La saga degli Orchi-Dei, recensione dei primi due volumi

Scritta da Hubert, già noto per “Miss Pas Touche” e “Bellezza”, la Saga degli Orchi-Dei è una serie visivamente straordinaria e narrativamente accattivante, ambientata in un mondo in cui una stirpe di orchi di statura enorme domina sul mondo schiavizzando e divorando gli esseri umani.

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a cura di Raffaele Giasi

Senior Editor

Siamo in un mondo in cui gli orchi, creature mastodontiche e carnivore, dominano il pianeta nelle vesti di una ricca e pomposa nobiltà, che assoggetta gli uomini senza pensare troppo alle conseguenze. Gli uomini sono servi, ma anche carne da macello, al servizio costante delle violente creature, che data la loro stazza ed il loro potere politico, regnano con il pungo di ferro, in un dipinto che mescola il feudalesimo medievale, le atrocità di Berserk e i giochi politici a la Game of Thrones. È la saga de “Les ogre-Dieux” o, come è stato tradotto da noi degli “Orchi-Dei”, pubblicata con successo in Francia con cinque volumi all'attivo, ed ora arrivata anche in Italia grazie agli sforzi di Bao Publishing che, per altro, ha portato in libreria dei volumi bellissimi e pregevoli, ricchi di rifiniture in oro, unico colore concesso in un mare di grigio, bianco e nero.

Scritta da Hubert, già noto per “Miss Pas Touche” e “Bellezza” (qui), la Saga degli orchi-Dei è una serie visivamente straordinaria e narrativamente accattivante, i cui volumi sono dedicati al racconto di una storia, o meglio di una “vita” delle tante che si attorniano alla corte orchesca del Re, tinteggiando così un maestoso racconto gotico, la cui accuratezza e le cui connessioni genealogiche, così come gli intrighi a corte ed i giochi politici e familiari, diventano il fulcro di un racconto complesso e appagante.

È un mondo dai confini impalpabili quello degli Orchi-Dei, in cui la costruzione geografica non è sempre certa o netta o definita, ma in cui al contrario, i drammi della famiglia reale e i risvolti di una politica quanto mai violenta e arrivista, costruiscono l'intero contesto narrativo e sociale in cui si districano, di volta in volta, storie di diversi protagonisti.

Definire infatti il racconto come una mera “favola” sarebbe quanto mai riduttivo, perché la bellezza degli Orchi-Dei è tanto nello straordinario tratto del suo disegnatore, il talentuoso Bertrand Gatignol, quanto nel ricco intreccio che tra intrighi e violenze, richiama fortemente ad un certo tipo di letteratura fantastica, senza voler per forza tirare in ballo il succitato Trono di Spade di George R.R. Martin.

I volumi ad ora pubblicati, con un terzo in arrivo, sono “Piccolo” e “Mezzosangue”, due storie molto diverse, praticamente agli antipodi, autonome in un certo senso, eppure deliziosamente intrecciate.

Piccolo

Racconto introduttivo al mondo degli Orchi-Dei, Piccolo è la storia del più giovane e minuto membro della famiglia orchesca, nato quasi casualmente nel corso di una cena di famiglia, e prontamente nascosto da sua madre alla vista del capofamiglia. Dopo anni di unioni tra consanguinei, infatti, gli orchi, alti diversi metri e di stazza maestosa, hanno cominciato a ridursi di dimensioni, sino a Piccolo, il cui aspetto non è troppo dissimile a quello di un essere umano normale.

L'altezza, simbolo di potenza e regalità, se non di ascendenza divina, è un tratto fondamentale per la dinastia reale, motivo per cui Piccolo, appena nato, viene subito condannato a morte dal Re, salvato solo da un gesto estremo di sua madre, la Regina, che facendo finta di ingoiarlo riesce a nasconderlo poi tra le numerose e immense stanze del palazzo reale, affidandolo alle cure di zia Desdée, una orchessa gigantesca, temuta e rispettata, ma rintanata in una stanza del palazzo reale a causa della sua visione progressista nei confronti degli esseri umani.

Il volume si concentra quindi sulla crescita di Piccolo, che dall'infanzia sino all'età adulta, vive clandestinamente nel palazzo reale nonostante i suoi natali regali, nascosto alla vista dei suoi familiari che lo vorrebbero morto, se si esclude la regina e sua zia, e che per questo ha difficoltà ad approcciarsi ad entrambi i mondi. Troppo piccolo per essere trattato da Principe, ma troppo goffo e alto per potersi integrare adeguatamente tra gli umani.

La storia, pretesto per offrire un assaggio al lettore di quello che leggerà poi nei volumi successivi, è paradossalmente la meno interessante tra i due volumi portati in Italia da Bao, e soffre fortemente dello scarso interesse che si potrebbe nutrire per il suo protagonista, che non sembra riuscire a esprimersi degnamente in quello che è un affresco, invece, particolarmente ricco.

Se il ricco contesto politico della vita a corte risulta coinvolgente e ben costruito, l'anello debole della narrazione è dunque proprio Piccolo, spesso vittima degli eventi e solo in chiusura velocemente rimesso in carreggiata dalle vicende, di cui sarà comunque un protagonista in larga parte passivo, per quanto certamente motivato da una certa ambizione, in primis quella di uscire dai tetri saloni del castello che, nonostante tutto, lo tengono prigioniero.

Mezzosangue

Con Mezzosangue il contesto è sempre lo stesso, ma il racconto parte compiendo un enorme salto indietro. Lasciate da parte le vicende di chiusura di Piccolo, il racconto si concentra non su di un membro della famiglia reale, ma su di uno dei suoi servitori, ovvero su Yori, un giovane nato nella bambagia, ma figlio di una relazione clandestina tra sua madre ed un nobile locale. Rinnegati, madre e figlio, dal padre di Yori, proprio a causa della clandestinità della relazione, il giovane finirà in povertà, costretto ad una vita di sotterfugi nel tentativo di donare a sé stesso, ed a sua madre, una sorta di riscatto economico e morale nei confronti del padre.

Il volume è complesso, sfaccettato, e con diverse digressioni ripercorre la vita di Yori e della sua ascesa ad una ritrovata nobiltà, di cui i personaggi di contorno sono ignari, portando il giovane ad entrare nel complesso gioco politico di intrighi e manipolazioni tipico dei nobili locali, sino a che la sua astuzia non lo porterà ad entrare nella corte Re nelle vesti di Ciambellano. Qui le vicende si incastreranno velocemente con il racconto di Piccolo, ampliando proprio quell'incipit narrativo che, nel precedente volume, aveva introdotto Yori come personaggio quasi del tutto secondario.

Tenace, ambizioso e spesso spietato, Yori è, a differenza di Piccolo, un personaggio riccamente sfaccettato e molto complesso, ed il suo ruolo centrale nelle vicende politiche del regno degli Orchi-Dei, oltre ad ingraziarsi l'attenzione del lettore, offre un'ulteriore rifinitura dell'immenso affresco già tinteggiato nel primo volume. Definendo, ancor più nitidamente, quello che è il complesso universo narrativo progettato da Hubert.

La sintesi dei due volumi è quella di un'enorme racconto gotico, costellato di sotterfugi e sotto trame, in cui i personaggi hanno evidentemente un retaggio ed un'esperienza molto più grande di quanto le pagine del volume non possano definire. Un lavoro pregevole e bellissimo, che viene arricchito dalla presenza, in tutti i volumi, di alcuni brevi racconti in prosa, dedicati ad alcuni personaggi storici importanti citati ma non direttamente presenti nel racconto offertoci da Piccolo e da Mezzosangue.

Hubert, in tal senso, ha compiuto un lavoro egregio, cesellando a dovere il suo macrocosmo narrativo, e donando alle varie casate citate nel racconto una pregevole ricchezza di dettagli, offrendo al lettore informazioni mai tediose, che possono essere lette o saltate a seconda della propria voglia di approfondire il mondo in cui si viene trasportati dal racconto. Sono accessori, orpelli, ma così ben costruiti e decorati da risultare passaggi imprescindibili della storia, complice la bella caratterizzazione dell'universo narrativo, di pagina in pagina sempre più spaventoso ma conturbante.

A completare lo straordinario lavoro sulla serie ci sono poi i disegni. Entrambi i volumi lasciano stupiti per la bellezza del disegno e per lo straordinario lavoro dei chiaroscuri attuato da Gatignol. Il tratto è chiaro, pulito, ricco di dettagli, e contribuisce non poco ad avvolgere e coinvolgere il lettore in quello che è un universo narrativamente, e visivamente, molto ben descritto e costruito. Senza lesinare su violenza e sesso, ma senza per questo scadere in una facile banalità dei contenuti, Gatignol crea un mondo inquietante ma che sa assuefare, similmente a quanto accadeva, ad esempio, per le prime run del Berserk di Kentaro Miura, le cui assonanze, tuttavia, sono solo superficiali ma ben riconoscibili. Il tratto, per altro, ammicca visibilmente allo stile giapponese senza tuttavia forzatamente scimmiottarlo, regalando una summa visiva impressionante e di sicuro impatto. Tra i due, anche in questo caso, è Mezzosangue a fare la parte del leone, in cui non solo i ricchi vestiti, ma soprattutto gli interni e le architetture, restituiscono la potenza e la regalità che caratterizza le casate orchesche, con costruzioni monumentali che rendono i personaggi umani ancor più minuti e impotenti dinanzi alla mostruosa grandezza della dinastia reggente. Il connubio tra racconto e disegno è, in sintesi, perfetto, rendendo la saga degli Orchi-Dei una delle imprescindibili letture degli ultimi anni.

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