Solitamente quando si nomina La sirenetta la mente di tutti viaggia inevitabilmente verso il celebre lungometraggio animato firmato dai Walt Disney Studios, del 1989. Questo perché le origini letterarie del personaggio non sono molto note, e oscurate dall’enorme successo che questa pellicola ha raccolto e continua a mantenere nel corso delle ere. Non bisogna, però, sottovalutare il valore del personaggio in questione, dato che moltissimi artisti hanno cercato di farne una propria rappresentazione, rielaborandone le possibilità espressive attraverso i mezzi artistici più variegati: televisione, cinema, teatro e musica; arrivando alle masse nei modi più diversi possibili.
Andando quindi oltre la rappresentazione animata resa celebre dallo studio americano, ci ritroviamo proiettati nella storia di una fiaba che negli anni ha saputo sicuramente reinventarsi, anche se il suo impatto sul pubblico mondiale è stato più volte canalizzato da mani esterne, restando comunque profondamente connesso con le proprie origini in tantissimi modi diversi. Parlare de La sirenetta, quindi, significa approfondire un racconto ben diverso da quello che tutti hanno imparato a conoscere al cinema, delineando un percorso in cui il lieto fine è qualcosa di piuttosto lontano. Resta comunque interessante notare il gigantesco abisso che si frappone fra la vera storia e tutte quelle che l’hanno resa celebre agli occhi del grande pubblico, celando, al contempo, la cruda verità delle sue origini fiabesche.
Vi voglio narrare una storia che parla del grande oceano blu e di una sirena bellissima avvolta in un grande mistero laggiù...
La Sirenetta: da fiaba danese al Classico Disney che tutti conosciamo
- La sirenetta: tutto cominciò con una fiaba
- La trasposizione disneyana
- Dalla carta stampata a quella disegnata, fino all’approdo sul grande schermo
- Uscita nei cinema e successo
La sirenetta: tutto cominciò con una fiaba
Non tutti sanno che il racconto de La sirenetta deriva da una fiaba del 1837 scritta da Hans Christian Andersen, uno scrittore e poeta danese, rimasto impresso specialmente per le favole che sapeva raccontare. I suoi primissimi lavori in questo senso si rintracciano nel 1835, con le due raccolte di fiabe: Eventyr, fortalte for Børn. Første Samling. Første Hefte, Fiabe, raccontate ai bambini. Prima raccolta. Primo tomo, e Eventyr, fortalte for Børn. Første Samling. Andet Hefte, Fiabe, raccontate ai bambini. Prima raccolta. Secondo tomo (nel terzo tomo di questa raccolta troviamo la storia de La sirenetta). È bene ricordare e sottolineare che come scrittore traeva ispirazione dalle leggende popolari, dal folklore, dalle novelle legate alla tradizione… cercando quasi sempre di rielaborare il materiale di partenza attraverso un tocco personalissimo e unico nel suo genere. Da tutto ciò la storia che ci interessa approfondire e tantissime altre, sparse nella lunga carriera di un narratore che ha più volte sperimentato sia in questo senso, che attraverso romanzi e altre tipologie di scrittura.
La favola de La sirenetta, infatti, è molto conosciuta specialmente in Danimarca, al punto che è stata dedicata una statua alla sua protagonista, attualmente esposta nella città di Copenaghen (in realtà ne esiste anche un’altra nei giardini di Larvotto nel Comune di Monaco). La sua trama, inoltre, seppur molto simile a quella del classico Disney, differisce in tantissimi dettagli, molto più crudi e violenti, specialmente nella parte finale della narrazione.
In questa fiaba troviamo una protagonista simile a quella del film d’animazione. Anche lei vive in un conteso marino col padre, il del Re del Mare, con la nonna e cinque sorelle più grandi di lei. Le regole del suo mondo sono chiare: soltanto al compimento dei 15 anni avrà la possibilità di dare uno sguardo alla superficie, così da vedere il mondo degli umani e le sue meraviglie. Quando maggiorenne La sirenetta si allontana finalmente dal mondo degli affetti per dare un’occhiata a quello esterno, e s’imbatte in un bellissimo principe alla guida di una nave che sta per naufragare. Così decide di seguirla e di aiutarlo, durante una grande tempesta, trasportandolo a riva lontano dai pericoli. Lui non fa in tempo a capire cosa gli è successo e a identificare la sua salvatrice.
Dopo questo fugace incontro la nostra protagonista continua a pensare a lui e a fantasticare innamorandosene, anche se consapevole che una storia del genere è pressappoco impossibile. Questo dilemma, però, si trasforma ben presto in desiderio, al punto di pensare a una rinuncia della sua attuale forma, in cambio di quella umana. L’unica possibilità che ha in questo senso potrebbe palesarsi presentandosi dalla Strega del Mare che accetta di prepararle una pozione che le darà due gambe umane, chiedendole in cambio la sua voce.
Accettare l’incantesimo, quindi, significherà per lei la perdita della parola e una serie di difficoltà anche nel camminare sulla terraferma, dato che proverà un dolore indicibile nel farlo, paragonabile all’essere trapassata da tanti coltelli a ogni passo. Con una premessa del genere La sirenetta accetta d’istinto il patto e si risveglia fuori dal mare, con la sua nuova forma umana. In realtà l'accordo con la Strega prevede anche una clausola fondamentale: se entro un anno dal loro primo incontro il principe non si sarà innamorato di lei, sposandosi con un’altra, la mattina successiva alle loro nozze La sirenetta morirà trasformandosi in schiuma marina.
Anche se l’incontro fra lei e il principe sembra promettere bene, dato che resta immediatamente rapito dalla sua bellezza, la mancanza di voce e parole contribuiranno ad allontanarlo, senza far mai veramente sbocciare l’amore nel suo cuore. Quando, poi, si allontanerà per un viaggio nel regno vicino, il giovane s'invaghirà di un’altra scegliendo di unirsi a nozze con lei.
Una volta appresa la notizia La sirenetta non può fare altro che soffrirne, conoscendo quale sarà il suo crudele destino. Le sorelle, però, una volta appresa la situazione sacrificheranno i loro capelli per ottenere un pugnale magico dalla Strega del Mare e consegnarglielo. Per tornare ad essere una sirena le basterà uccidere il principe e bagnarsi i piedi con il suo sangue durante la notte delle nozze e non oltre. L’amore nei suoi confronti, però, è così forte da spingerla a rinunciare accettando di buon grado la fine. Questa scelta particolarmente positiva la premierà trasformandola in una figlia dell’aria che, dopo 300 anni di buone azioni potrà ottenere un’anima tutta per sé, dato che le sirene non ce l’hanno. Il suo destino è quindi nuovamente segnato, dato che si ritroverà per un periodo lunghissimo e imprecisato a contatto sia con esseri umani buoni che cattivi, dato che le azioni altrui prolungheranno o abbrevieranno questa condizione.
Per costruire la storia Andersen s’ispirò a Undine di Friedrich de la Motte Fouqué, molto simile in termini narrativi, dato che tratta le vicende di una ninfa dell’acqua che ottiene la tanto agognata anima dopo il matrimonio con un essere umano, pur cambiandone il finale che decise di non legare all’amore del protagonista. Originariamente la fiaba de La sirenetta avrebbe dovuto chiamarsi, non a caso, Le figlie dell’aria.
La trasposizione disneyana
I primi germogli del progetto targato Disney li troviamo negli anni immediatamente precedenti alla Seconda Guerra Mondiale. Negli studi l’idea iniziale era quella di realizzare una sorta di film biografico e in tecnica mista incentrato sulle fiabe di Hans Christian Andersen. Purtroppo non se ne fece più niente per via di alcune insicurezze generali e per lo scoppio della guerra stessa che, come tutti ben sappiamo, coinvolse gran parte degli animatori dell’epoca, togliendo forza lavoro a Walt.
La sirenetta, quindi, tornò a far parlare di sé durante gli anni ’80, più precisamente nel 1985, complice l’idea di Ron Clements (uno dei registi di Basil l’investigatopo) di trasporre questa fiaba da un libro dello scrittore rinvenuto per casualità. L’idea, però, non venne accolta con troppo entusiasmo da Michael Eisner (CEO dei Walt Disney Studios dell’epoca) e da Jeffrey Katzenberg (il presidente), ma fu proprio il secondo a dare il via libera generale per i lavori sul film. Curiosamente gli animatori di quel periodo ritrovarono anche il soggetto della pellicola originariamente pensata prima della Seconda Guerra Mondiale, scoprendo che le modifiche che volevano fare alla storia originale erano molto simili a quelle pensate durante gli anni ’30.
Con il procedere dei lavori, quindi, Clements, poi affiancato da John Musker, cominciò a lavorare all’idea ampliandola sempre di più, e cercando sfoltire alcuni tratti della fiaba originale e dando più spazio ad alcuni personaggi e rispetto che ad altri (un esempio di ciò lo abbiamo con la nonna di Ariel, totalmente assente nella trasposizione animata). Pur procedendo spediti, però, i lavori su La sirenetta subirono forti rallentamenti, dato che all’epoca la Disney s’impegnò tantissimo nel realizzare film come Chi ha incastrato Rogger Rabbit, dandogli priorità assoluta.
Due figure fondamentali e di spicco nel progetto furono Howard Ashman ed Alan Menken (già famosi per i loro lavori con musical Off-Broadway, e autori della celeberrima La piccola bottega degli orrori). L’idea di trasformare Sebastian da maggiordomo inglese a giamaicano fu proprio di Ashman, cercando di condizionare l’intero stile musicale della pellicola partendo proprio da questo cambiamento, e seguendo uno stile ben differente da quello congegnato inizialmente. Inoltre la storia stessa venne ripensata come un musical di Broadway dai registi, dai compositori e da Jeffrey Katzenberg stesso, lavorando ad una narrazione che tenesse in estrema considerazione i momenti cantati, rendendoli veri e propri sviluppi chiave della trama.
Dalla carta stampata a quella disegnata, fino all’approdo sul grande schermo
Uno dei tratti più memorabili de La sirenetta della Disney, oltre alla storia e alle canzoni immortali, risiede nella resa tecnica e artistica generale che questa pellicola mise in chiaro fin dal principio. Ci troviamo difronte a un film che ha fatto scuola a moltissimi altri studi dell’epoca e futuri, specialmente nell’ambito dell’attenzione, cura e resa grafica del mondo sottomarino in cui si muovono alcuni dei protagonisti principali, proseguendo le innovazioni portate da Fantasia nel 1940. Non tutti sanno che il budget dedicato alla realizzazione del lungometraggio è stato uno dei più alti in assoluto, sopratutto per l’epoca, arrivando a costruire uno studio parallelo a quelli già esistenti, da dedicare quasi interamente alla realizzazione del progetto.
Fra i supervisori all’animazione troviamo, non a caso, nomi di tutto rispetto come: Glen Keane e Mark Henn (che si dedicarono alla caratterizzazione di Ariel), Duncan Marjoribanks (che lavorò su Sebastian), Andreas Deja (