a D&D di presentarsi come un mondo infinito, in cui coesistono innumerevoli storie, ben oltre le avventure ‘istituzionali’ presentate in appositi moduli.

Una natura poliedrica che consente quindi di poter imbastire Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri come un’avventura libera. Aspetto che non è certo sfuggito ai registi del film, tanto che in una recente intervista con IGN Goldstein non ha mancato di far notare come alcune criticate scene dei trailer, dove vengono mostrate alcune delle concessioni autoriali del film, siano frutto di questa tradizionale libertà narrativa del gioco di Wizards of the Coast:

Siamo consapevoli che ci sia una certa controversa animosità nella community di Dungeons & Dragons dopo che il primo trailer ha mostrato il nostro druido tramutarsi in un orsogufo, ed è stato un argomento su cui abbiamo discusso a lungo mentre lo stavamo scrivendo. Sappiamo che tecnicamente non è consentito, ma ci siamo affidati alla regola dello spettacolare, e abbiamo ritenuto che, in quanto dungeon master del film, avremmo consentito ai nostri giocatori di farlo, quindi perché avremmo dovuto privare gli spettatori di qualcosa così cool ed entusiasmante come questo?

Se da un lato questa dichiarazione sembra cercare un confortante supporto nella meccanica stessa di Dungeons & Dragons, dall’altro non si può evitare di concedere un’altra scusante ai due registi: il cinema ha un proprio linguaggio e una propria natura. Pensare di realizzare un prodotto che sia dogmaticamente fedele alla lore dei Forgotten Realms non sarebbe solamente estremamente complesso, ma rischierebbe di limitare il bacino di utenza a cui rivolgersi. Non dimenticando come si sarebbe potuto scegliere come ambientazione una delle innumerevoli presentate in Dungeons & Dragons, come la fantascientifica Spelljammer, ma rimanendo nei Reami Dimenticati sia ha la possibilità di muoversi in un contesto tradizionalmente fantasy e al contempo privo di una presenza di storie ufficiali pregresse che limite la libertà creativa degli autori.

Il fantasy cinematografico post-Jackson non è stato particolarmente convincente, presentando poche produzioni e di scarso appeal, come dimostrato da titoli come The Last Witch Hunter, L’ultimo dei Templari o Il Settimo Figlio. La ricerca quindi di una chiave narrativa in cui la spettacolarità di alcune delle potenzialità di Dungeons & Dragons (dalle magie alle ambientazioni) e le richieste in termini di narrazione da parte del pubblico trovino un equilibrio richiede di accettare una certa libertà nell’adattare aspetti consolidati dell’ambientazione, consci di come queste modifiche non siano una mancanza di rispetto per l’opera originale quanto un divertissement che permette a sceneggiatori e registi di offrire uno spettacolo appassionante anche per neofiti di Dungeons & Dragons. Una prima esperienza che, se convincente, potrebbe creare nuovi appassionati per il gioco, ampliandone la già incredibile fama.

Consci che Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri non sarà il Dungeons & Dragons che ci si aspetta, specialmente da parte dei fan duri e puri, questa chiave di lettura potrebbe rivelarsi un punto di incontro tra la lore del gioco e la sua declinazione cinematografica, che potrebbe divenire un momento importante per lo sviluppo di un franchise. Inutile negare che la speranza di Paramount è che questa pellicola, popolata da attori di prima fascia, si riveli un convincente primo capitolo, che consenta di generare una saga. Sfruttando la vastità di potenzialità offerte dai Forgotten Realms, Dungeons & Dragons – L’Onore dei Ladri potrebbe rivelarsi un primo passo nel costruire un impianto narrativo particolarmente suggestivo, capace di muoversi indipendentemente dalla presenza della banda protagonista del film e spingersi anche in altri contesti, come la serialità, presentando diverse storie e figure differenti.

In cerca di ispirazioni

La necessità di cogliere l’interesse di una platea quanto più ampia possibile e non limitato al fandom del gioco di Wizards of the Coast, richiede quindi a Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri di non rimanere eccessivamente vincolato al rispetto assoluto della lore del gioco. Se da una lato questo può essere comunque visto come un vincolo in termini di location e origine di villain e personaggi, sul piano narrativo sono altre le ispirazioni che devono guidare l’avventura degli eroi al centro della vicenda. Il rendere le scene d’azione, aspetto che nelle sessioni di gioco rappresentano uno dei momenti più intensi per i giocatori, al contempo visivamente coinvolgenti ed emotivamente appassionanti in quanto memori dell’esperienza del gioco di ruolo, ha richiesto di trovare una precisa nota stilistica, che dai registi è stato trovata nella filmografia di Jackie Chan.

Secondo i registi, infatti, il perfetto mix di azione, comicità spesso involontaria e di improvvisazione in cui oggetti comuni divengono armi tipico delle pellicole di Chan è la perfetta interpretazione di come si dovrebbe sviluppare l’azione in Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri, creando un meccanismo in cui la muscolarità del combattimento incontra la frizzante comicità di una situazione imprevista, interagendo in tal caso non solo con gli oggetti ma anche con le creature dei Forgotten Realms. Espediente che appare evidente nei trailer, ma che è stato esplicitato da Daley:

Per noi era importante che tutto venisse ritratto in modo tale che per tutto il film potessimo davvero vedere tutto ciò che accade. Il modo con cui Jackie Chan mostra i combattimenti è stato il punto di riferimento quando abbiamo ideato tutte le scene di combattimenti

L’esperienza dei giocatori insegna che spesso situazioni improvvisamente comiche sono all’ordine del giorno, una tendenza che in tempi recenti è stata incarnata da quella che rappresenta la più riuscita metanarrazione in termini di gioco di ruolo, The Legend of Vox Machina, la serie animata di Prime Video in cui epica, ironia e dinamiche da GDR trovano una felice sinergia.

A voler andare oltre questo riferimento, si potrebbe anche rivedere in un’altra seria animata un suggerimento in termini di ironia e preservazione dello spirito tipico di D&D: Futurama. Ancora oggi, Il gioco di Bender rimane una delle più riuscite reinterpretazioni di Dungeons & Dragons in chiave comica e irriverente, come tipico della serie animata di Matt Groening. Partendo da un espediente narrativo sci-fi, Bender scopre Dungeons & Dragons grazie al figlio di Hermes, e quando un incidente con della materia oscura lo porta a creare un mondo fantastico, Bender basa la propria fantasia proprio sulle ambientazioni tipiche di D&D, appellandosi anche alla presenza di un artefatto magico, i Dadi del Potere, che rappresentano la nota meccanica del lancio di dadi tipica del gioco. Seppure influenzato da altri cult del fantasy, Il Gioco di Bender è soprattutto Dungeons & Dragons, che viene parodiato nonostante si riesca a presevarne lo spirito autentico, in una dinamica referenziale che lo spettatore appassionato del gioco di ruolo riconosce immediatamente, arrivando a cogliere la sottile ironia.

Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri, per quanto differente dalle due serie animate, può comunque trovare in queste due produzioni gli spunti ideali per costruire una narrazione in cui la comicità non sia un mero alleggerimento momentaneo, ma rappresenti una delle colonne portanti della narrazione. Se i traile mostrati sono rivelatori della natura del film, la compagine guidata dal bardo Elgin (Chris Pine) è votata a una meccanica ironia piuttosto marcata, che traspare non solamente in chiare battute, ma soprattutto nella creazione di situazioni in cui la comicità emerge dalla contrapposizione caratteriale dei personaggi.

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